Alcol, si beve già a 11 anni

Dalle star del cinema o della musica, l'idea del bere come strumento di aggregazione si sta diffondendo non solo tra le giovani generazioni ma anche tra i pre-adolescenti. Aumenta quindi in Italia l'uso di alcol anche sotto i 14 anni e soprattutto tra le ragazze. L'Oms: in Italia 25mila morti all'anno. Il primato nel Nord Est.

Alcol, si beve già a 11 anni

da Attualità

del 13 aprile 2007

Bevono non perché piace, ma perché «è una figata». Perché mostrarsi fuori dal bar con bottiglia in una mano e sigaretta nell'altra aiuta a stare nel branco e a non sentirsi normali. Meccanismi psicologici sfruttati ad arte negli spot che mostrano una gioventù bella, spensierata, vincente. Sullo sfondo marchi di drink alcolici. E che funzionano, visto l'aumento dei bevitori tra i giovanissimi e soprattutto tra le ragazzine. Tanto che il governo vuole mettere un freno. Anche perché, secondo l'Oms, i morti per alcol in Italia sono 25 mila all'anno, 7 mila dei quali donne.

PERICOLI — Dopo i ripetuti allarmi lanciati da esperti e operatori di servizi, sembra che questo governo sia davvero intenzionato a imporre regole etiche al mondo della comunicazione. Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà Sociale, ha annunciato l'arrivo in Consiglio dei ministri di una legge che limiterà la pubblicità degli alcolici in televisione e sui giornali. Verranno imposte inoltre etichette che avvertono dei pericoli legati all'abuso. «Vogliamo puntare su una grande campagna di informazione su rischi e danni alla salute — ha detto Ferrero —. È possibile arrivare ad una legge che limiti, o abolisca del tutto, la propaganda scorretta, subdola. La società di oggi spinge ad andare al massimo in ogni situazione e l'alcol è uno dei mezzi per sentirsi all'altezza. È ora di uscire da questa pazzesca ipocrisia e aprire una discussione nell'opinione pubblica per combattere il fenomeno». Doveva esserci anche Livia Turco, titolare della Salute, alla presentazione dell'Alcol prevention day organizzato dall'Istituto Superiore di Sanità. Se non avesse cancellato l'appuntamento per motivi personali avrebbe ricordato il piano governativo sulla correzione degli stili di vita presentato qualche settimana fa.

MODA — «Se si vuole invertire la tendenza occorre far comprendere cosa significa bere troppo. È un'abitudine che può trasformarsi in dipendenza e uccidere», non va per il sottile Linda Laura Sabbadini, direttore centrale Istat, nel commentare gli ultimi dati su abuso di alcol e binge drinking. Tre le criticità: il consumo in età precoce, l'aumento delle ubriacature, il fuori pasto. Il 70% dei ragazzi dagli 11 anni in su hanno provato almeno una volta negli ultimi 12 mesi il gusto della bottiglia. Quasi la metà tra 11-15 anni sono già clienti abituali di bevande alcoliche. Tra 11 e 17 anni prevale la birra, seguita dalla triade aperitivi-superalcolici-amari, il vino è il meno richiesto. Classifica leggermente invertita nella fascia che va dai 18 ai 24 anni. Il vino resta ultimo, seconda la birra, al primo posto gli altri prodotti. Nella fascia 14-17 anni, la percentuale di chi beve lontano dai pasti è passata dal 12,6% del '98 al 20,5% dell'anno scorso. E la crescita maggiore riguarda le ragazze: quasi raddoppiate: dal 9,7 al 16,8%.

STILI — La popolazione dei consumatori è rimasta sostanzialmente invariata tra '98 e 2006, non altrettanto le abitudini. I giovani hanno appuntamento fisso con l'ubriacatura del fine settimana, si beve fuori pasto e altre bevande. Spesso sono i genitori a dare il cattivo esempio. L'alcol viene considerato innocuo. E invece è gravemente dannoso specie prima dei 15 anni (manca l'enzima per metabolizzare) e dopo i 70, quando si esagera (massimo un bicchiere di vino al giorno).

REAZIONI — Apprezzano ma non si illudono gli alcolisti anonimi. «L'iniziativa di Ferrero è encomiabile, ma non è la prima e non sarà l'ultima. La legge non passerà, troppe resistenze interessate», è pessimista il presidente dell'associazione, Maurizio M. E Dorina Bianchi (Dl), propone l'avvio di campagne choc anche nelle scuole e il potenziamento dei centri di cura. Contraria Donatella Poretti (Rosa nel Pugno: «È un divieto assurdo che nulla farà per una concreta soluzione del problema».

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