Alla sorgente della Gioia!

Alla sorgente della Gioia è il titolo della lectio che don Fabio Attard, Consigliere Mondiale per la Pastorale Giovanile, ha tenuto al Confronto MGS Italia a Torino.

Alla sorgente della Gioia!

 

ALLA SORGENTE DELLA GIOIA

Siate sempre lieti nel Signore (Fil 4,4)[1]

 

Fil 4,4-9

 

4Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. 5La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! 6Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. 7E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.‚Ä®8In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. 9Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

 

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A.   Contesto della Lettera ai Filippesi

 

1.    È una lettera molto confidenziale rivolta alla comunità cristiana di Filippi, la prima in Europa (Filippi è in Grecia, precisamente nella regione della Macedonia). Una comunità che Paolo ha fondato nel 49 o 50 d.C., e in cui Paolo aveva riposto tutta la propria fiducia (Fil 1,3-11; 2,12; 4,1.16) e da cui si sentiva amato (Fil 1,7.27; 2,12.18.24). Un affetto – Fil 1,7: “vi porto nel cuore” – che Paolo volentieri ricorda.

 

2.    In questa lettera Paolo lascia parlare il proprio cuore, i suoi pensieri più intimi, e rivela con dettaglio e rara trasparenza il suo incontro personale con Cristo (Fil 3,2-16). L’essere cristiano e l’essere apostolo costituiscono la sua unica gioia che Paolo condivide con la comunità che lui sente più vicina al suo cuore.

 

3.    Quando Paolo, verso l’anno 56, scrive ai Filippesi è un uomo maturato nell’esperienza apostolica…, e prigioniero. Il suo appello a vivere nella gioia viene dall’essere carcerato – si trova “in catene per Cristo” (Fil 1,13) – incerto sul destino che lo aspetta, ma sicuro che qualunque sia l’esito della prigionia la causa del vangelo ne uscirà rafforzata (Fil 1,12). Se i Filippesi non lo vedranno più, ricorderanno che il suo messaggio “gioire sempre nel Signore” (Fil 4,4) è stata la sua ultima esortazione.

 

4.    Non tutto però andava per il meglio. La rivalità personale che Paolo avverte in alcuni predicatori mentre lui è in prigione (Fil 1,15) e che “aggiungono dolore alle mie catene” (Fil 1,17); l’appello alla concordia nei sentimenti e nell’umiltà a esempio di Gesù Cristo (Fil 2,2: “rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti”); l’accorato invito pubblico a Evodia e Sintiche di “andare d’accordo nel Signore” (Fil 4,2); e, principalmente, la presenza eversiva di propagandisti giudeo-cristiani che si comportavano “da nemici della croce di Cristo” (Fil 3,18), dimostrano che non mancavano malintesi, conflitti personali e gravi contese.

 

5.    La comunità che riceve il mandato apostolico di gioire nel Signore è dunque una comunità provata, che conosce il dissenso interno e la persecuzione esterna, ma fedele all’apostolo (Fil 4,10.14) e fedele al Signore. Secondo Paolo, può, anzi deve, fiorire mentre, e perché, si combatte “unanimi per la fede del vangelo, senza lasciarsi intimidire in nulla dagli avversari” (Fil 1,27-28).

 

6.    I temi più ricorrenti sono:

a.    gioia, gioire, gioire insieme (16 volte);

b.    sentire, pensare, scegliere (11 volte);

c.    comunione, partecipazione (6 volte);

d.    vangelo (5 volte).

 

 

 

B.   Protagonisti

 

1.   Chi è Gesù?

a.    Colui che, con il Padre, dona grazia e pace (v. 2). Vuole e fa il bene di tutti e di ciascuno, vuole e compie la realizzazione completa e gratificante di tutti.

b.    Colui che ha da venire, che verrà nel suo giorno (vv. 6.10). È la verità indiscutibile dell’ultimo rendersi presente di Gesù alla fine della storia.

c.    Colui che abbraccia nel suo amore ogni espressione di amore vero (v. 8). È il principio senza principio (che non sia il Padre suo), l’attacco assoluto di ogni sinfonia di amore.

d.    Colui che mi rende veramente servo e giusto (vv. 1.11).

 

2.   Chi è il cristiano?

Il brano fornisce definizioni che fanno molto riflettere:

a.    Un servo di Cristo Gesù (v. 1)

b.    Uno che è santo in Cristo Gesù (v. 1)

c.    Uno che è responsabile e servitore del vangelo (v. 1)

d.    Uno che ringrazia il suo Dio per i fratelli nella fede (v. 3)

e.    Uno che ricorda continuamente ogni persona incontrata (v. 3)

f.     Uno che prega con gioia (v.4)

g.    Uno che evangelizza (v. 5)

h.    Uno che porta nel cuore le persone incontrate (v. 7), con la convinzione che questo è voluto da Gesù (v. 8)

i.      Uno che, quando occorre, è capace di soffrire perché il vangelo si diffonda e si consolidi (v. 7)

j.      Uno che sa discernere l’essenziale (v.10)

k.    Uno che sa dare il frutto che è la giustizia (v. 11).

 

3.   Chi è la comunità cristiana?

La comunità cristiana:

a.    è il venire insieme di tutte quelle persone che con libertà e intelligenza credono in Gesù e lo riconoscono come il centro di tutta la esistenza;

b.    è fatta da persone che radicano il loro vissuto nella persona di Cristo e, nutrendosi da Lui, lasciano che i loro rapporti personali profondi, il loro comportamento sia testimonianza della bella e buona notizia;

c.    è una comunione di persone per il vangelo: creata da Gesù, buona notizia, mandata da Gesù a vivere ciò che è.

 

4.   Chi è Paolo?

Un uomo conquistato da Cristo - Fil 1,12-26:

a.    in Paolo l’essere «a vantaggio del vangelo» (v.12) e l’essere «a vostro [= dei Filippesi] vantaggio» (cfr. v.25) sono la medesima realtà – discepolo e apostolo;

b.    si rallegra continuerà a rallegrarsene che Cristo venga annunziato (v. 19);

c.    il vivere è Cristo e il morire un guadagno (v.21);

d.    pieno di desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo (v.23);

e.    essere d’aiuto a tutti, per il progresso e la gioia della fede (v.25).

 

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MEDITATIO

LA GIOIA CRISTIANA – Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi (Fil 4,4).

 

1.    Prima di tutto c’è da segnalare che non è casuale che, in greco, gioia (chara) e grazia (charis) derivino dalla stessa radice: “gioia e grazia vanno insieme”.[2] La gioia è la forma cristiana di vivere nella grazia, cioè di vivere riconciliati con Dio.

 

2.    La gioia del credente in Cristo è nel Signore (v.4). Proviene dalla comunione con Gesù, dall’appartenere a lui, dalla fede in lui. Si noti che “rallegratevi nel Signore” è di più che “rallegratevi a motivo del Signore”: la gioia è tutta Gesù.

 

3.    La gioia del cristiano è continua, costante (sempre: v. 4). È una gioia che ha a che fare con lo stato abituale della mia esistenza concreta e quotidiana. Non è un oggetto, o una realtà che è condizionata da elementi esterni.

 

4.    La gioia del cristiano è contagiosa, affabile (v. 5a). è una gioia che si sente, si vede; nella sua serenità si diffonde e si comunica. È una gioia che porta con sé la radiazione della carità.

 

5.    La gioia del cristiano è profonda, perché le sue radici si trovano nella persona di Cristo, crocifisso risorto, nella certezza del suo futuro ritorno glorioso, ma anche della sua perenne vicinanza (v. 5b).

 

6.    La gioia del credente in Cristo resiste alle contraddizioni e prove della vita, perché il suo essere vicino a Dio è una fonte di fiducia. La preghiera è questo continuo amore che passa tra Cristo e il credente nelle sue varie forme di domanda, supplica, ringraziamento (v. 6).

 

7.    La gioia del cristiano fiorisce nella pace di Dio che è Gesù (vv. 7.9b; cfr. Ef 2,14). La gioia sgorga dalla pace e alla pace tende, ossia sgorga da Gesù e a Gesù tende; per questo essa è pace che “sorpassa ogni conoscenza”, mentre custodisce cuore e mente.

 

8.    La gioia del credente in Cristo illumina e abbraccia i valori umani presenti nel mondo: tutto ciò che è “vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, virtù e ciò che merita lode, sia oggetto dei vostri pensieri” (cfr. v.8). la Chiesa è in rapporto al mondo con un atteggiamento di simpatia, di bontà. Il mondo essendo creato da Dio, trova nel suo creatore la bontà nascosta ma che aspetta di fiorire.

 

9.    La gioia del credente in Cristo ha bisogno di esempi e testimoni – “le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica” (v.9). Ma, allo stesso tempo, la gioia del credente si matura al punto di diventare esempio e testimonianza.

 

10. Infine, la gioia del credente nasce nel pensiero e si traduce nell’azione – “questo sia oggetto dei vostri pensieri” (v.8), “mettetelo in pratica” (v.9).

 

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Conclusione – Tre brevi spunti

 

1.    Don Bosco, come prima Paolo, era convinto che una felicità piena e durevole solo è possibile vivendo in grazia, agendo da cristiano. Senza escludere il valore pedagogico della gioia, come ambiente da respirare nelle sue opere, e la sua mancanza, come criterio di diagnosi infallibile per giudicare il loro disagio ed efficacia educativa, per don Bosco l’allegria ha il suo fondamento in Dio: “Don Bosco in essa vede un’imprescindibile manifestazione della vita di grazia… La vita in santa allegria è appunto il modo di vita cristiana che don Bosco intende proporre ai giovani”.[3]

 

2.    “Tra gli ostacoli alla nuova evangelizzazione c’è proprio la mancanza di gioia e di speranza […] Spesso questa mancanza di gioia e di speranza sono così forti da intaccare lo stesso tessuto delle nostre comunità cristiane […]. Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo».[4]

 

3.    Dobbiamo prendere contatto più da vicino con quell'entità singolare che è chiamata “esistenza”. Significa che io non solo ci sono, materialmente, ma sto in me stesso. Sono me stesso e non un altro. Solo io sono me stesso, e non un altro. Io abito in me e in questa casa sono solo io, e se qualcun altro deve entrarvi, devo aprirgliela. In ore di forte vita spirituale, io sento d’avere in mano me stesso, d’essere padrone di me stesso. In ciò v'è qualcosa di grande, la mia dignità e libertà; ma contemporaneamente la pesantezza e la solitudine della mia esistenza. È di questo che parliamo, quando discorriamo dell’esistenza umana. Ora, Paolo dice: nel cristiano v'è anche tutto questo, ma si è pure cambiato. Egli non è più soltanto se stesso e solo con sé medesimo. Personalità cristiana non equivale solo alla personalità naturale di quest'uomo, ma nella solitudine e libertà del cristiano, nella sua dignità e responsabilità v’è ancora qualcosa d'altro, un altro: Cristo (Romano Guardini, Il Signore, Morcelliana, 2008, p.597).

 

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[1] Il contenuto di questa lectio divina ha come punto di riferimento la conferenza che Don Juan José Bartolomé SDB ha dato ai partecipanti dell’incontro delle Giornate di Spiritualità Salesiana tenuto a Roma, nel mese di gennaio 2013.

[2] Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Rizzoli – LEV, Roma, 2012, 38. Paolo utilizza il verbo chaírein 19 volte, di cui 10 in Fil (1,18; 2,17.18.28; 3,1; 4,4.10); e il sostantivo chara, 21 volte, di cui 5 in Fil (1,4.25; 2,2.29; 4,1).

[3] Stella, Valori, 84. “Persuaso dunque intimamente per esperienza personale che allegria e vita cristiana non sono in contrasto, pone la sua cura di educatore cristiano a dosare insegnamenti e pratica religiosa dei giovani, in modo da renderli compartecipi sempre più maturi della sua persuasione, che la vita cristiana non solo è affatto triste per sua natura, ma anche per sua natura è portata a espandersi nell’allegria” (Stella, Don Bosco. II, 190).

[4] Sinodo dei Vescovi. XIII Assemblea, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Lineamenta, Roma, 2011, n. 25. Cfr. Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), n. 80: AAS 68 (1976) 75. 

 

 

don Fabio Attard

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