Anniversari. Fragile e glorioso: il Matisse finale dei Musei Vaticani

Dieci anni fa apriva la sala dedicata alla cappella del Rosario di Vence, capolavoro estremo in cui il maestro si confronta con il problema religioso: una vera sfida museale

Dieci anni fa apriva la sala dedicata alla cappella del Rosario di Vence, capolavoro estremo in cui il maestro si confronta con il problema religioso: una vera sfida museale


Sono trascorsi dieci anni da quando, il 22 giugno 2011, i Musei Vaticani hanno aperto al pubblico una nuova sala, posizionata nel cuore della Collezione di Arte Moderna e Contemporanea: la sala Matisse. Un luogo unico nel quale si raccolgono alcuni tra i più importanti e monumentali bozzetti preparatori per la “Cappella del Rosario” di Vence, in Costa Azzurra, cui Henri Matisse (1869-1954) lavora in modo quasi esclusivo alla fine della sua carriera, dal 1949 al 1951. Il prossimo 25 giugno la Cappella di Vence celebra il suo settantesimo anniversario. Ricordare questo doppio compleanno consente di soffermarsi sulla realizzazione di una delle opere di arte sacra più innovative del Novecento, ma anche sulla sfida di conservare, all’interno di un contesto museale, le straordinarie testimonianze della sua storia creativa. La Cappella è un’opera d’arte totale, per la quale Matisse progetta ogni singolo dettaglio: dall’architettura alle vetrate, dai pannelli figurativi in ceramica ai paramenti liturgici, dall’acquasantiera al tabernacolo, dall’altare alla porta del confessionale. Centinaia di disegni si accumulano sul suo tavolo e soprattutto sul suo letto, dove lavora per gran parte del tempo. Utilizzando una lunga canna, cui lega un pennello o un carboncino, o grandi forbici con cui taglia carte colorate, le sue gouache découpé, l’artista dà vita a gigantesche creazioni riuscendo a superare i limiti imposti dall’età e dalla malattia. Sono le tre gouache del progetto finale delle vetrate, che i visitatori dei Musei Vaticani possono ammirare: bozzetti 1:1 di oltre 5 metri di altezza e 6 metri di larghezza, nei quali Matisse cerca, per queste composizioni dedicate al tema dell’albero della vita e del giardino paradisiaco, l’essenzialità di forme e colori affidando alla luce, naturale e spirituale a un tempo, le opere e lo spazio sacro. In mezzo a loro spicca il magnifico cartone raffigurante la Vierge à l’Enfant: oltre 3 metri di altezza per 6 di larghezza. Con matita, china e carboncino Matisse fissa, con numerosi pentimenti, la ieratica e accogliente figura della Vergine che tiene in braccio il Bambino Gesù, raffigurato in piedi, con le braccia aperte, realizzata nella Cappella su bianche ceramiche smaltate, sulle quali si riflettono i colori delle vetrate. Fanno corona a queste opere monumentali un bozzetto in bronzo del Crocifisso, la prima cucitura delle casule, alcune lettere con idee e progetti, e una serie di litografie dedicate proprio al volto della Vergine e al suo tenero abbraccio con il Bambino. Poter mostrare al pubblico queste opere non è stata operazione di poco conto e ha richiesto il generoso supporto dei nostri Patrons of the Arts in the Vatican Museums (Capitolo del Principato di Monaco). Le gouache, infatti, sono composte dalla carta, colorata e tagliata, incollata su grandi fogli di modesta qualità, a loro volta incollati su carta kraft, più nota come carta da pacchi, che un ulteriore strato di colla fa aderire su tela. Ognuno di questi materiali reagisce alle variazioni di temperatura e di umidità in modo differente, richiedendo quindi un controllo microclimatico raggiunto con la colloca- zione in sala di una potente macchina per il trattamento dell’aria, ma soprattutto grazie a un rigoroso protocollo di controllo giornaliero e di manutenzione annuale che consente di registrare ogni minima variazione o alterazione dell’ambiente e delle opere. Ciò è frutto dell’azione coordinata dei colleghi dell’Ufficio del Conservatore, del Gabinetto di Ricerche Scientifiche e del Laboratorio Restauro Opere su Carta. Le opere sono giunte nei Musei Vaticani alla metà degli anni Settanta, grazie alla generosità del figlio Pierre Matisse e delle suore del convento di Lacordaire, quando la Collezione di Arte Moderna e Contemporanea era nata da poco, nel 1973, grazie al progetto e alla “visione” di papa Paolo VI di dare vita a un luogo dove arte e Chiesa potessero tornare a dialogare. Un contesto nel quale la Cappella di Vence rappresenta uno degli esempi più alti, intensi e sinceri nell’ambito dell’arte sacra, realizzata da un artista agnostico. È bello ricordare che all’origine della Cappella c’è una storia di amicizia: quella dell’anziano maestro con Monique Bourgeois, sua infermiera e modella, con la quale nasce un sodalizio che la vocazione della donna, entrata nel frattempo nell’ordine domenicano con il nome di soeur Jacques-Marie, non interrompe. Sarà lei a coinvolgere Matisse nella realizzazione di una Cappella di cui il convento era privo, trovando nel celebre e celebrato artista un interlocutore disponibile e appassionato, come raccontano le sue stesse parole pubblicate in occasione del completamento dei lavori: «Questa cappella è per me il compimento di tutta una vita di lavoro e la fioritura di uno sforzo enorme, sincero e difficile. Non è un lavoro che io ho scelto, ma un lavoro per il quale sono stato scelto dal destino sul finire della mia strada».

*Curatore della Collezione di Arte Moderna e Contemporanea - Musei Vaticani

Dieci anni fa apriva la sala dedicata alla cappella del Rosario di Vence, capolavoro estremo in cui il maestro si confronta con il problema religioso: una vera sfida museale raccontano l’epopea della creazione ma costituiscono anche una sfida museale Il cartone per la “Vierge à l’enfant” e la sala dedicata alla cappella di Vence nei Musei Vaticani. In basso, Matisse al lavoro per le opere della cappella / Governatorato SCV - Direzione dei Musei / Succession H. Matisse


di Micol Forti

tratto da avvenire.it

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