Da Berberati, circa 650 km dalla capitale Bangui, sr. Elvira Tutolo, missionaria delle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, da 21 anni in Africa, ci descrive la grave crisi umanitaria della Repubblica Centrafricana, a circa quattro mesi dal golpe che ha portato al potere i ribelli Seleka.
"Siamo in una situazione di stasi apparente, per quanto riguarda le violenze. I conflitti a fuoco sono più rari, almeno di giorno. Ma assistiamo a un rapido peggioramento delle condizioni di vita. La situazione economica e sociale si aggrava ogni giorno di più". Da Berberati, circa 650 km dalla capitale Bangui, sr. Elvira Tutolo, missionaria delle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, da 21 anni in Africa, ci descrive la grave crisi umanitaria della Repubblica Centrafricana, a circa quattro mesi dal golpe che ha portato al potere i ribelli Seleka. "Durante il giorno gli uomini della Seleka sembrano gentili, ma poi nella notte avvengono nuovi fatti di sangue. Sono divisi in fazioni, in lotta l'una con l'altra, e cercano solo denaro. Siamo spesso vittime di razzie di gruppi diversi di ribelli".
"La situazione sanitaria - aggiunge sr. Elvira - è quella che ci preoccupa di più. Nell'ospedale di Berberati non ci sono neanche più i farmaci di prima necessità. Ieri sono morti tre bambini, perché non ci sono possibilità di cure. Una mamma è in fin di vita e i bimbi malnutriti un'enormità. Con la nostra Ong 'Kisito', di cui sono presidente, l'unica attiva sul territorio, facciamo il massimo. Ma la mancanza di cibo e farmaci e la malaria sono nemici difficili da combattere". "Un'altra situazione gravissima, qui a Berberati, - spiega la missionaria - è la chiusura dell'unica banca cittadina, ormai dal 22 marzo. Probabilmente il direttore della banca non si fida dei ribelli e non ha il coraggio di riaprire. Ma qui è tutto bloccato, perché nessuno può disporre dei fondi. Proprio due giorni fa abbiamo organizzato una marcia per chiedere la riapertura della banca". "La nostra comunità è composta da tre sorelle.
Forniamo servizi diversi: una di noi lavora in ospedale. Un'altra si occupa dell'accoglienza delle ragazze, per accompagnarle nel percorso scolastico, visto che le donne qui sono sempresvantaggiate da questo punto di vista. Io, da 12 anni, gestisco il centro culturale della diocesi, che si occupa dei problemi sociali ed è un punto di riferimento per la popolazione. Poi abbiamo il progetto 'Kisito', per aiutare i ragazzi di strada, qui spesso sbattuti in prigione con l'accusa di stregoneria, e affidarli a nuovi genitori". "Ormai - racconta divertita sr. Elvira - mi sento parte integrante di questa popolazione. Mi manca solo la pelle nera. Sono infatti l'unica bianca rimasta in città. Nei confronti di noi religiose c'è simpatia, accoglienza, stima, rispetto. Sono stupita e grata di tutto questo". "Purtroppo - aggiunge sr. Elvira - dopo la presa del potere da parte dei ribelli Seleka - abbiamo assistito al graduale aumento di un atteggiamento di superiorità da parte della comunità arabo-musulmana, che si fa sempre più invadente, perché si sente più forte. Aumentano anche le piccole moschee in città.
I ribelli, tutti musulmani arabi, danno il via libera ai musulmani nei posti di blocco e non fanno passare i cristiani". "Non vorrei che questa situazione si aggravasse. Proprio per questo il vescovo di Berberati ha iniziato un dialogo con l'iman locale. E noi abbiamo invitato i giovani musulmani per degli incontri al Centro culturale. E' una situazione che non si deve radicalizzare, perchè sarebbe gravissimo". "Di fronte a tutte queste difficoltà, a volte, lo ammetto, manderei tutti a quel paese!", confessa la religiosa. "A sostenermi è una preghiera disperata!. Io e le mie due consorelle ci sentiamo come Maria ai piedi della croce". "Quando i romani hanno messo in croce Cristo, la povera Madre e le altre donne che erano lì non hanno potuto evitarlo". "Ma Gesù sapeva che sua Madre e le altre donne erano ai suoi piedi e ha affidato loro tutta l'umanità sofferente. Noi ci sentiamo così: come in un dialogo silenzioso di sguardi con Nostro Signore Gesù Cristo".
Fabio Colagrande
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