La rinuncia non è repressione, ma ha senso per una fortificazione e una vera prova del rapporto con la persona con cui condivideremo non solo il letto, ma l'intera esistenza terrena. Senza un rapporto casto prima del matrimonio, sarà poi difficile vivere castamente anche la vita matrimoniale.
Buonasera,
volevo segnalare quella che secondo il mio modesto punto di vista (non sono né un teologo, né un esperto in materia di fede) è un'inesattezza presente nell'articolo "L'Arcivescovo di Trento ricorda l'immoralità' del piacere sessuale al di fuori del matrimonio e scoppia la polemica" del 14/9/12. Si legge infatti "Un secondo equivoco, probabilmente il più diffuso e grave, riguarda il fatto che la Chiesa proibirebbe il sesso prima del matrimonio. Il che non solo è falso, ma è addirittura impossibile."
Riguardo alla falsità, rimando al Catechismo della Chiesa Cattolica articoli 2348 e seguenti, in particolare il 2350: "I fidanzati [...] Riserveranno al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità". In merito all'impossibilità, mi permetto di portare la mia esperienza personale: ho vissuto i 6 anni di fidanzamento con la mia attuale moglie senza avere rapporti sessuali ed esercitandoci nella castità. Sarebbe ipocrita e sentimentalistico affermare che "è stato bellissimo" o che "è stato semplice, grazie al supporto della fede". No, la realtà è che è stata veramente dura resistere all'attrazione e alle pulsioni, proprie di un ragazzo e una ragazza ventenni.
Non di rado (e soprattutto nei momenti di crisi spirituale) sono stato tentato di pensare che quella della castità fosse solo una presa di posizione "estrema" senza un reale fondamento. Non mi hanno certo aiutato le opinioni (o, per meglio dire, gli sfottò) degli amici lontani (e non) dalla Chiesa o il continuo bombardamento da parte dei media super eroticizzati (internet a parte, dove l'offerta è "on-demand", anche la televisione, dove sembra che in tema di sesso non ci siano più fasce protette, né tantomento limiti nel linguaggio adottato, e spesso con la presunzione di fare informazione di taglio scientifico).
Il fidanzamento è stato lungo e travagliato: ci siamo lasciati e ripresi per 3 volte, per un periodo totale di oltre un anno. Queste crisi erano dovute a motivi importanti che meritavano una riflessione personale profonda; sono stati anche momenti di particolare vicinanza con Dio e si sono risolti solamente quando abbiamo deciso di fare non la nostra volontà, ma la Sua. Oggi sono fermamente convinto che la castità, la continenza e quindi l'astensione siano state un sommo bene.
Se avessimo avuto rapporti prima del matrimonio questi non avrebbero certo aiutato a "conoscerci meglio" o a "unirci profondamente" o a "soddisfare le naturali pulsioni, che non è bene reprimere", come viene spesso addotto a giustificazione per questa pratica, anche da chi si dichiara cattolico. Avrebbe invece annebbiato la capacità di giudizio sul nostro rapporto e offuscato nella soddisfazione(?) della carne le motivazioni profonde delle crisi, che invece il Cristiano affronta in altro modo, cioè appoggiandosi a Dio tramite la preghiera e i sacramenti; avrebbe mercificato la relazione e, con ogni probabilità, tutti i problemi sarebbero stati "risolti" sotto le lenzuola.
Mi sento di poter fare queste affermazioni proprio perché ho provato che si può correre questo rischio anche all'interno del matrimonio, dove l'unione coniugale può diventare un'arma da usare come ricatto o un mezzo per la sola ricerca del piacere personale, con conseguenze serie sulla relazione tra gli sposi.
A mio personalissimo giudizio il motivo del fallimento di molti matrimoni è proprio la delusione o lo "shock" di trovarsi a condividere la vita con qualcuno che non si conosce, o peggio, che si pensava di conoscere. Insomma "L'amore è cieco... ma il matrimonio ridona la vista", come ha detto nell'omelia il sacerdote che ha celebrato il mio matrimonio. E la diffusa convizione che conoscere il partner (come si usa chiamare la moglie/il marito nella società del politically correct) voglia dire "essere sessualmente affini" è quantomeno riduttivo e avvilente.
Ho 30 anni e sono sposato da 5 (non poco, considerando che molti matrimoni non festeggiano il primo anniversario) e posso dire con assoluta fermezza che la castità è una grazia fondamentale che ha gettato le fondamenta per una unione salda basata su Cristo. Ha permesso anche l'apertura alla Vita, che vuol dire aver accettato tutti i figli che Dio ha voluto donarci: 2 in vita e 4 non venuti alla luce, a causa di gravidanze interrotte per motivi naturali.
Concludo dicendo che il valore della castità va considerato e applicato integralmente e con convinzione: è un modo molto efficace a disposizione in particolar modo dei più giovani di testimoniare Cristo ad una generazione perversa, che ha stravolto l'idea di unione sessuale: l'ha resa un abominio, quando in origine è stata pensata come atto di vera Creazione con cui l'uomo diventa simile a Dio concorrendo alla sua opera e realizzando pienamente la sua vita. Un saluto a voi tutti. Giovanni Caro Giovanni, credo che la tua esperienza non faccia che confermare l'articolo da te citato all'inizio della tua bella lettera. Si diceva che la Chiesa non proibisce la sessualità prima del matrimonio, ma questa frase andava contestualizzata. Poco dopo infatti si affermava che non si deve "considerare il rapporto sessuale unitivo la sola manifestazione di sessualità". Quella frase quindi voleva semplicemente dire che la sessualità "descrive l'intera esistenza di ciascuno di noi, soprattutto nella dimensione relazionale". Insomma la sessualità è ben più ampia della sola genitalità. Ad esempio una suora esprime la sua sessualità nelle relazioni con gli altri donandosi a tutti coloro che incontra. Ovviamente gli sposi esprimono la sessualità anche (ma non solo) con i rapporti sessuali.
Detto questo, non può che commuovere la tua bella testimonianza. Bella perché vera. Senza sdolcinature, né sentimentalismi, ma con la crudezza dell'esperienza di sei anni di fidanzamento duri, fatti di passi avanti, ma anche di fermate, hai testimoniato che si può rinunciare a vivere "come fanno tutti" e, diciamocelo sinceramente, "come viene naturale fare". Ma la rinuncia non è repressione, ma ha senso per una fortificazione e una vera prova del rapporto con la persona con cui condivideremo non solo il letto, ma l'intera esistenza terrena. Senza un rapporto casto prima del matrimonio, sarà poi difficile vivere castamente anche la vita matrimoniale. Se non ci si allena al dono di sé (con la verginità prima del matrimonio), sarà poi difficile donarsi davvero una volta sposati (quando andrà castamente praticata la sessualità tra coniugi).
Insomma credo che la tua lettera confermi che la morale insegnata dalla Chiesa, non solo è conforme al volere di Dio, ma soprattutto è l'unica veramente umana.
Giano Colli
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