Senza uno spirito immortale ci potremmo dire soddisfatti, ma proprio questo spirito turba la nostra presunta felicità...
Il desiderio è senz'altro tra i fattori primari dell'infelicità umana. Questo moto dell'animo che aspira a un bene che manca è una specie di anticipazione della realtà intravista dalla nostra fantasia la quale, si sa, non contiene mai nei debiti limiti la realtà, ma la deforma.
Il desiderio è una fase di aspettativa e, scrive Manzoni, «sapete come è l'aspettativa: immaginosa, credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa: non trova mai tanto che le basti, perché, in sostanza, non sapeva quello che si volesse; e fa scontare senza pietà il dolce che aveva dato senza ragione» (I promessi sposi, c. 38). Per questo la comitiva è più spensierata il sabato sera, la vigilia della gita, che la domenica sera, al ritorno, quando i più sono annoiati e brontoloni. I desideri recano sempre con sé qualcosa di smisurato e di irrealizzabile. Lo costatava già Plinio: «I desideri per loro natura tendono alle cose più difficili e impossibili, tanto che quando diventa facile la loro conquista il desiderio subito si intiepidisce» (Epist. 8, 20, 1).
I desideri, poi, si susseguono l'un l'altro in una ridda frenetica che turba e lascia sempre insoddisfatti. Ottenuta la cosa, se ne immagina subito un'altra maggiore, s'intende. Ci pare che il più gran bene sia quello che ci manca; se riuscissimo ad averlo cesserebbe subito di essere quel gran bene immaginato e aspireremmo ad altro con lo stesso ardore. Ma dove la delusione si fa più viva è al contatto con la realtà, quando possiamo misurare la netta sproporzione tra il desiderio e l'oggetto ottenuto. Quante volte abbiamo esclamato dentro noi stessi: «Tutto qui?... Ne valeva proprio la spesa?». Supposto pure che si sia conseguito l'intento e l'auspicato benessere, noi rimaniamo ancora insoddisfatti: si ha la salute, la bellezza, un'intelligenza portentosa, posizione sociale invidiabile, stabilità economica solida, eppure ci manca ancora qualche cosa.
Ci manca quello che gli altri possiedono...
Se non avessimo uno spirito immortale ci potremmo dire soddisfatti, ma è proprio questo spirito che turba la nostra presunta felicità.
Esso ci presenta cose quaggiù irraggiungibili, beni inalienabili, situazioni stabili e sicure per dimostrarci chiaramente che essi non sono tali, che noi siamo fatti soltanto per Dio.
Così, misurando nel nostro intimo la sproporzione tra ciò che siamo e quello che vorremmo essere, sentiamo più distintamente quello che di Vero e di Grande ci manca.
«La vostra anima ha una certa infinità di desiderio, perché spirituale. Il vostro corpo, invece, e l'universo intorno a voi, sono materiali, limitati, circoscritti, stretti da limiti. Potete immaginare un palazzo con centomila stanze e una stanza colma di diamanti e un'altra colma di smeraldi e una terza colma di perle, ma un simile palazzo non lo vedrete mai. Similmente potrete vagheggiare taluni godimenti terrestri, oppure taluna posizione sociale o condizione di vita; ma una volta raggiunti, comincerete subito a sentire la tremenda sproporzione che passa fra l'ideale immaginato e la realtà posseduta. La delusione segue sempre, perché ogni ideale terrestre col solo essere posseduto resta perduto. Quanto più materiale è il vostro ideale, tanto più grande è la vostra delusione. Quanto più spirituale è il vostro ideale, tanto minore è la delusione. Ecco perché coloro che si dedicano alla ricerca di interessi spirituali, come l'investigazione della verità, non si svegliano mai al mattino con la bocca amara e con la sensazione di essere sfiniti e abbattuti» (F. Sheen, Vi presento la religione, 12-13).
L'insoddisfazione del desiderio è l'agguato di Dio per il quale il nostro cuore è stato fatto. E Lui il Bene, la somma di tutti i beni che l'uomo possa bramare. Quando lo avrai scoperto, avrai concluso l'unico affare importante della tua vita e abbandonerai spontaneamente le altre operazioni secondarie, felice di possedere quanto lo spirito immortale andava cercando.
Sì placherà la lotta nella più smagliante conquista.
Si ridurrà la sproporzione che ti separava dal bene, perché nel Bene sarai immerso.
Si stabilirà la tua situazione nell'Immutabile.
Si fisserà la tua vita nell'Eterno.
Hai fatto il nostro cuore per Te
Per il resto che non è Lui, sentirai vivamente ch'è tutto «fuggevol nulla» e ripeterai con san Francesco di Sales: «Io ho pochi desideri e questi pochi li desidero pochissimo».
II divino Poeta scopre appunto nell'assenza del desiderio l'essenza della Beatitudine: «Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! oh vita integra d'amore e di pace! oh senza brama sicura ricchezza!» (Paradiso 27, 7-9).
«Senza brama»: ecco la ricchezza stabile, perché il desiderio, scrive lo stesso Dante nel Convivio, «esser non può con la beatitudine, acciò che la beatitudine sia perfetta cosa e lo desiderio sia cosa difettiva; che nullo desidera quello che ha, ma quello che non ha, che è manifesto difetto» (III, 15,3).
Solo in Dio cessa l'irrequietezza dell'uomo che scopre la Gioia, l'Amore, la Pace e la sicura Ricchezza. «O Signore hai fatto il nostro cuore per Te e resterà inquieto finché non riposerà in Te!» (S. Agostino, Confessioni).
Antonino Rosso
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