Benedetto XVI alla conquista dei social

I buoni effetti dei social network non sono automatici: le persone che vi partecipano devono sforzarsi di essere autentiche, perché in questi spazi non si condividono solamente idee e informazioni, ma in ultima istanza si comunica se stessi. I collegamenti possono maturare in amicizia, le connessioni agevolare la comunione...

Benedetto XVI alla conquista dei social

 

          Il 24 gennaio 2013 Benedetto XVI ha reso pubblico il suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2013, che riprende quelli degli anni passati e conferma il grande interesse del Papa per i social network, «le reti sociali digitali che stanno contribuendo a far emergere una nuova "agorà", una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità».

          Si tratta, in fondo, di un aspetto nuovo di un bisogno di comunicare antico. «Le reti sociali sono alimentate da aspirazioni radicate nel cuore dell’uomo». Si conferma - come nei messaggi degli scorsi anni - un giudizio positivo, che non ignora però rischi e problemi. Da una parte, «questi spazi, quando sono valorizzati bene e con equilibrio, contribuiscono a favorire forme di dialogo e di dibattito che, se realizzate con rispetto, attenzione per la privacy, responsabilità e dedizione alla verità, possono rafforzare i legami di unità tra le persone e promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana».

          Rifiutando critiche indiscriminate, il Pontefice scrive che «lo scambio di informazioni può diventare vera comunicazione, i collegamenti possono maturare in amicizia, le connessioni agevolare la comunione». Ma i buoni effetti dei social network non sono automatici: «le persone che vi partecipano devono sforzarsi di essere autentiche, perché in questi spazi non si condividono solamente idee e informazioni, ma in ultima istanza si comunica se stessi». Non vi è nulla di facile, né si può trarre profitto da Facebook e Twitter senza un minimo di pedagogia. «Lo sviluppo delle reti sociali richiede impegno: le persone sono coinvolte nel costruire relazioni e trovare amicizia, nel cercare risposte alle loro domande, nel divertirsi, ma anche nell’essere stimolati intellettualmente e nel condividere competenze e conoscenze».

          Inoltre, «la cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori». Non è detto che proporre un contenuto di alto valore intellettuale o morale garantisca il successo su Twitter o Facebook.

          Spesso «il significato e l’efficacia delle differenti forme di espressione sembrano determinati più dalla loro popolarità che dalla loro intrinseca importanza e validità. La popolarità è poi frequentemente connessa alla celebrità o a strategie persuasive piuttosto che alla logica dell’ argomentazione. A volte, la voce discreta della ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente».

          Ma questa, insiste Benedetto XVI, non è una ragione per tenersi lontani dai social network. È una ragione per partecipare alla loro conversazione con consapevolezza e cautela. Guai se le persone capaci di argomentare per la verità decidessero d'ignorare questa forma oggi dominante di piazza pubblica. Facebook e Twitter «hanno bisogno dell’impegno di tutti coloro che sono consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell’ argomentazione logica; di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo».

          Questo appello a non restare fuori dei social network vale, particolarmente per i credenti, i quali «avvertono sempre più che se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente nell’esperienza di molti per i quali questo spazio esistenziale è importante». Ma c'è bisogno, aggiunge il Papa, anche di pacatezza, rispetto e buona educazione.

          Sì, dunque, a Twitter e Facebook, ma senza dare per scontato che comunicare nei social network sia banale, facile, scontato e possa essere fatto senza riflessione o preparazione. «L’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani. I network sociali sono il frutto dell’interazione umana, ma essi, a loro volta, danno forme nuove alle dinamiche della comunicazione che crea rapporti: una comprensione attenta di questo ambiente è dunque il prerequisito per una significativa presenza all’interno di esso».

          Questa preparazione ai nuovi linguaggi dei social network è oggi indispensabile per i cattolici, non per smania di essere alla moda, ma perché anche da questi strumenti passa la nuova evangelizzazione. «La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti».

          Di che linguaggi si tratta? «Nell’ambiente digitale la parola scritta si trova spesso accompagnata da immagini e suoni. Una comunicazione efficace, come le parabole di Gesù, richiede il coinvolgimento dell’immaginazione e della sensibilità affettiva di coloro che vogliamo invitare a un incontro col mistero dell’amore di Dio».

          Ma non dobbiamo sentirci impreparati, perché «la tradizione cristiana è da sempre ricca di segni e simboli: penso, ad esempio, alla croce, alle icone, alle immagini della Vergine Maria, al presepe, alle vetrate e ai dipinti delle chiese. Una parte consistente del patrimonio artistico dell’ umanità è stato realizzato da artisti e musicisti che hanno cercato di esprimere le verità della fede».

          Nessuno più del cristiano è abituato a esprimersi per immagini. Occorre però che l'espressione sia autentica. «L’autenticità dei credenti nei network sociali è messa in evidenza dalla condivisione della sorgente profonda della loro speranza e della loro gioia: la fede». Il cattolico sarà presente come tale nei social network non solo nell'annuncio esplicito, ma anche «nella testimonianza, cioè nel modo in cui si comunicano "scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita" (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2011)».

          Coloro che su Facebook o Twitter sono percepiti come leader dovranno mostrare la «volontà di donare se stessi agli altri attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana».

          E anche qui sarà spesso una questione di tratto e di stile: «nell’ambiente digitale, dove è facile che si levino voci dai toni troppo accesi e conflittuali, e dove a volte il sensazionalismo rischia di prevalere, siamo chiamati a un attento discernimento. E ricordiamo, a questo proposito, che Elia riconobbe la voce di Dio non nel vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto o nel fuoco, ma nel "sussurro di una brezza leggera" (1 Re 19,11-12)».

          Alla fine - Benedetto XVI riprende qui i messaggi per le Giornate delle Comunicazioni Sociali degli scorsi anni - per evangelizzare occorre passare dal primo contatto su Facebook o Twitter a un incontro di persona con chi cerca risposte.

          Molti del resto scoprono «proprio grazie a un contatto avvenuto inizialmente on line, l’importanza dell’incontro diretto, di esperienze di comunità». I social network non sostituiscono mai l'incontro faccia a faccia. Ma possono prepararlo, e per questo è legittimo e doveroso - con le cautele citate - frequentarli con stili e contenuti cristiani.

 

 

Massimo Introvigne

 

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