Benedetto XVI, il Papa della gioia

Oggi, dunque, la decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero di Romano Pontefice a partire dal 28 febbraio.In questo articolo ripercorriamo alcuni dei momenti salienti del suo Pontificato.

Benedetto XVI, il Papa della gioia

 

Oggi, dunque, la decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero di Romano Pontefice a partire dal 28 febbraio.

“Preghiamo con insistenza il Signore, perché dopo il grande dono di Papa Giovanni Paolo II, ci doni di nuovo un pastore secondo il suo cuore”. E’ la mattina del 18 aprile 2005. In una Basilica Vaticana gremita di fedeli, il cardinale decano Joseph Ratzinger celebra la Missa pro eligendo Pontifice. Negli occhi e nei cuori dei porporati, che si apprestano ad eleggere il 264.mo Successore di Pietro, sono ancora impresse le immagini del funerale di Karol Wojtyla, il Papa che per 27 anni ha guidato con indomito coraggio la Barca di Pietro. In molti osservano che è stato proprio il suo collaboratore più stretto a celebrare le esequie e ora la Messa che precede l’apertura del Conclave. Sembra quasi un ideale passaggio di consegne. Una sensazione che trova conferma il giorno dopo, quando al termine di un Conclave tra i più veloci della storia recente, il cardinale protodiacono Jorge Arturo Medina Estévez pronuncia la formula dell’Habemus Papam: “Annuntio vobis, gaudium magnum, habemus Papam!”. Sono le 18.45, il mondo conosce il nome del nuovo Papa. E’ Joseph Ratzinger che da questo momento e per sempre sarà Benedetto XVI. Come il suo amato predecessore, anche il nuovo vescovo di Roma non si limita ad una benedizione “muta” dalla Loggia Centrale della Basilica petrina. Vuole subito rivolgersi ai fedeli che gremiscono Piazza San Pietro e a tutti coloro che attraverso i media, e per la prima volta anche via Internet, attendono con trepidazione di sentire la voce del Papa. Le prime brevi parole di Benedetto XVI danno al tempo stesso la cifra della persona e una visione del suo ministero: “Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”. (19 aprile 2005)

Fin dai primi passi, si delinea il profilo di un “pastore mite e fermo” che con umiltà serve la verità evangelica, come ricorda il suo stesso motto episcopale: Cooperatores Veritatis. E come sottolinea nella Messa di inizio Pontificato, il 24 aprile del 2005. Oltre 300 mila persone affollano Piazza San Pietro e via della Conciliazione. In un’omelia interrotta dagli applausi ben 37 volte, il Papa delinea quale sia il suo programma di Pontificato: “Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”. (24 aprile 2005)

“Chi crede – soggiunge – non è mai solo”. E ribadisce: “La Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane”, perché “porta in sé il futuro del mondo”. Sembra così un fatto provvidenziale che il primo viaggio internazionale del nuovo Papa, programmato dal suo predecessore, sia proprio per una Gmg per di più in Germania, terra natale di Joseph Ratzinger. Chi pensava che le Giornate Mondiali della Gioventù fossero un’esclusiva del suo ideatore deve presto ricredersi. A Colonia, un milione di giovani prega con il Papa: impressionante il raccoglimento con il quale questa moltitudine di ragazzi vive la Veglia con l’Adorazione Eucaristica. I giovani del mondo si ritrovano con il Papa anche a Sydney, nel 2008, e poi a Madrid, nel 2011. Il Pontefice esorta i giovani a non vergognarsi di essere cattolici e ricorda che “solo da Dio viene la vera rivoluzione”, la rivoluzione dell’amore. Cosa rappresentano dunque le Gmg per Benedetto XVI? E’ il Papa stesso a confidarlo, mentre è in volo verso l’appuntamento di Madrid: “Direi che queste Gmg sono un segnale, una cascata di luce; danno visibilità alla fede, alla presenza di Dio nel mondo e creano così il coraggio di essere credenti”. (18 agosto 2011)           

Per essere questa luce nel mondo però, avverte il Papa, i giovani cattolici devono anche essere pronti ad andare “controcorrente” rispetto alle mode del momento e agli stili di vita dominanti. Quella del laicismo che vuole emarginare la fede nella sfera privata è una delle grandi sfide affrontate da Benedetto XVI. Del resto, proprio nella Messa precedente il Conclave, il cardinale Ratzinger aveva messo in guardia dalla “dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Il Papa non si attesta su posizioni di retroguardia. Anzi, soprattutto dopo che – nel gennaio 2009 – gli viene impedito di parlare all’università “La Sapienza” di Roma, sottolinea il ruolo di una “laicità positiva” che sappia valorizzare la dimensione religiosa. Istituisce, così, nel 2010, un dicastero per la Nuova Evangelizzazione col fine di combattere “l’eclissi di Dio” nei Paesi di antica tradizione cristiana. Incontra gli artisti nella Cappella Sistina. E lancia l’idea di un “Cortile dei Gentili”, iniziativa che verrà realizzata dal dicastero della cultura: “Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. (21 dicembre 2009)

Il Papa, grande estimatore di Sant’Agostino, è convinto che “l’opzione cristiana” sia “anche oggi quella più razionale e quella più umana”. La fede, dunque, deve essere accompagnata da una grande fiducia nella ragione. Su questo terreno, parlando - nel marzo del 2006 - ai parlamentari del Partito Popolare Europeo, Benedetto XVI individua tre emergenze, specialmente per l’uomo occidentale: la tutela della vita, la difesa della famiglia, la libertà educativa. Si tratta, evidenzia, di valori “non negoziabili”. E non perché confessionali, ma perché “iscritti nella stessa natura umana e perciò comuni a tutta l’umanità”. Sono temi questi che - assieme alla pace, alla difesa degli ultimi, alla libertà religiosa - pervadono il Magistero del Papa: le sue omelie, i suoi discorsi e i suoi documenti. Il Papa teologo stupisce per il linguaggio semplice e diretto delle sue Encicliche: Deus Caritas est, sull’amore cristiano (2006); Spe Salvi, sulla speranza cristiana (2007) e Caritas in Veritate (2009) sullo sviluppo umano integrale. Quest’ultima suscita un grande interesse a livello mondiale. Nel pieno della crisi economica, scoppiata nel 2008 negli Usa e presto propagatasi in tutto il mondo, il Papa offre la sua originale riflessione per rimettere la persona al centro delle dinamiche economiche e finanziarie: “Non dobbiamo dimenticare, infatti, come ricordavo nell’Enciclica Caritas in veritate, che anche nel campo dell’economia e della finanza ‘retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati sono compatibili e non devono mai essere disgiunti. (10 dicembre 2011)           

Oltre alle tre Encicliche, il Papa pubblica anche 4 Esortazioni apostoliche post-sinodali e 19 motu proprio, tra cui il Summorum Pontificum sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970. Numerose le lettere pubblicate in diverse occasioni, tra cui spicca quella rivolta - nel 2007 - ai cattolici in Cina. Un gesto inedito che sottolinea la vicinanza del Papa ai fedeli del grande Paese asiatico. Ma durante il suo Pontificato, Joseph Ratzinger pubblica anche testi più personali: si tratta del libro-intervista “Luce del Mondo” e soprattutto della trilogia su Gesù di Nazareth, nella quale il Papa offre la sua ricerca di credente sulla figura storica di Gesù. In entrambe i casi si tratta di un best seller mondiale. Né meno importante è lo sforzo che il Papa compie per annunciare il Vangelo su vecchi e nuovi media: “Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”. (28 febbraio 2011)

Benedetto XVI rilascia interviste ad emittenti radiofoniche, invia sms ai ragazzi delle Gmg, risponde a domande in tv in occasione del Venerdì Santo. Si collega, via satellite, con gli astronauti della stazione spaziale internazionale. E firma un editoriale per il Financial Times. Soprattutto, incoraggia i media vaticani e cattolici in generale ad evangelizzare il Web. E lo fa dando l’esempio. Nel dicembre 2012, infatti, il Papa approda su Twitter con il suo account @Pontifex in 9 lingue, dal latino all’inglese, per diffondere – come scrive in un Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali – la “luce gentile della fede” nella Rete. Prima ancora di entrare nel “continente digitale”, il Papa visita tutti e 5 i “continenti geografici”. Compie 24 viaggi internazionali, alcuni di portata storica come negli Stati Uniti dove si reca all’Onu e a Ground Zero a New York, in Terra Santa e Giordania e poi nel Libano dove incontra i giovani siriani travolti dalla guerra. Ancora nel Regno Unito, dove pronuncia un memorabile discorso a Westminster Hall e a Berlino dove, primo Papa, parla al Bundestag. Toccante e indimenticabile la visita del Papa, figlio della Germania, nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau: “Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: non potevo non venire qui. Dovevo venire. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco”. (29 maggio 2006)

Il Papa ribadirà più volte l’urgenza di non far cadere nell’oblio l’orrore della Shoah. Un appello che si fa ancor più pressante dopo le dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Williamson. Del resto, animato dalla volontà di realizzare la piena unità della Chiesa, non lesinerà sforzi nel dialogo con la Fraternità San Pio X. L’impegno ecumenico è proprio uno dei punti forti del Pontificato: il Papa incontra ad Istanbul il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, che ricambia con una visita a Roma; apre una nuova fase di rapporti con il Patriarcato ortodosso di Mosca. A Erfurt, nel convento agostiniano di Martin Lutero, incontra la chiesa evangelica tedesca. Quindi, con la Costituzione Anglicanorum Coetibus, istituisce un Ordinariato per gli anglicani che vogliano rientrare in piena comunione con la Chiesa cattolica. Grande impegno il Papa dedica anche al dialogo con le altre religioni, superando pure difficoltà e iniziali incomprensioni. E’ il caso soprattutto del rapporto con i musulmani. Parlando all’università di Ratisbona, nel settembre del 2006, Benedetto XVI cita un pensiero dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo sull’Islam, che suscita veementi reazioni nel mondo musulmano, culminate in attacchi contro le comunità cristiane in diversi Paesi. Il Papa, pochi giorni dopo, spiega le reali intenzioni di quella citazione: “La mia intenzione era ben diversa: partendo da ciò che Manuele II successivamente dice in modo positivo, con una parola molto bella, circa la ragionevolezza che deve guidare nella trasmissione della fede, volevo spiegare che non ragione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme”. Sono parole che non restano inascoltate. Poco dopo, infatti, 38 saggi e guide religiose islamiche, che diventeranno poi 138 e infine 216, scrivono una lettera aperta al Papa per trovare un terreno comune d’incontro tra cristiani e musulmani. E’ l’inizio di una nuova stagione di dialogo, nella carità e nella verità, che vivrà uno dei suoi momenti più forti, anche simbolicamente, con la visita di Benedetto XVI alla Moschea Blu di Istanbul. Non meno significative le visite del Papa alle sinagoghe di Roma, Colonia e New York e la Giornata per la Pace ad Assisi, nell’ottobre 2011, aperta non solo agli uomini di fede, ma anche ai non credenti. Gli anni del Pontificato di Benedetto XVI vedono anche lo scatenarsi di nuove persecuzioni che fanno della comunità cristiana la più perseguitata al mondo. Violenze che colpiscono duramente i cristiani nello Stato indiano dell’Orissa, Pakistan, Nigeria, Nord Africa, Sud Est Asiatico. E in Medio Oriente, come viene sottolineato nel Sinodo dei vescovi per la regione: “Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”. (20 dicembre 2010)           

Se, dunque, la Chiesa è scossa all’esterno dalle persecuzioni, all’interno viene sconvolta dallo scandalo degli abusi sessuali su minori perpetrati da sacerdoti e religiosi. E’ una piaga che in alcuni Paesi - come Stati Uniti e Irlanda - è già emersa nel Pontificato di Giovanni Paolo II. Ma il fenomeno esplode in modo eclatante proprio mentre la Chiesa sta celebrando l’Anno sacerdotale, voluto da Benedetto XVI nel 150.mo della morte di San Giovanni Maria Vianney: “E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario”. (11 giugno 2010)           

Il Pontefice affronta con determinazione questa emergenza che sfigura il volto della Chiesa. Incontra personalmente le vittime degli abusi nei suoi viaggi a Malta, Stati Uniti, Australia e Regno Unito. Momenti commoventi che toccano profondamente il cuore del Papa. Scrive una Lettera pastorale ai fedeli in Irlanda. E soprattutto emana delle nuove regole sui casi di abusi che rendono più veloci e più severe le procedure per punire quanti si siano macchiati di questo orrendo delitto: “Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. (20 dicembre 2010)           

Una fermezza che contraddistingue anche il processo di rinnovamento, voluto dal Papa, nella gestione dello Ior e delle attività economiche vaticane. Con la stessa volontà di trasparenza affronta, nel 2012, la penosa vicenda di “Vatileaks” culminata nella condanna, per sottrazione di documenti personali, del suo aiutante di Camera a cui poi concederà la grazia andando personalmente a visitarlo in carcere. In continuità con il Pontificato precedente, anche Benedetto XVI proclama Beati e Santi alcune grandi figure della Chiesa da don Guanella a padre De Veuster, da don Gnocchi a Rosmini, da Mary MacKillop a Charles de Foucauld e Kateri Tekakwitha, la prima Santa pellerossa. Nel cuore di tutti resta la Beatificazione di Giovanni Paolo II, in Piazza San Pietro, a cui partecipano oltre 2 milioni di fedeli. Nell’omelia, Benedetto XVI si rivolge in prima persona al suo amato Predecessore e amico: “Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua – ti preghiamo – a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio. Tante volte ci hai benedetto in questa piazza… Oggi ti preghiamo: Santo Padre, ci benedica! Amen”. (1 maggio 2011)           

Per aiutare i fedeli ad approfondire le ragioni della speranza cristiana, il Papa indice alcuni Anni speciali: oltre al già ricordato Anno sacerdotale, celebra un Anno Paolino, nel bimillenario della nascita dell’Apostolo delle Genti. Quindi, nel 50.mo dell’inizio del Concilio Vaticano II, promuove un Anno della Fede. Il Concilio, osserva il Papa, è ancora una “bussola che permette alla nave della Chiesa di procedere in mare aperto”. D’altro canto, già nel suo primo discorso alla Curia, nel dicembre 2005, sottolinea che il Concilio va letto “nel rinnovamento” e “nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa”, non c’è discontinuità nella vita ecclesiale: “La Chiesa è, tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi”. (22 dicembre 2005)           

Tempi che vedono il riproporsi della tragedie della guerra e del terrorismo in tante aree del pianeta. Il Papa si spende senza risparmio per la fine dei conflitti: con la preghiera innanzitutto. Ma anche con appelli di pace, in particolare per l’Iraq, la Siria, la Terra Santa, il Congo e il Mali. E, ancora, con iniziative diplomatiche e invio di aiuti materiali. Impegno, quest’ultimo, che rappresenta una mano tesa anche alle popolazioni colpite da catastrofi naturali. Il Papa, attraverso il dicastero “Cor Unum”, è in prima linea negli aiuti alla popolazione di Haiti, sconvolta dal terremoto del gennaio 2010. Altra emergenza, di tutt’altro genere, è quella della difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Non si contano gli interventi di Benedetto XVI che mettono l’accento sulla centralità della famiglia nella vita della Chiesa e della società. Appelli che risuonano ancor più vibranti nei due Incontri Mondiali delle Famiglie a cui partecipa: a Valencia nel 2006 e a Milano nel 2012. In quest’ultima occasione, il Papa chiede alla Chiesa, a tutti i livelli, di non far sentire estranei quanti vivono la ferita di una separazione o di un divorzio: “Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono ‘fuori’ anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia; devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa”. (2 giugno 2012)           

Intellettuale finissimo, il Papa ama anche scherzare. Anzi, un tratto del carattere di Joseph Ratzinger è proprio l’umorismo che lo accomuna ad uno dei suoi scrittori preferiti: Chesterton. Un esempio di questo suo buon umore, anche tra le difficoltà, lo si vede qualche giorno dopo la frattura di un polso, durante il suo soggiorno valdostano di Les Combes, nel 2009: “Purtroppo il mio angelo custode non ha impedito il mio infortunio, seguendo certamente ‘ordini superiori’… Forse il Signore voleva insegnarmi maggiore pazienza ed umiltà, darmi più tempo per la preghiera e per la meditazione”. (29 luglio 2009)           

La gentilezza è un altro tratto che tutti apprezzano nel Papa, che siano potenti o ultimi della Terra. Una gentilezza d’animo sempre accompagnata da quell’umiltà che aveva richiamato all’inizio del suo ministero petrino. “Sento viva la consapevolezza – aveva detto poco dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro – di non dover portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo”. Pensiero che ribadisce in più occasioni durante il suo Pontificato: “E sempre più sento che da solo non potrei portare questo compito, questa missione. Ma sento anche come voi lo portiate con me: così sono in una grande comunione e insieme possiamo portare avanti la missione del Signore”. (19 aprile 2006)

Pastore umile, mite e fermo per amore della Chiesa, Benedetto XVI ha davvero guidato la Barca di Pietro in acque calme e tempestose verso il porto sicuro della fede in Gesù Cristo. 

 

 

Alessandro Gisotti

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