Rubrica di educazione a cura di Richard Kermode. Una riflessione sui gesti di umanità
Qualche giorno fa ero ad un incontro di docenti, ad un certo punto abbiamo lavorato per piccoli gruppi. Sul mio ci dovevamo confrontare con una parola, piuttosto impegnativa: “umanizzazione”. Cosa significa essere umani?, Cosa può voler dire educare ad essere umani?, ecc.
Dopo aver ricordato una citazione, a me molto cara, di Cassirer, dove il filosofo tedesco parla di “aggrovigliata trama dell’esperienza umana”, una docente condivideva un episodio, all’apparenza banale. Qualche giorno prima, lei fa parte di un coro, il maestro aveva inviato un messaggio sul gruppo whatsapp, dicendo che per “un inaspettato e urgente problema familiare” non avrebbe potuto essere presente alle prove. Continuava dicendo che nei giorni seguenti solo lei si era informata per sapere cosa fosse successo, gli altri componenti del coro, no. La sua conclusione era ovvia: l’umano è lì, dove si è vicini al bisogno dell’altro, pena una caricatura dell’uomo.
Certo! Ma ricordavo che l’umano sta dentro quel groviglio di risposte e di non risposte al messaggio, cioè nella posizione assunta di fronte a ciò che accade. E la cosa è aggrovigliata proprio perché noi siamo capaci di ammazzarci tra di noi ma anche di prenderci cura di chi ha bisogno. A fronte di ingegnose risposte, che vorrebbero chiudere il cerchio, magari sorretti dalle statistiche, resta vero che ognuno è chiamato a rispondere alla vita, che non esistono “app” che possano sostituire questo percorso faticoso e affascinante. Di fronte a tutto ciò chi educa non può che stare dentro un compito doveroso e “impossibile” nello stesso tempo, cioè “umano”, senza dimenticare una cosa.
Cosa? Senza semplificare troppo, chiediamoci perché i bambini si divertono tanto con la canzoncina dove Arturo e Gertrude si affannano per il secchio bucato e dopo un grande giro, non c’è niente da fare, si torna al buco nel secchio.
Quel buco non va chiuso, garantisce la nostra umanità, la nostra apertura … anche ad una salvezza.
So long!
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