«In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta».
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Abbiamo già sottolineato come la gioia deve caratterizzare questi giorni che viviamo insieme, qui presso la Madonna, e abbiamo contemplato in Maria l'immagine della Chiesa peregrinante e il punto di riferimento del nostro essere pellegrini qui al santuario.
Ora vogliamo entrare più direttamente nel tema che deve caratterizzare queste nostre giornate e che ho intitolato così: «Sacerdoti per il mondo e per la Chiesa».
Inquadrerò le riflessioni di questi giorni nel contesto del documento Evangelizzazione e testimonianza della carità, che la Conferenza Episcopale Italiana ha approntato per gli anni 90, e mi sforzerò di svilupparlo in chiave spiccatamente mariana.
Vorrei partire subito da una icona mariana, non solo per un fatto di buona creanza - dal momento che ci troviamo a Lourdes, nella sua casa - non per un'esigenza di galateo, ma per una ragione teologica. Maria infatti è la prima campionatura di come Dio vuole la Chiesa, è il primo abbozzo, la prova d'autore di Dio. Quel primo schizzo della Chiesa certo gli è riuscito benissimo, meglio di come viene l'opera: ma la Chiesa è destinata ad essere quello che Maria è già oggi; verrà il momento in cui la Chiesa, come Maria, sarà tutta bella, tota pulchra, tutta pura, e non ci sarà macchia di peccato in lei, et macula originalis non est in te.
Maria raggiunse in fretta una città di Giuda.
Per sviluppare il nostro tema partiamo dal Vangelo: «In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta».
Vorrei fermarmi un attimo su questa icona, prima di entrare direttamente nello sviluppo del tema. La traduzione italiana del brano di Luca omette un termine che per me è molto bello, molto espressivo: il testo greco dice che Maria anastàsa, levatasi, alzatasi, messasi in piedi, si mise in viaggio verso la montagna. Secondo qualche studioso di Sacra Scrittura quell'anastàsa (participio del verbo anistemi) vuol dire anche risorta. Il vocabolo anàstasis infatti dice chiarissimo riferimento alla risurrezione. Maria che si mise in viaggio verso la montagna è allora la Donna risorta, immagine della Chiesa risorta, immagine cioè della Chiesa che porta dentro di sé Gesù Cristo e lo presenta al mondo. Non so per quale motivo, nella traduzione ufficiale della CEI, sia stata eliminata questa parola che a me sembra tanto bella.
Cerchiamo di seguire il Vangelo. «Maria (alzatasi, risorta) si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda». Questo raggiungere la città mi sembra che voglia indicare tutta l'ansia, tutta la passione di Maria: quindi deve indicare tutta l'ansia, tutta la passione della Chiesa che vuole raggiungere il mondo, quindi una Chiesa fatta per il mondo. Ecco allora noi sacerdoti per il mondo.
Il mondo chiodo fisso di Dio.
Voglio spiegarmi meglio: che cos'è il mondo? Il mondo, lo sapete, è il termine ultimo dei progetti di salvezza di Dio. Dice infatti il Vangelo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito».
Il mondo è il chiodo fisso di Dio, è l'idea dominante che gli turba il sonno e non gli fa chiudere occhio. Comprendete allora che, se noi assumiamo nella loro crudezza queste espressioni e le metabolizziamo all'interno della nostra vita interiore, anche per noi il mondo deve diventare il chiodo fisso, l'idea dominante che non ci fa chiudere occhio.
«Dio ha tanto amato il mondo». Ora sappiamo che il mondo si trova al termine dei progetti di Dio, al culmine di tutta l'architettura di Dio. La santissima Trinità «manda» il Figlio; Gesù, il Figlio, mandato sulla terra, istituisce l'eucaristia: l'eucaristia è la gemma che spunta sull'albero della Trinità; quando questa gemma si apre viene fuori la Chiesa. La Chiesa non è altro che il completamento dell'eucaristia, è l'eucaristia sbocciata in completezza; e quando la Chiesa sboccia completamente nel fulgore della sua corolla, ecco il mondo così come è voluto da Dio.
Quindi il mondo sta al termine di tutta questa trafila: l'amore della santissima Trinità che manda il Figlio sulla terra, il Figlio che istituisce l'eucaristia, è l'eucaristia che sboccia e dà la Chiesa. Ecco perché nel linguaggio biblico e patristico c'è quasi una identificazione della Chiesa con l'eucaristia. Quando sboccia l'eucaristia fiorisce la Chiesa, e quando la Chiesa si apre, quando si sviluppa, dà il mondo. Il mondo allora è il termine ultimo del progetto di salvezza.
La Chiesa è fatta per il mondo.
Come Gesù «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo», così la Chiesa è stata stabilita per il mondo. Con la Chiesa tutti noi siamo un popolo sacerdotale, sacerdoti per il mondo. Non tanto come persone consacrate unte dal crisma dell'ordinazione sacerdotale, ma come battezzati, perché facciamo parte della Chiesa, noi siamo sacerdoti per il mondo, insieme a tutto il popolo di Dio. In forza del sacerdozio comune, quindi, siamo protesi verso il mondo, in forza del nostro battesimo.
Ma che cos'è per noi il mondo, chi è questo mondo che noi dobbiamo amare? Carissimi confratelli sacerdoti, come vorrei che proprio dalla nostra permanenza a Lourdes, dal nostro stare a contatto con la Vergine santa e con i sacramenti che celebriamo in questi giorni, con le liturgie alle quali partecipiamo, partisse dal nostro cuore un empito di affetto per il mondo. Voglia il cielo che possiamo partire da questa città, da questo luogo di grazia, con un grande amore per il mondo.
Il mondo è l'umanità che ci passa accanto. È il mondo della violenza, il mondo delle periferie, il mondo della droga, il mondo della cattiveria, il mondo del sopruso, il mondo dello squallore, il mondo delle nostre strade invase dalla prostituzione e dalla delinquenza, il mondo dei lontani, di quelli che non hanno mai sentito parlare di Dio, di coloro che non hanno assunto la logica delle beatitudini all'interno della loro vita spirituale.
Questo mondo che ci fa gli sberleffi, che sorride dei nostri slanci, che si meraviglia di fronte alla nostra fede, che ci domanda, scettico: Ma cosa volete da noi?
Questo è il mondo. E poi, via via, il mondo dei tossici, il mondo di coloro che non credono in Gesù Cristo, dei marocchini che vengono in mezzo a noi, dei terzomondiali, dei maomettani che invadono le nostre città, degli albanesi, di coloro che non sono stati abituati a far riferimento all'Assoluto.
Questo è il mondo. Il mondo che troviamo alla stazione Termini, il mondo che vediamo quando andiamo in autobus, afferrati ai sostegni per non cadere. Non tanto il mondo che troviamo qui a Lourdes, perché sappiamo che questo è un mondo orientato, che ha un riferimento a Dio; ma il mondo che cambia intorno a noi, di coloro che ci toccano e ci stanno vicini un momento e poi non li vediamo più.
Questo è il mondo. Il mondo che vediamo negli aeroporti, il mondo che ci troviamo accanto in aereo o in nave, in una grande piazza, il mondo col quale non ci intendiamo, perché parla un linguaggio diverso dal nostro (e non soltanto su un piano idiomatico), che ha strutture mentali completamente diverse.
Questo è il mondo. Per questo mondo Dio ha trepidato, per questo mondo Dio non chiude occhio. Per questo mondo, per il mondo degli iracheni o per il mondo degli americani, dei sudamericani o degli eschimesi. Per tutto questo mondo Dio ha trepidato. E non soltanto per il mondo fatto di uomini, ma anche per la terra, anche per il mare: Dio ha amato anche queste cose.
Simpatia col mondo come missione.
Noi siamo Chiesa per il mondo. Gesù la Chiesa l'ha stabilita per questo mondo. Perché simpatizzi col mondo, perché sia simpatica, soffra insieme con il mondo, gioisca insieme con il mondo. E noi siamo sacerdoti per il mondo.
Siamo sacerdoti per il mondo non tanto in forza della nostra consacrazione presbiterale - anche per quello, è chiaro - ma siamo sacerdoti per il mondo in forza del nostro battesimo, insieme con tutto il popolo di Dio.
Non vi sembra una missione eccezionale la nostra simpatia con il mondo? Siamo sacerdoti per una Chiesa estroversa quindi, per una Chiesa protesa verso il mondo, non per una Chiesa avviluppata dentro di sé, non per una Chiesa sinagoga, ma per una Chiesa che si allarga, che apre i cancelli e si spalanca sul mondo intero, per una Chiesa che supera le sue barriere. Una Chiesa che non chiude occhio per il mondo. Non una Chiesa che si protegge, che si difende, che si compatta per mostrare la sua forza, per fare esibizione muscolare con le altre potenze. Una Chiesa che sa di dover essere il sale, di dover entrare e lasciarsi assorbire, per dare sapore alla storia del mondo, alla geografia del mondo.
Chiediamo alla Vergine santa che ci faccia voler bene alla gente, che ci faccia voler bene alle cose, alla storia che noi viviamo, alla geografia a cui apparteniamo. Chiediamo che ci faccia voler bene perfino alle realtà terrene che calchiamo, alla terra, al mare, al cielo, alle nostre campagne. Nessuno e nulla deve sentirsi escluso.
Anche voi sacerdoti, passando per le strade di una metropoli, o forse qualche volta andando allo stadio, vi sarete trovati in mezzo alla gente fuori dei recinti sacri. Credo che la vostra sensibilità sacerdotale vi avrà portato a chiedervi: Ma il Signore Gesù è morto anche per questa gente? Gesù è morto anche per quella ragazza cinese che mi passa accanto per caso, o è seduta sull'autobus? E io che sono propaggine di Gesù Cristo, che cosa faccio per lei? Infatti la Chiesa è il prolungamento di Gesù Cristo nello spazio e nel tempo, «è la propaggine della santissima Trinità», come diceva Romano Guardini; la Chiesa è come la pròtesi di Gesù Cristo: dalla Trinità a Gesù, da Gesù all'eucaristia, dall'eucaristia alla Chiesa. Allora noi siamo questa Chiesa, la pròtesi, il prolungamento, la propaggine della santissima Trinità.
Riscoprire la dimensione «estroversa» della Chiesa.
Siamo sacerdoti per il mondo con tutta la Chiesa, Chiesa sacerdotale, popolo sacerdotale. Domandiamoci allora: Come mi rapporto con questo mondo? Lo scomunico soltanto, lo maledico, mi turo le orecchie, mi giro dall'altra parte per dire: Dio, in che mondo ci tocca vivere? Oppure ho nel cuore gli stessi sentimenti, la stessa passione di Gesù Cristo per le realtà terrene che lo circondavano, per cui lui non ha escluso nessuno, e per tutti quanti lui si è sentito in sintonia, in simpatia?
Non posso essere io ad insegnarvi queste cose. Vorrei solo incoraggiarvi, carissimi sacerdoti: anche dall'altare delle vostre carrozzelle, su cui celebrate quotidianamente un sacrificio che si compone con quello eucaristico, noi dovremmo essere capaci di far capire alla nostra Chiesa, alla nostra gente, che siamo fatti per il mondo, che il Signore Gesù ci ha voluto per la salvezza degli altri. Molte volte noi avvertiamo questa sofferenza: i nostri fedeli pensano solo alla salvezza propria, del loro gruppo, talora si difendono, si cinturano, rischiano poco, si rifugiano in zone sacre, più che investire di santità tutti gli spazi e tutti i tempi.
Coraggio allora: riscopriamo, e aiutiamo gli altri a riscoprire, la dimensione estroversa della Chiesa, la Chiesa che va verso il mondo.
Il mondo non è il ripostiglio dei rifiuti, non è una Chiesa mancata, non è qualcosa che fa il braccio di ferro con la Chiesa. Il mondo non è il rivale della Chiesa. Il mondo deve essere il termine della passione della Chiesa, così come è il termine della passione di Dio, così come è il termine del progetto salvifico di Dio.
Tonino Bello.
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