Capitolo 36

Don Bosco incomincia a parlare della costruzione di una nuova Chiesa in Valdocco e del suo titolo - Indica il terreno sul quale verrà innalzata e predice il concorso de' fedeli La Madonna provvederà i mezzi - Il campo de' sogni non appartiene a D. Bosco - Si pensa di fabbricare la Chiesa altrove, ma non si riesce a comprare il terreno - Pratiche fallite per l'acquisto del campo de' sogni - I fioretti per la novena di S. Francesco di Sales - Discorsi di D. Bosco in privato: sua indifferenza alle lodi ed ai biasimi: un'intrapresa riuscirà se ha per fine la vera gloria di Dio: non gli restano più che due anni di vita; e gliela potranno prolungare l'aiuto dei Salesiani nel combattere il peccato e le preghiere dei giovani - Annunzia a tutta la Comunità una vittoria sopra il demonio - Suppliche ad ottenere sussidii per la costruzione della Chiesa al Conte Cibrario e all'Ordine Mauriziano, al Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, al Sindaco di Torino - Circolari per lo stesso fine ai fedeli d'Italia - Alcuni temono che D. Bosco non riuscirà, altri sono persuasi che per lui nulla è impossibile - D. Bosco prende possesso del campo de' sogni - Testimonianza sulla fiducia dei fedeli nelle preghiere di D. Bosco e sulla sua potenza d'intercessione presso Maria SS.

Capitolo 36

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

 Nell'oratorio si era già sparsa la voce di un nuovo tempio che D. Bosco aveva deciso di costrurre, e trovatosi egli un giorno in mezzo a' suoi giovanetti aveva domandato loro sotto qual titolo si sarebbe dovuta invocare la Madonna cui sarebbe dedicato. Uno rispose: - All'Immacolata Concezione - Altri: - Alla Madonna del Carmine. - A quella del Santo Rosario. - D. Bosco lasciò dire e dopo un istante manifestava l'idea di invocarla sotto il titolo di Auxilium Christianorum E da varie parole che aggiunse, i giovani avean potuto farsi la persuasione, che egli volesse così ravvivare nel popolo Cristiano la fede nel trionfo della Chiesa, nella lotta che essa sostiene in questi tempi.

“ Un altro giorno, narra il Can. Anfossi, trovandomi con lui nel viale lungo la nostra casa, e avendogli domandato dove avrebbe costrutto il tempio di Maria Ausiliatrice, mi indicò il sito in un campo vicino quasi in faccia alla nostra Chiesa di S. Francesco di Sales e col gesto segnò larghe proporzioni di terreno. Si noti che una strada separava quell'area dall'Oratorio. - E dove passeremo, domandai ancora, per entrare nell'Oratorio?

 - Questa strada sulla quale siamo, sarà annullata e noi entreremo per la via Cottolengo prolungata. - E replicando io: - Ma sarà molto ampia la Chiesa? - Egli rispose: - Senza dubbio, e qui verranno molti ad invocare la potenza di Maria Vergine. - Ed alla mia continuata insistenza per sapere se già possedesse le somme necessarie, aveva risposto: - È la Madonna che vuole la Chiesa; essa penserà a pagare ”.

Villa Giovanni l'udì ripetere in mezzo ai giovani: - Io non ho danaro, ma sono sicuro che Maria SS. mi aiuterà a compierla. - Quanto disse si realizzò appuntino: e il tempio doveva in breve riuscire uno dei primi santuarii della Cristianità.

D. Bosco era adunque sempre fisso nella grandiosa idea di un tempio da erigersi in Valdocco in onore di Maria Santissima Ausiliatrice. Avealo visto in sogno diciassette anni addietro.

Ma il campo dei sogni non era più di sua proprietà da otto anni, per essere stato da lui venduto ai Rosminiani il 10 aprile 1854. Su questo terreno, dove già si era progettato di alzare l'edifizio per una tipografia, doveva sorgere una casa per l'Isti­tuto della Carità; ma dopo la morte dell'Abate Rosmini i suoi religiosi aveano smesso tale disegno.

D. Bosco era deciso di ricomprare quel terreno; ma D. Savio Angelo economo dell'Oratorio, sulle prime aveva pensato, e suggerito con altri, di edificare il sacro edifizio in un luogo più in vista, e più comodo alla popolazione, cioè in fondo al corso Valdocco, ove era una bella palazzina dei signori Filippi con vastissimo cortile, attigua, a levante, alla proprietà che avevano quegli stessi signori venduta a D. Bosco. Qui infatti una larga strada, partendo dall'ampio Rondò detto allora di San Massimo, circondato di altissimi e folti alberi, avrebbe dato un accesso maestoso alla Chiesa, invece per accedere al terreno dei Rosminiani non vi erano allora che stradicciole o sentieri, alcuno dei quali lo intersecava; e intorno fossi e ripe.

 - Eppure, disse anni dopo a noi stessi D. Bosco, io aveva veduto che la Chiesa doveva sorgere nel luogo preciso del martirio dei santi Solutore, Avventore ed Ottavio; avevo osservato eziandio qui tutto il futuro Oratorio colla facciata in forma di ferro di cavallo; e la chiesa nel mezzo. Ma di ciò non parlai a D. Savio, e lasciai che andasse dai signori Filippi. Furono incominciate le pratiche per quella compra. Il contratto era già stato concluso verbalmente alla presenza di testimonii, si era stabilito il giorno per fare scrittura e già prevenuto il notaio, quand'ecco ai proprietarii saltar in capo di non star più alle condizioni stabilite. Si ruppero adunque le trattative. - Aggiunge la cronaca di D. Bonetti: “ Ci siamo accorti in questi giorni quanto grande sia la pacatezza di Don Bosco nelle cose avverse e quanto desideri di mantenere la pace con tutti. Come egli seppe tale notizia, esclamò: - Pazienza ! Il Signore ci aiuterà in altro modo! - Lo si consigliava a ricorrere al tribunale, poichè i signori Filippi non potevano negare di aver già aderito, con data parola, al contratto. Ma D. Bosco rispose: - Ahi noi Va solamente loro sapere, disse a D. Savio, che a me rincrebbe molto questa loro risoluzione, ma che nondimeno desidero di mantenermi sempre con essi in buona relazione.

” Alcuni giorni dopo avendogli io domandato che ne pensasse di questo fatto, rispose: - Eh! vedi? La nostra casa ha sempre dovuto camminare nella contraddizione ed anche questa volta il demonio viene ad intorbidare le cose. Ma il, Signore ci aiuterà ”. - Ed era cosi; e nessuno di coloro i quali erano incaricati di quell'impresa, neppur sognavano di essere gli strumenti della Provvidenza.

D. Savio infatti, costretto dalla necessità di avere un'area spaziosa e presso l'Oratorio, dovette rivolgersi ai Rosminiani. Eranvi però varie difficoltà da superare, e la più seria era una condizione troppo onerosa che voleva porre il Procuratore di quei religiosi. Siccome il valore del fondo, per i mutati disegni edilizii della regione Valdocco, era quasi diminuito di otto decimi, dal giorno che D.. Bosco avealo venduto, perciò si esigeva che il compratore oltre il prezzo di estimo, rimborsasse un vistoso compenso. D. Savio si ritirò. Quanto abbiamo narrato accadeva nelle prime settimane di gennaio.

intanto il 23 di questo mese incominciava la novena di S. Francesco di Sales. La festa si celebrava in quest'anno, il i' di febbraio, cioè la prima Domenica dopo il 29 gennaio, come era l'uso costante degli anni trascorsi. D. Bosco scriveva e spiegava agli alunni i seguenti fioretti.

 

Fioretti per la novena di S. Francesco di Sales nell'anno 1863.

 

I° Voglio abbandonare il peccato; farò un atto di contrizione proponendo di evitare L'occasione del peccato.

2° Dato il segno della levata mi alzerà tosto da letto.

3° Voglio essere puntualmente obbediente in tutti i miei doveri e far volentieri le cose che mi sono di poco gusto.

4° Obbedienza pronta in tutte le cose che mi saranno comandate.

5° Buon esempio in Chiesa in riparazione dello scandalo dato pel passato nel luogo santo.

6° Perdonare tutte le ingiurie ricevute; dire un Pater per quelli che mi hanno fatto del male.

7° Rivedere ed aggiustare le cose della vita passata, come se fossi in punto di morte.

8° Imitare S. Francesco di. Sales nella fuga dei cattivi compagni e nella frequenza dei buoni.

   9° Tre Salve a Maria per ottenere la sua assistenza in punto di morte.

 

 

IL GIORNO DELLA FESTA.

 

Confessione e comunione in onore del Santo, dimandandogli la grazia di perseverare nel bene.

Nel tempo stesso di questa novena incominciarono a giungere a D. Bosco lettere dei Vescovi, che rispondevano al suo appello per le Letture Cattoliche; e D. Bonetti lasciò scritto nella sua cronaca colla data del 31 gennaio, sabato:

“ Questa sera trovandoci noi in buon numero in camera di D. Bosco mentre cenava, dopo aver confessato dalle 5 fino alle 9 e ½, egli si facea leggere una lettera scrittagli dal Vescovo di Spoleto. In questa il Prelato gli rendeva grandi encomii, dicendogli fra le altre cose che sebbene non avesse l'onore di conoscerlo in persona, nondimeno la fama del suo nome essere pervenuta sino alle sue orecchie, e che riconosceva in lui uno zelo grande per la gloria di Dio e uno spirito di vero ecclesiastico. D. Francesia, che gli è quasi sempre ai fianchi, sorridendo gli domandò: - E non s'insuperbisce nel sentirsi a fare tali panegirici?

” Ed egli: - Eh! vedi; sono assuefatto a sentirmene di tutte sorta: tanto mi fa il leggere una lettera piena di lodi, come un'altra piena di insulti. Quando ricevo qualche lettera che mi loda, alcune volte mi prendo il piacere di metterla in confronto a qualchedun'altra o di un facchino o simili, piena di villanie e poi dico: Ecco come sono discordi i giudizii degli uomini. Ma dicano un po' quel che vogliono altro non sono se non quel che sono davanti a Dio.

” Venendo in questa medesima sera a parlare della Chiesa che ha in pensiero di fabbricare, qualcuno gli disse: - Questo è uno stomaco di bronzo che ha D. Bosco; senza denaro, in un secolo così avaro ed interessato, innalzare una Chiesa! Questo è uno sfidare la Provvidenza! Non teme ella di restare poi a metà dell'impresa?

Egli rispose Quando vogliamo fare qualche cosa esaminiamo prima se sia di maggior gloria di Dio; conosciuta essere tale, andiamo avanti, non arrestiamoci, e riusciremo!

 - ” Altre molte cose ci disse le quali dimostrano la sua grande ed illimitata confidenza in Dio ”.

 - Faceva meraviglia questa sua confidenza, mentre intraprendeva un'opera colossale, trovandosi in cattivo stato di sanità e logoro per tante fatiche. Egli infatti ogni giorno più sentivasi diminuire le forze.

D. Bonetti continuava a scrivere:

“ Il I° di febbraio, giorno della festa di S. Francesco di Sales, trovandosi D. Bosco con alcuni chierici e giovani laici, venne a parlare della morte, e con grande nostro rammarico ci assicurò che presto egli aveva da lasciarci e che la sua vita era limitata a poco tempo: - lo non ho più ci disse, che due anni di vita. - Anche prima d'adesso, or con uno or con l'altro, era andato ripetendo quelle parole dell'Apostolo Paolo: Ego iam delibor, et tempus resolutionis meae instat. Noi gli dicemmo, pregasse il Signore che gli desse almeno, per nostra consolazione, venti anni ancora di vita, e gli domandammo che cosa dovessero fare i suoi giovani per ottenere questa longevità.

” Egli ci rispose che lo aiutassimo nella battaglia che ha da sostenere col nemico delle anime; e poi soggiunse: - Se mi lasciate solo, mi consumerò più presto, perchè ho risoluto di non cedere a costo di cader morto sul campo. Aiutatemi adunque a far guerra al peccato. Io vi assicuro che rimango sì fattamente oppresso quando veggo il demonio nascondersi in qualche angolo della casa a far commettere peccato, che non so se si possa dar martirio più grave di quello che io soffro allora.

Io sono così fatto: quando vedo l'offesa di Dio, se avessi ben anco un'armata contro, io non la cedo.

” Ed allora vedendo i suoi fidi figliuoli afflitti, tra i quali alcuni chierici vicini agli ordini, conchiuse: - Pregate il Signore ed io ho la speranza di potervi poi assistere tutti quando direte la prima Messa.

” Queste parole, divolgate subito nella casa, destarono un vero fermento fra i giovani, che si decisero di far di tutto per conservare in vita il loro padre e maestro.

” Era un gran bene, che si toccava con mano, e che ci faceva vedere come era potente l'autorità morale di D. Bosco sui giovani dell'Oratorio.

    ” Alla sera di questo giorno solenne, D. Bosco annunziò a tutta la Comunità radunata nel parlatorio, qualche grande vittoria contro il nemico delle anime con queste parole: Si tratta nientemeno che di far recitare il suscipiat dal diavolo. Per ora pregate: spero di spiegarvi poi ogni cosa ”.

Ed egli colla data di questo stesso giorno, aveva     posto mano risolutamente alle prime disposizioni per la nuova Chiesa. Benchè non possedesse ancora un terreno sul quale edificarla, spediva un gran numero di circolari, chiedendo il concorso de' suoi benefattori. Incominciava col rivolgersi alle Autorità e presentava una supplica al Conte Cibrario.

 

Eccellenza,

 

Fra le sezioni di questa città ove la popolazione sia in modo straordinario cresciuta è certamente quella di Valdocco. Dalla Chiesa Parrocchiale di Borgo Dora, piegando verso al manicomio fino al Borgo S. Donato ed alla R. Fucina delle Canne, le isole ed i caseggiati formano pressochè un solo aggregato di case quasi tutte di recente costruzione.

Ma in questo largo e popolatissimo spazio non esiste nè Chiesa, nè Cappella pubblica, ove gli abitanti possano partecipare alle pratiche del divin culto. Avvi bensì l'Oratorio di S. Francesco di Sales, che per qualche tempo fu indistintamente aperto al pubblico; ma attualmente questo venne frequentato a segno che capisce appena in parte i giovani che intervengono, quindi incapace di giovare agli adulti.

Per soddisfare a questo pubblico bisogno, l'esponente avrebbe divisato di tentare la costruzione di una Chiesa in terreno di sua proprietà situato nella via Cottolengo, nel ripiano della discesa del Circolo di Valdocco. Questa chiesa sarebbe specialmente destinata ai giovani esterni che potrebbero intervenire liberamente, ma abbastanza spaziosa da servire eziandio per gli adulti.

Già alcuni benefattori sono disposti a fare largizioni in proposito; ed a tale scopo fa anche umile ricorso all'E. V. facendo calda preghiera onde venga eziandio in aiuto con quel maggior caritatevole sussidio che a Lei sarà beneviso pel caso eccezionale della costruzione di una pubblica Chiesa.

La sollecitudine da cui V. E. è animata per tutte le cose che tendono al pubblico morale e materiale vantaggio, siccome questa casa ha già più volte esperimentato, fa sperare benevole accoglienza alla domanda del ricorrente.

Pregando dal Cielo copiose benedizioni sopra di Lei, sopra l'Augusto nostro Sovrano e sopra tutti i Signori dell'Ordine Mauriziano, reputa ad alto onore di potersi professare

Di V. S.

I Febbraio 1863.

 

Obbl.mo Umil.mo e Devot.mo Servitore

Sac. Bosco Giovanni.

 

Una simile lettera indirizzava al Ministro di Grazia e Giustizia supplicandolo a venire in suo aiuto, coll'assegnargli sopra la cassa del Regio Economato quel maggior caritatevole sussidio che fosse a S. E. beneviso.

Nello stesso tempo presentava una supplica al Sindaco di Torino, pregandolo caldamente ad aiutarlo, pel caso eccezionale della costruzione di una pubblica Chiesa; e invocava dal cielo copiose benedizioni sopra tutti i Signori del Municipio.

Quindi affrettavasi a spedire la seguente circolare a: quanti Signori conosceva in Torino e in altre città d'Italia.

 

 

 

INVITO PER CONCORRENTI ALLA COSTRUZIONE DI UNA CHIESA IN ONORE

    DELLA BEATA VERGINE SOTTO AL TITOLO DI C MARIA AUXILIUM

    CHRISTIANORUM. ”

 

Maria Auxilium Christianorum. Ora pro nobis!

 

Benemerito Signore,

 

Prova certamente un cattolico grande consolazione quando gli occorre di vedere gran numero di fedeli radunati nella Casa di Dio per assistere ai Divini Uffizi ed ascoltare la divina parola. Ma è poi cagione di sensibile rincrescimento qualora i fedeli accorrendo alle sacre funzioni dovessero esserne esclusi per mancanza di sito capace. Questo è appunto quello di cui debbo io stesso essere dolente spettatore.

Sono circa dieci anni da che gettavansi le fondamenta di una Chiesa a lato di questa casa; coll'aiuto di caritatevoli persone prestamente compievasi e consacravasi al divin culto. Quell'edifizio peraltro, che allora sembrava bastasse, ora non può contenere che una piccola parte dei giovanetti che sono disposti ad intervenire; il maggior numero non Ti può più entrare. Di più avvi qui attorno una popolazione di oltre a ventimila abitanti nel cui mezzo, non esiste nè Chiesa, nè Cappella, nemmanco pubblica Scuola, in cui, ad eccezione della nostra, si facciano Sacre Funzioni, o si compartisca l'insegnamento religioso.

In vista di questo morale e religioso bisogno, vennemi in pensiero di tentare un novello edifizio da consacrarsi al Divin Culto, in onore della 13. V. Immacolata sotto il titolo di, Maria Auxilium Christianorum: il quale edilizio sia scevro di ogni eleganza, ma di capacità sufficiente per accogliere i giovanetti che volessero intervenire, con bastante spazio per gli adulti del vicinato; e da potersi anche erigere in Parrocchia, qualora il Superiore Ecclesiastico giudicasse a proposito.

Questo sarebbe il divisamento cui mercè si potrebbe provvedere ad un pubblico e grave bisogno. Se non che per effettuarlo ci occorrebbero non lievi spese per cui in questi giorni non saprei a quale partito appigliarmi. Fila mi ha già fatto provare gli effetti della sua beneficenza. Chi sa che in quest'occasione il Signore Le inspiri di venire eziandio in aiuto di un'opera eminentemente cattolica, la quale certamente può contribuire alla salute di molte anime?

Non intendo di invitarla ad assumersi il peso dell'intera costruzione; faccia soltanto ciò che le sue sostanze e la sua carità Le suggerisce. In qualunque misura Ella cooperi, io Le professerò sempre la più sentita gratitudine, pregando il Signore Iddio a volerla un dì nella celeste Gerusalemme largamente ricompensare di quanto Ella fece pel decoro, della sua santa casa sopra la terra.

La prego di voler dare benigno compatimento al disturbo che ]Le cagiono ed in pari tempo gradire che Le auguri dal cielo sanità e grazia, mentre ho l'onore di professarmi con pienezza di stima.

Di V. S. Benemerita

 

Torino, I Febbraio 1863.

 

Sac. Bosco Giovanni.

 

 

Circolari stampate e lettere innumerevoli manoscritte continuarono a dare la notizia del gran progetto in ogni parte. A questo annunzio gli stessi suoi alunni pi√π antichi, i quali conoscevano le sue strettezze finanziarie, se vedendo il suo desiderio continuo di ingrandire l'Oratorio e le altre sue opere, qualche volta avean creduto che si azzardasse troppo e che fosse poi costretto a desistere per mancanza di mezzi, ora pi√π non sapevano che cosa dirsi.

Molti personaggi della città, anche ecclesiastici, lo credettero temerario nell'intraprendere sempre nuove opere e qualcuno gli scrisse: - Finchè ci siete voi colla vostra fama, sosterrete le vostre opere, ma quando il Signore vi abbia chiamato all'altra vita, esse dovranno cadere o rimarranno incomplete.

Ma un gran numero di altre persone avevano un'assoluta fiducia nelle parole di D. Bosco. Fra questi il Professore di Rettorica D. Matteo Picco, il quale, conoscendolo intimamente, aveva del Servo di Dio una stima grande e lo reputava uomo straordinario. Meravigliavasi sopratutto del vederlo riuscire in cose che sembravano quasi impossibili. Perciò quando udiva D. Bosco manifestare qualche suo grande progetto, per es. quello della nuova Chiesa, soleva esclamare: - Oh!' Possibile?... Ma pure lo dice D. Bosco e sarà così!

E così doveva essere, perchè l'Opera sua era opera di Dio e perchè, come disse a D. Rua il Card. Agostini, Patriarca di Venezia, Iddio non suole compiere opere grandiose se non per mezzo de' suoi santi.

I Rosminiani intanto si erano risoluti a vendere il loro campo in Valdocco, poichè non solo non ne ritraevano alcun profitto, ma ne dovevano pagare l'imposta. Avevano pubblicato il prezzo di vendita, ma siccome era troppo alto nessun compratore si era presentato. Il loro Procuratore però e alcuni altri avevano stabilito che quella cessione di proprietà non si sarebbe mai fatta a D. Bosco, conservando contro di lui una certa freddezza per non essersi D. Savio piegato alle loro proposte.

Allora D. Bosco si servì del sig. Tortone Francesco suo insigne amico, il quale fece la pratica come se egli stesso volesse comprarlo, ma realmente per cederlo a D. Bosco. Esso fissò il prezzo e le condizioni come meglio gli piaceva e gli altri acconsentirono. Venne il giorno del contratto. Il Sig. Tortone e l'incaricato dei Rosminiani si presentarono nello studio del notaio Cav. Turvano. Ed ecco all'improvviso comparire D. Bosco. L'incaricato allora protestò che non era Don Bosco colui col quale aveva inteso trattate, che anzi il proprietario era contrario alla vendita del fondo se si trattava di D. Bosco.

Il sig. Tortone allora disse: - Sono io che lo compro questo fondo e non avrò diritto di cederlo a chi mi pare?

L'incaricato rispose che trattandosi di un contratto di simil genere, esso non avea le istruzioni e non poteva firmarlo.

 - Ebbene, replicò il signor Tortone; e voi scrivete ai vostri mandanti chiedendo istruzioni.

 - Scriverò a Stresa. - Concluse l'incaricato.

E scrisse. L'affare però avea acquistata tanta pubblicità che gli interessati non vollero aver la taccia di essere ostili a Don Bosco. Sarebbe stata da parte loro una piccolezza e che avrebbe dato campo a mormorazioni. Risposero quindi all'incaricato che firmasse pure il contratto colle condizioni messe dal sig. Tortone.

Quindi, con atto rogato l'11 febbraio 1863, il Teol. Pietro Bertetti, quale erede dell'Abate Antonio Rosmini, vendeva a D. Bosco quel pezzo di terreno posto in Valdocco di ettari 0, 9,48 per il prezzo dichiarato di lire 1558,40. E così quel podere ritornò in proprietà di D. Bosco.

Intanto le risposte di quelli, cm erano pervenute le circolari, attestavano non solo la loro divozione a Maria, ma la confidenza nelle preghiere di D. Bosco.

“ Infatti, asserisce il Can. Ballesio, D. Bosco era in fama di ottenere da Maria SS. Ausiliatrice molte grazie a favore di coloro, che a lui si raccomandavano. E questa fiducia aveva un fondamento sicuro, perchè da quanto io ricordo, nel mio soggiorno di otto anni nell'Oratorio, ed in seguito tutte le volte che ebbi a trattare col Servo di Dio, conobbi che egli aveva nella Madonna piena fiducia e che col suo aiuto era certo di ottenere moltissimo, anche quello che umanamente parlando pareva impossibile. La Madonna fu sempre la sua tesoriera, la sua difesa ed il suo aiuto, sia a favore di quelli che a lei ricorrevano per mezzo del Servo di Dio, sia a favore delle opere Salesiane ”.

 

 

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