"La sua giornata cominciava alle 4,30; recitava il breviario del giorno, e ci metteva anche il Rosario; poi celebrava la messa, faceva la meditazione, quindi scendeva in mezzo ai giovani e non li lasciava più. Questo per anni e anni."
del 07 dicembre 2011
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          Don Giovanni Vallino, nato a Benevagienna il 7 ottobre 1871 e morto a Lanzo Torinese il 31 gennaio 1949, fu allievo dell'Oratorio dal 1882 al 1887. La sua anima si plasmò nel fascino di quegli anni in cui don Bosco commuoveva il mondo con la sua opera prodigiosa. Fu tra gli alunni che videro il buon Padre ritornare da Parigi con la veste tagliuzzata dagli ammiratori, desiderosi di possedere una reliquia. È il giovane - era questa una delle sue glorie salesiane - che sostenne con le proprie mani il sacchetto delle nocciole moltiplicate da don Bosco il 3 gennaio 1886. Di quel miracolo, avvenuto sotto i suoi stessi occhi, riportò un'impressione indelebile: mai la santità di don Bosco gli parve, infatti, così grande e vicina. Ma di un altro evento era stato protagonista sfortunato e fortunato insieme, e proprio nel giorno della sua vestizione, avvenuta per mano di don Bosco a Foglizzo il 20 ottobre 1887.
Don Bosco era, ormai, allo stremo delle sue forze - tra pochi mesi sarebbe infatti volato in paradiso -, ma non volle privare i suoi novizi di Foglizzo della gioia della sua presenza. Dopo la funzione della vestizione volle anzi rimanere con loro e onorarli nell'ora della cena. Il chierico Vallino ebbe l'incarico gradito di servirlo a mensa. È facile immaginare la sua gioia, ma anche il suo impegno. Il servizio esigeva che le vivande fossero portate dal piano inferiore a quello superiore, attraverso una doppia scala abbastanza ripida. In tempi normali non c'erano problemi; ma quella sera il giovane indossava, per la prima volta, una lunga talare che gli arrivava ai piedi e che non agevolava certamente il suo compito. Occorreva che il serviente procedesse cautamente, perché, avendo le due mani occupate da piatti e stoviglie, in caso di necessità non avrebbe potuto sollevare la talare. Le prime prove non andarono male, ma, ad un tratto, l'improvvisato equilibrista dalle mani occupate, per non mandare tutto all'aria, diede un forte pestone sulla veste facendole un largo squarcio! Fu giocoforza comparire davanti a don Bosco in quello stato.
Al Santo non sfuggi l'imbarazzo e l'umiliazione del caro chierico, che aveva inaugurato nel pessimo dei modi la veste nuova ricevuta poche ore prima. Guardò lo strappo sorridendo, poi fece accostare a sé il chierico e lo confortò con queste precise parole: 'Non angustiarti: la suora guardarobiera farà presto a riparare il guasto: procura solo di non strappare mai l’ubbidienza'. Il chierico Vallino tirò un sospiro, ma le parole di don Bosco non le dimenticò più. Come salesiano si distinse, fino alla morte, per l'indomita resistenza al lavoro, per la passione della scuola, il talento pedagogico e la pietà.
La sua giornata cominciava alle 4,30; recitava il breviario del giorno, e ci metteva anche il Rosario; poi celebrava la messa, faceva la meditazione, quindi scendeva in mezzo ai giovani e non li lasciava pi√π. Questo per anni e anni.
Un metodo che potrà forse urtare la sensibilità moderna, ma per lui funzionava bene e lo manteneva unito a Dio nel duro lavoro della giornata. Il problema, tipicamente attuale, dell'armonizzazione della dimensione contemplativa con quella attiva per i vecchi salesiani non è esistito. Trovavano Dio con facilità tanto nella preghiera quanto nel lavoro, come aveva loro insegnato don Bosco.
 
 
Pietro Brocardo
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