Centrafrica, 14 mesi di caos

L'intervento delle truppe francesi e di quelle del contingente africano non ha fermato gli scontri tra le milizie Seleka e quelle Anti-Balaka. Le autorità di Bangui non paiono avere una strategia...

Centrafrica, 14 mesi di caos

 

Non c’è pace per la Repubblica centrafricana. A più di un anno dallo scoppio della crisi politico-militare, l’instabilità regna sovrana nel Paese. La guerra civile tra le milizie Seleka, che il 24 marzo 2013 avevano costretto alla fuga il presidente François Bozizé, e quelle Anti-Balaka, che le si oppongono, si sta incancrenendo e sempre più sta assumendo i contorni di un conflitto religioso. I rapporti tra la comunità musulmana e quella cristiana sono sempre stati ottimi nel Paese. Dopo il golpe dello scorso anno, però, il leader dei ribelli, Michel Djotodia, musulmano, sostenuto da miliziani islamici di origine sudanese e ciadiana, ha dato una connotazione religiosa allo scontro. I ribelli non hanno attaccato solo i centri di potere (palazzi governativi, caserme dell’esercito e della polizia), ma si sono accaniti contro chiese e conventi. La popolazione cristiana ha iniziato a rispondere agli attacchi creando le milizie Anti-Balaka.

 

«Qui a Bangui - spiegano fonti missionarie che chiedono l’anonimato - le sparatorie in alcuni quartieri (soprattutto a Pk5, dove sono concentrati i musulmani) sono all’ordine del giorno. E anche fuori dalla capitale proseguono le violenze. Qualche giorno fa gruppi sbandati della Seleka o banditi venuti dal Ciad e dal Sudan hanno fatto incursioni e massacrato molti abitanti di villaggi nelle province del Nord. Tre membri locali di Medici senza frontiere sono stati uccisi».

 

Non è bastato l’intervento delle forze armate francesi (Operazione Sangaris) e del contingente africano a riportare la calma nel Paese. «Ciò che manca - continuano le nostre fonti - è la volontà di ripristinare l’ordine da parte delle autorità locali guidate dall’attuale presidente Catherine Samba-Panza. È vero che dispongono di pochi mezzi politici e militari, ma non vediamo una strategia coerente per portare la nazione fuori dalla crisi. Va poi anche detto che l’intervento francese non è dettato solo da motivi umanitari, ma anche da forti interessi nel controllo delle risorse naturali centrafricane (legno pregiato, diamanti, ecc.). Nella conferenza di Parigi sulla questione Boko Haram che è in corso in questi giorni certamente si discuterà anche di Centrafrica. Vedremo se arriveranno novità».

 

 

Enrico Casale

http://www.popoli.info

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