Perché no al «matrimonio» omosessuale. Non è vero l'assunto secondo cui il riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per consentire ai relativi partner conviventi l'esercizio di diritti che, altrimenti, sarebbero loro negati. I giuristi sanno bene che tutti quei diritti generalmente invocati dai partner di un'unione di fatto...
Non è vero l’assunto secondo cui il riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per consentire ai relativi partner conviventi l’esercizio di diritti che, altrimenti, sarebbero loro negati. In realtà, anche i componenti di tali unioni, al pari di tutti i cittadini, hanno sempre la possibilità di ricorrere al diritto privato per tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse. I giuristi sanno bene, infatti, che praticamente tutti quei diritti generalmente invocati dai partner di un’unione di fatto possono essere attivati tramite il diritto volontario e senza alcuna necessità di introdurre per via legislativa nuovi istituti.
È un falso problema, ad esempio, la questione successoria, in quanto attraverso il testamento è possibile trasmettere il proprio patrimonio a chi non avendo vincoli legali o familiari col testatore sarebbe escluso dalla successione legittima. Oggi nulla vieta, peraltro, al convivente omosessuale di ricorrere agli strumenti del diritto volontario stipulando una polizza assicurativa o una pensione integrativa a beneficio del partner, o stipulando un contratto di comodato d’uso vita natural durante, ovvero costituendo un usufrutto d’immobile. È un falso problema il subentro nel contratto di locazione della casa di comune residenza, in quanto tale contratto può ben essere stipulato congiuntamente dai due partner, e in ogni caso già la giurisprudenza costituzionale è intervenuta riconoscendo il diritto di successione nel contratto di locazione a seguito della morte del titolare a favore del convivente (Corte Cost. sent. n. 404/1988). Così come è un falso problema la possibilità di visita in carcere del partner, oggi concessa anche ai conviventi grazie ad espresse disposizioni dell’ordinamento penitenziario (art. 18 della legge 354/1975, e art. 37 del D.P.R. n. 230/2000). Per quanto riguarda le visite in ospedale, oggi già quasi tutti i regolamenti interni dei nosocomi contemplano la possibilità di accesso ai conviventi. È un falso problema, inoltre, la risarcibilità del convivente omosessuale per fatto illecito del terzo (ad esempio, in un incidente stradale), poiché la giurisprudenza ha ormai pacificamente riconosciuto tale diritto (Trib. di Milano sent. n. 9965/2011), secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione (Cass., sez. unite Civ., sentenza 26972/08, Cass. III sez. pen. n. 23725/08). Numerose sono, del resto, le disposizioni normative che attribuiscono diritti specifici alle «persone stabilmente conviventi». Basti citare, ad esempio, la possibilità di richiedere la nomina di un amministratore di sostegno (art. 408 e 417 ce), la facoltà di astensione dalla testimonianza in sede penale (art. 199 e.p.p.), la possibilità di proporre domanda di grazia (art. 680 c.p.), e così proseguendo. La giurisprudenza riconosce, infine, la possibilità a conviventi omosessuali di stipulare, nell’ambito dell’autonomia negoziale disponibile, i cosiddetti “contratti di convivenza”, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 del Codice civile) e non contrastino con norme pubbliche, l’ordine pubblico o con il buon costume. Si tratta in genere di accordi di natura patrimoniale che rientrano nella disponibilità delle parti (ad esempio la scelta e le spese per l’abitazione comune; la disciplina dei doni e delle altre liberalità; i diritti acquistati in regime di convivenza, ecc.).
In conclusione, è sufficiente ricorrere all’autonomia negoziale privata. E questo dovrebbero saperlo bene proprio quei cultori dell’autodeterminazione della persona fondamento del pensiero cosiddetto “laico” che rischiano di apparire contraddittori quando insistono nel chiedere l’intervento dello Stato per la gestione dei rapporti privati, anziché invocare tutti quegli strumenti che consentono l’espressione della piena autonomia e della responsabilità dei singoli.
Amato Avv. Gianfranco
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