Rubrica di educazione a cura di Richard Kermode. Una riflessione sul più forte.
Una notizia simpatica dei giorni scorsi: in una mezza maratona a Pechino, tre atleti africani attendono l’atleta cinese, facendolo vincere platealmente. Uno degli atleti dichiara che è successo perché il cinese è suo amico, altri pensano che la marca di scarpe (cinese) sia l’oscuro regista della “combine”.
Antonio Ruzzo, su blog.ilgiornale.it, commenta: «più che indignarsi per ciò che è successo, per ciò che gli spettatori hanno visto e le telecamere hanno trasmesso bisognerebbe indignarsi per ciò che lo sport non ha più paura di nascondere e cioè che la regola assoluta, il dogma, l’essenza cioè che vince il più forte, vince chi merita, si sta sgretolando».
Sono perplesso, la vicenda di Pechino non afferma, nella sua evidenza, proprio quello che Ruzzo dice? Non ha forse vinto il più forte? Se stiamo alla interpretazione che lo sponsor ci ha messo lo zampino, allora ha vinto il più forte, non c’è dubbio! Non è, la nostra, una cultura che privilegia il “forte”? Non è sempre stato così, poco importa che la “forza” fosse quella degli eserciti piuttosto che il denaro? Non è questa la legge della “natura”? Il cucciolo debole, quello in più, in certe specie viene allontanato o ucciso dalla stessa madre o, in altri casi, ci pensa un predatore. E se noi umani sappiamo che siamo esseri finiti, non è forse una legge da tenere in considerazione? C’è un tempo per vivere e uno per morire, tanto vale non porsi problemi: vincere e vincere senza riguardo per niente e nessuno.
Una domanda ce la possiamo fare: come vivere da uomini, abitando questo panorama? Due considerazioni possono starci: nonostante possiamo essere delle creature destinate a finire, questo non ci giustifica nel fare il male, si può vivere “da uomini” facendo il bene, perché lo sentiamo più adeguato alla nostra umanità. La seconda cosa può essere valorizzare quella realtà, oggi necessariamente vintage, capace di ascoltare e valorizzare i poveri, gli scarti: la fede cristiana e quindi la Carità.
So long!
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Foto di Miguel A Amutio su Unsplash
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