La violenza di questi giorni, amplificata dai mass-media, purtroppo frequente nel nostro quotidiano, nasce dallo scarso rispetto della vita, dalla visione errata della sessualità, dall'ipocrisia di leggi mal applicate in difesa dei deboli, dei piccoli, di chi non ha mezzi per difendersi.
del 27 gennaio 2008
La violenza di questi giorni, amplificata dai mass-media, purtroppo frequente nel nostro quotidiano, nasce dallo scarso rispetto della vita, dalla visione errata della sessualità, dall’ipocrisia di leggi mal applicate in difesa dei deboli, dei piccoli, di chi non ha mezzi per difendersi.
Senza imbarcarmi nelle pastoie delle polemiche dei politici, vorrei portare le testimonianze di chi ha lavorato a favore della vita. Le ho scoperte in un prezioso libretto di Giorgio Mussini, introdotto da un’interessante, sorprendente riflessione del noto scrittore Claudio Magris: Vite salvate.
Parla dell’opera del CAV, Centro aiuto alla vita, che Magris ha conosciuto attraverso la moglie Marisa, una donna meravigliosa che, fino alla sua morte, ha lavorato a favore delle donne in gravidanza, desiderata o frutto della violenza, «in difesa di quelle donne – ancora più coraggiose e stimabili nella loro volontà di non abortire – che vivevano in unioni (poco importa se santificate o no dinanzi all’altare) che erano di fatto una serie di stupri e di maltrattamenti feroci, costrette a prestazioni sessuali aberranti e subivano brutalità di ogni genere».
Da laico onesto e controcorrente, Claudio Magris si schiera dalla parte della vita: «Non occorre una fede preziosissima ma in questo caso non necessaria, basta la virtù laica della chiarezza e della logica razionale, per sapere che ogni essere umano, in ogni fase debolissima della propria esistenza, ha diritto alla sopravvivenza e a vivere nella dignità. Chi sa questo, sa pure che non basta aiutare un individuo a nascere... occorre aiutarlo a vivere ed è questo che il Centro aiuto alla vita fa... I volontari del CAV semplicemente cercano di aiutare i figli che già ci sono e i genitori che non vogliono perderli, rispettare i viventi, coloro che – per grazia o disgrazia – vengono messi al mondo senza averlo chiesto e hanno diritto, come tutti, alla solidarietà di tutti, mandati come loro a recitare nel grottesco teatro del mondo».
Non solo i volontari del CAV ma le comunità cristiane devono essere messe in prima fila nel sostenere le famiglie in difficoltà, le famiglie numerose, a volte fonte di critiche forti da parte dei cosiddetti esperti che lavorano negli ospedali o nei consultori.
Ricordo una mamma mia conoscente che con il marito gestiva una comunità per ragazzi in difficoltà. Entrando in ospedale a partorire il quinto figlio maschio si era sentita dire dalla dottoressa: «Signora, ma lei non conosce la pillola? ». «Certo che la conosco, ma per evitarla», rispose contenta la plurimamma, in piena armonia con il pluripapà! Un’altra, invece, venne consigliata di abortire perché il figlio sarebbe nato gravemente handicappato. D’accordo con il marito, ha cambiato clinica.
Ama la vita chi la stima come dono di Dio, chi considera la donna come il fiore più bello germinato dal cuore di Dio: non oggetto di violenza, ma generatrice di una vita che si proietta nell’eternità. «Io sono felice di avere un figlio, che nell’Oltre mi ringrazierà per sempre della vita che gli abbiamo regalato!». Donna che pur non generando, nella sua verginità, è ponte tra l’uomo e Dio. Mi chiedo spesso perché misteri così grandi vengono banalizzati, nascosti alla gente, alle nuove generazioni?
Forse è la paura della vita, la paura dell’amore, del prezzo che per esso si deve pagare, o forse paura di Dio, di dover rendicontare a Lui nel «giorno» che non sarà dell’ira, ma della misericordia per chi avrà amato o ha cercato di farlo.
 
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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