Nell'era tecnologica risulta importante comunicare ma soprattutto farlo in maniera incisiva, diretta e con contenuto. Un animatore deve essere capace di mettersi in relazione comunicativa con i ragazzi e trasmettere loro i valori della fede e non solo. Per dare anima alle nostre parole!
Parliamo dell’animatore, che vuol comunicare.
Questo termine, ‘animatore’, è usato in tanti modi. Anzitutto richiama una parola molto bella, che è la parola “anima”, dunque si richiama a una realtà che è nascosta, ad una realtà che è dentro, che bisogna cercare e che non è così evidente, non è una cosa esteriore.
Qui ci accorgiamo già che la nostra cultura, il modo in cui viviamo, forse non ci aiuta, perché dà molta importanza all’immagine. Parte di lì. Un colpo d’occhio, è la prima impressione che conta, poi se c’è della sostanza, se c’è del senso, quello sembra non interessare. Invece, l’animatore, ci porta a delle realtà nascoste, dentro di noi. Si tratta di fare un cammino che ci porta a ritrovare noi stessi. E’ un po’ il contrario di quello che è lo stile in cui noi viviamo, la cultura in cui siamo immersi tutta proiettata sull’esteriorità. Essere animatori vuol dire guardarsi dentro, cercarsi, andare un po’ in profondità.
Scrive Ravasi: “Il vuoto dell’anima è la condizione più terribile, perché il risultato di una vera e propria desertificazione dello Spirito. Oso dire che è peggio del peccato. Dal peccato ci si può ravvedere, ma il vuoto è l’assenza della vita. Purtroppo non si tratta di casi isolati. Questa assenza di anima sta dilagando”.
Animatori significa non lasciarsi prendere da questo andamento verso il basso, da questo sistema. Bisogna prima di tutto, aprire gli occhi, accorgersi e poi essere persone che riflettono. Prima o poi, se non sei vero, se non dai cose significative, se non comunichi realtà valide, importanti, vieni smascherato. Puoi dire “sono animatore” lo fai per un anno o due. Quanti ne vediamo... poi, dopo un po’, ti lasciano. Ce ne sono tantissimi che fanno così.
Non si arriva subito alla comunicazione. Un animatore non arriva subito a comunicare. Prima bisogna costruire una fiducia, finché non c’è fiducia fra te e il soggetto, finché non nasce la fiducia, non comunichi. Ti sembra di fare delle cose, però non lasci il segno. Quindi è importantissimo che si cerchi di costruire la fiducia. E ci vuole il suo tempo, la sua pazienza. E’ molto difficile, nella società in cui siamo, si è tutti molto diffidenti. Oggi è più difficile costruire la fiducia. Ci vuole più pazienza, ci vuole più verità. Però direi che i risultati sono anche molto belli, quando si arriva a godere della fiducia.
Il linguaggio che si usa, che si deve usare per comunicare è semplicemente il linguaggio della vita. L’esempio è l’unico, vero linguaggio per comunicare. Oggi siamo ricoperti di parole, e la parola ha perso la sua forza. Per fortuna c’è un’altra Parola che è l’esempio, bisogna veramente valorizzare l’esempio, vedere come uno si comporta. Chi è vuoto, non può animare, fa dei disastri. Chi è vuoto, comunica il vuoto e qui di la prima idea è “COMUNICHI CIÒ CHE SEI”
Ci sono degli errori, dei rischi grossi, nel fare animazione:
L’animatore comunica se stesso e non nasconde i propri difetti. Cerca di essere semplicemente sé stesso con i suoi difetti. L’animatore, che a tutti i costi vuole nascondere i suoi lati negativi non è vero. Questo non significa aver fatto pace con i propri difetti, ma vuol dire essere come tutti in cammino.
Comunichi se hai una vita coerente. Un animatore che in famiglia non vive bene i suoi rapporti, è sempre teso. Anche questo atteggiamento viene fuori. Questa coerenza di vita deve essere veramente un’armonia dentro la persona.
Comunichi se hai la pazienza del seminatore. Soprattutto in questo campo dell’educazione, quando si ha a che fare con soggetti molto giovani, i risultati non si vedono, non si possono misurare l’incisività di quello che si sta facendo, sono tempi molto, molto lunghi. L’educatore è soprattutto uno che semina, vive questa stagione della semina.
Comunichi se hai passione educativa.
Comunichi se hai attenzione personalizzata. L’animatore non accosta mai la massa solamente. Nel momento in cui accosti la massa, passi sopra le teste. Questo è un lavoro capillare, a tu per tu, quell’avvicinare il ragazzo nei momenti più semplici. Nel gioco, l’animatore è mischiato in mezzo agli altri, allora una parolina ad uno, una parolina all’altro, una battuta all’altro ... ecco, questa attenzione personalizzata.
Comunichi se sei formato. Questo punto è formidabile, è la chiave di tutto. Nella società di oggi, tutti dicono che c’è bisogno di formazione, anche nel mondo del lavoro: corsi di formazione a tutti i livelli. Ma soprattutto nella vita ci si accorge che c’è bisogno di formazione. Ci sono degli animatori che esigono che i loro ragazzi vengano alla riunione, ma poi, quando tocca a loro fare un cammino di formazione, andare alla loro riunione, nella loro fascia di età, non ci sono. Un animatore ha bisogno di fare un cammino formativo. Questo è un dovere: se non lo fai non sei un animatore.
Comunichi Dio. Quando parliamo di vita, parliamo di gioia profonda, di star bene con se stessi, di accettarsi. Quando parliamo di cose belle e positive, siamo convinti che parliamo di Dio, perché tutte queste cose belle ce le dona Dio e le troviamo in lui… Parliamo di Dio in mille modi, anche quando non lo nominiamo, quando comunichiamo cose vere comunichiamo Dio e quando ci si accorge che un ragazzo non ha Dio, ci si accorge che si fa niente.
Redazione
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