L'orianismo e la Fallaci celebrati e festeggiati a New York.La Fallaci è stata premiata a New York ieri (29 novembre) con l' Annie Taylor Award, che si conferisce a 'individui che hanno mostrato e mostrano eccezionale coraggio in circostanze pesantemente avverse e di fronte a grave pericolo'... Riportiamo due stralci del discorso della Fallaci riguardanti Benedetto XVI.
del 01 dicembre 2005
New York. Si è conclusa con un’ovazione la consegna a Oriana Fallaci dell’Annie Taylor Award da parte del Centro Studi di Cultura Popolare a New York. Si sono voluti così “onorare l’eroismo e il valore” della giornalista e scrittrice, “simbolo della resistenza contro il fascismo islamico e combattente nella causa dell’umana libertà”.
L’Annie Taylor Award è dato – spiegano le motivazioni – a “individui che hanno mostrato e mostrano eccezionale coraggio in circostanze pesantemente avverse e di fronte a grave pericolo: esistono poche persone vive, oggi, che meritano questo riconoscimento quanto Oriana Fallaci”.
 
Il premio è stato presentato da Daniel Pipes, fondatore del Middle East Forum Campus Watch e studioso dell’islam, e da David Horowitz, fondatore del Center For Study Of Popular Culture, editore di Front Page Magazine e autore del libro “L’empia alleanza: islam radicale e sinistra americana”. E’ significativo, rilevano gli organizzatori, che a questo punto della sua vita la Fallaci venga processata per vilipendio dell’islam “grazie a resuscitate leggi sulla blasfemia e che, nonostante le gravi minacce alla sua vita e i recenti assassinii dei critici dell’islam, rimanga incrollabilmente ferma nella sua critica del fascismo islamico”.
 
“Sì – conferma Oriana Fallaci – sono contro quella religione, una religione che ogni minuto controlla l’esistenza degli esseri umani, che impone il burqa alle donne, che tratta le donne come cammelli, che predica la poligamia, che taglia le mani dei poveri ladri. L’islam non è neanche una religione: è una tirannia, una dittatura, il solo credo che non abbia mai compiuto un’opera di riforma, di autocritica. E ora vorrebbero imporla a noi”. Nel premiarla Horowitz ha detto che la Fallaci “nella sua feroce determinazione è diventata una ispirazione per ognuno di noi.
E’ stata emessa una fatwa inneggiante alla morte di Oriana ed è stata incriminata da alcuni tribunali occidentali per aver criticato l’aggressore islamico. Per blasfemia. Per preferire la libertà alla servitù e al silenzio. Che Dio ti protegga Oriana. Tuo padre è stato un leader della resistenza per liberare l’Italia dalla dittatura di Mussolini e venne torturato dai fascisti per i suoi sforzi.
Per tre volte gli puntarono una pistola alla testa, premendo il grilletto per farlo collaborare.
Ma rifiutò. La resistenza del padre è stata la preparazione di Oriana nella battaglia fra tirannia e libertà. Ha scritto un discorso, un sermone agli americani, agli europei e al mondo, si chiama ‘La rabbia e l’orgoglio’. Riguarda la guerra con l’islam radicale, la guerra fra il bene e il male, riguarda la lotta per la libertà umana. Oriana Fallaci ha inciso sulla storia del suo tempo”.
 
 
Cosa si sono detti Oriana Fallaci e il papa
 
Nel discorso pronunciato a New York il 29 novembre a commento del premio Annie Taylor a lei conferito, Oriana Fallaci ha dedicato due passaggi a Benedetto XVI.
 
Nel primo passaggio ha ricordato 'la privatissima udienza' da lei avuta lo scorso 1 agosto, a Castel Gandolfo, col papa: 'un papa che ama il mio lavoro da quando ha letto 'Lettera a un bambino mai nato' e che io profondamente rispetto da quando leggo i suoi libri intelligenti. Di più, un papa col quale mi capita di essere d'accordo in molte occasioni. Per esempio quando egli scrive che l'Occidente ha sviluppato una sorta di odio di sé, che non solo non si ama più, ma ha perso la sua spiritualità e rischia di perdere anche la sua identità. (Esattamente ciò che io ho scritto quando ho scritto che l'Occidente è malato di un cancro morale e intellettuale. In realtà lo noto spesso: 'Se un papa e un'atea dicono la stessa cosa, in questa cosa ci deve essere qualcosa di fortemente attuale'). Nuova parentesi: io sono atea, sì. Un'atea-cristiana, come spesso sottolineo, ma un'atea. E papa Ratzinger lo sa molto bene: in 'La forza della ragione' io dedico un intero capitolo a spiegare l'apparente paradosso di questa autodefinizione. Ma sapete che cosa dice il papa ad atei come me? Dice: 'Okay (l'okay è mio, naturalmente), allora veluti si Deus daretur. Comportati come se Dio esista'. Parole da cui si deduce che nella comunità religiosa c'è gente più aperta e intelligente che nella comunità laica alla quale appartengo. Persone così aperte e così intelligenti che neppure provano, neppure sognano, di salvare la mia anima (intendo dire, di convertirmi). Questo è anche il motivo per cui io affermo che, nel vendersi all'islam teocratico, il mondo laico ha perso il più importante appuntamento offertogli dalla storia. E facendo così ha aperto un vuoto, un abisso, che solo lo spirituale può riempire. Questo è anche il motivo per cui nella Chiesa di oggi io vedo un inaspettato partner, un inaspettato alleato. In Ratzinger e in chiunque accetta la mia inquietante indipendenza di pensiero e di comportamento, io vedo un compagno di strada. Così ci siamo incontrati, questo intelligente, giusto, fine signore e io. Liberi da cerimoniali, formalità, a tu per tu nel suo studio di Castel Gandolfo conversammo per un po'. E questo incontro non professionale ci si aspettava che restasse segreto. Nella mia ossessione per la privacy io chiesi che fosse così. Ma le voci trapelarono lo stesso...'.
 
Il secondo passaggio è il seguente: 'Io non credo nel dialogo con l'islam. Perché sostengo che un simile dialogo è un monologo, un soliloquio nutrito dalla nostra ingenuità o inconfessata disperazione. (E perché su questo punto dissento fortemente da papa Ratzinger il quale insiste su questo monologo con disarmante speranza. Una volta ancora, Santo Padre: anche a me naturalmente piacerebbe un mondo dove tutti amano tutti e nessuno è nemico di nessuno. Ma il nemico è qui. E non ha nessuna intenzione di dialogare né con lei né con noi)'.
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