Sveglio è il contrario di addormentato... Una persona che nessuno vorrebbe perché ha perso la gioia di vivere. Una persona così che nessuno vorrebbe dovrebbe star bene nella vita cristiana? ...Gesù aveva davanti agli occhi atteggiamenti di vivacità quanto ha detto a tutti: «Vigilate...». Se aspetti che il bene di caschi addosso resterai solo...
del 29 novembre 2005
 
 
Sveglio è il contrario di addormentato evidentemente, ma anche l’opposto di rassegnato, di persona che non si attiva per niente: sicuro nel suo posto, protetto, esecutore senza fantasia, adattato. Quel lavoratore che nessuno più vorrebbe in nessun posto. Perché? Perché non è un vero uomo, ma un automa, un pacco postale su cui sta scritta la destinazione, collocato su un nastro trasportatore; crede che la vita abbia un destino inesorabile e lui si adatta. Non riesce più a trarre da sé nessuno slancio, nessun guizzo, nessuna prospettiva. Ha perso la caratteristica più bella della sua umanità: la gioia di vivere. Ecco, questa persona che nessuno vorrebbe in una squadra o nella propria compagnia o nella propria scuola dovrebbe star bene nella vita cristiana?
Sì, perché la vita di fede ormai è diventata una routine senza sorprese, senza prospettive, del tutto insignificante per la vita. Una messa ogni tanto, dove non succede niente di nuovo; un matrimonio cui devi partecipare per far piacere agli amici; purtroppo anche un funerale, che si spera non tocchi proprio i tuoi direttamente; una qualche bella festa, ma la vita è tutta un’altra. Nel lavoro devo inventarne una tutti i giorni, devo stare allerta per parare i colpi bassi di un licenziamento senza speranza; nel fidanzamento cerco di essere sempre una sorpresa, sono tutto teso a rendere felice e a conquistare; nello sport mi alleno con determinazione perché occorre essere sempre pronti.
Gesù aveva davanti agli occhi questa scena di amore alla vita quotidiana, questi atteggiamenti di vivacità quando ha detto a tutti: vigilate, state pronti, la vita non è una risulta, è un dono da ottenere da prefigurarsi, da inventare, da stanare. A maggior ragione la vita eterna, quella senza fine. Se aspetti che il bene ti caschi addosso come se tu fossi al centro dell’universo resterai sempre solo e a mani vuote. Capita così anche nella vita di coppia. Perché a un certo punto non dice più niente? Perché ti sei adattato, l’hai fatta diventare un possesso invece che una ricerca. Ti ci sei seduto sopra da padrone invece di conquistarla sempre come un dono. Così è della fine della vita, della fine dei tempi. Non ti deve capitare addosso come una disperazione, non ti deve sorprendere nell’errata consapevolezza di non avere nessuno cui rispondere, ma devi aspettarla come un premio, come un ultimo grande dono. Sei una sentinella del mattino, non il becchino di un cimitero. E’ da aspettare con speranza, non da temere come una condanna.
Ma questa speranza dove la trovo?
mons. Domenico Sigalini
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