Perché il figlio di un leader di Hamas
del 30 agosto 2008
Mosab Hassan Yousef è un giovane uomo straordinario, con una storia altrettanto straordinaria da raccontare. È il figlio di uno dei più influenti leader di Hamas, l’organizzazione militante del West Bank, ed è cresciuto in una famiglia di fede rigidamente islamica. Ora, a trent’anni, frequenta una chiesa Cristiana evangelica in Barabbas Road, San Diego, California. Ha rinnegato la propria fede mussulmana, abbandonato la sua famiglia a Ramallah e sta chiedendo asilo politico negli Stati Uniti.
La storia della sua vita è davvero sorprendente, a prescindere che ci si trovi d’accordo o meno con le sue convinzioni. Di seguito il trascritto dell’intervista rilasciata da Hassan in esclusiva alla FOX News, nella quale racconta come un mussulmano del West Bank è diventato un cristiano della West Coast. 
 
JONATHAN HUNT: Perché, dopo 25 anni, Lei è cambiato?
MOSAB HASSAN YOUSEF: Credo che tutti i muri costruiti dall’islam negli ultimi 1400 anni non esistano più. La gente non si rende conto di questo. I muri vennero costruiti per rendere la gente ignorante, per combattere la paura. Non si voleva permettere che la gente mettesse in discussione la realtà dell’islam, le sue grandi domande: per questo ai seguaci di questa fede, ai mussulmani, è stato detto esplicitamente: “non fate certe domande”.
Oggi però la gente ha i mezzi di comunicazione di massa. Se un padre proibisce alla figlia di uscire di casa, lei andrà al computer e girerà il mondo. La gente ha accesso più facilmente all’informazione, alla conoscenza, ai motori di ricerca; per cui è molto, molto più semplice per tutti studiare l’islam e le altre religioni. E non solo dal punto di vista islamico, ma anche da altri.
Dunque, per i prossimi venticinque anni continueranno ad esserci grandi cambiamenti nel mondo mussulmano, e nel mondo arabo in generale.
 
Lei parla da una prospettiva privilegiata, forse unica: un uomo non solo cresciuto in una famiglia islamica, ma che è stato parte di un’organizzazione ritenuta da molte persone del mondo come una delle forze estreme dell’islam stesso: Hamas. Lei sostiene che la gente non vuole guardare in faccia la realtà; ma qual è la realtà dell’islam?
Ci sono due cose che i mussulmani non capiscono. Direi che più del 95 per cento dei mussulmani non riesce a comprendere appieno la propria religione. Quest’ultima è veicolata attraverso termini più estremi di quanto essi non possano capire, e dunque non ne afferrano l’essenza… si affidano soltanto alle guide religiose per conoscere la propria fede.
In secondo luogo, non conoscono le altre religioni. Numerose comunità cristiane vivono nel mondo mussulmano: esse rappresentano una minoranza, e preferiscono non far sentire la propria voce per parlare di Gesù, perché potrebbe rivelarsi pericoloso. Dunque, tutte le idee che l’islam ha delle altre religioni scaturiscono unicamente da una prospettiva islamica.
La maggior parte delle persone non comprende questi due fatti.
Se la gente, i mussulmani, iniziassero a capire la loro religione -innanzitutto la propria-, realizzando quante cose terribili vi sono contenute, potrebbero mettere in discussione il fatto che i religiosi si concentrano soltanto su alcuni aspetti dell’islam. Ci sono molte cose di cui essi parlano solo con notevole imbarazzo.
 
Può fare qualche esempio?
Le mogli di Maometto. Non si sentirà mai parlare delle mogli di Maometto in una moschea - che tra l’altro furono più di cinquanta, e nessuno lo sa con esattezza. La maggioranza dei mussulmani ignora questo fatto.
Le autorità religiose provano imbarazzo a parlare di questo, mentre si soffermano piuttosto spesso sulla gloria dell’islam, sulle sue vittorie, sulle vittorie di Maometto. Così, quando il popolo si guarda, si vede sconfitto, si riconosce ignorante, capisce che non sta governando il mondo come crede di avere diritto a fare. Vuole tornare ai tempi delle grandi vittorie, seguendo la grande tradizione di Maometto; ma non tiene in considerazione il fatto che i tempi sono cambiati. Dimentica che quello che è accaduto 1400 anni fa non può più ripetersi.
 
Lei crede che i mussulmani vogliano distruggere il cristianesimo?
L’islam ha già distrutto il cristianesimo, in un certo senso. I mussulmani non capiscono che pugnalano al cuore il cristianesimo ogni volta che affermano che Gesù non morì sulla croce. Pensano di onorarlo in questo modo, ma in realtà fanno l’opposto.
Ogni cristiano è in grado di capirlo. Invece I mussulmani sostengono che non è vero che Gesù è morto per loro. Qualcuno ha dato la vita per loro ed essi si ostinano a negarlo! Questo è ciò che fanno i mussulmani, non comprendendo che la parte più importante del cristianesimo è proprio la croce.
In questo, sono dunque ignoranti. Non sanno quello che dicono, e questo spiega perché sostengo che c’è del male dietro alla nozione di “islam”.
 
Quali eventi specifici hanno iniziato a farla riflettere sull’islam?
Sin da quando ero piccolo facevo domande molto difficili. Persino la mia famiglia mi ripeteva al tempo come fossi un bambino complicato, e faticava a soddisfare la mia curiosità. Mi chiedevano in continuazione perché chiedessi così tante cose, sin dal principio.
Tuttavia, all’epoca credevo che tutti all’interno dell’islam fossero come noi, come la nostra famiglia - mio padre, nello specifico, è stato un ottimo esempio per me poiché era un uomo onesto e umile, sempre gentile con nostra madre e con noi, e ci educò al perdono.
Quando ebbi 18 anni, fui arrestato dagli israeliani e portato in una prigione israeliana controllata da israeliani. Fu lì che assistei al controllo che Hamas esercitava sui prigionieri, e vidi le torture che infliggeva ai suoi stessi membri. Erano torture davvero terribili.
 
Vuole dire che Hamas torturava i membri della sua stessa organizzazione?
Erano i capi dell’organizzazione stessa, quei leader che oggi vediamo in televisione, ad essere responsabili delle torture inflitte ai loro compagni. Io non subii quelle torture, ma fu un grande shock assistervi: vedere gli aghi sotto le unghie, le bruciature sui corpi. Molti di loro morivano.
 
Perché torturavano le persone?
Perché erano sospettati di collaborare con gli israeliani, e con l’occupazione israeliana contro cui Hamas combatteva…centinaia di persone furono vittime delle ritorsioni, e per più di un anno assistei impotente alle torture. Quello fu un momento di cambiamento radicale per me. Aprii realmente gli occhi, e compresi che esistono mussulmani buoni e mussulmani cattivi: quelli buoni erano come mio padre, mentre quelli cattivi erano i membri di Hamas che torturavano la gente in prigione.
Quello fu l’inizio del mio risveglio.
 
Lei parla di “buoni mussulmani”, come Suo padre; tuttavia Lei ha abbandonato la sua fede. Non avrebbe potuto essere anche Lei un buon mussulmano?
La verità è che tutto per me cambiò dopo aver studiato il cristianesimo - cristianesimo, per inciso, sul quale nutrivo grandi preconcetti perché mi approcciai ad esso da una prospettiva islamica, ovvero pensando che non c’era nulla di vero nel cristianesimo, e che l’islam era la fonte di tutto.
Quando iniziai a studiare attentamente la Bibbia verso dopo verso, tenendo a mente che era il libro divino, la parola di Dio, vidi le cose sotto una nuova luce - certamente una prospettiva più difficile, che mi portò in ultimo a ritenere che l’islam aveva torto.
In altre parole, l’islam era mio padre, un padre con il quale ero cresciuto per 22 anni. Un giorno, un nuovo padre è venuto da me per dirmi che in realtà era lui il mio vero padre, ed all’inizio io non volevo capire. Mio padre era l’islam, quello con cui ero cresciuto. Ed il padre del cristianesimo mi disse che era lui invece il mio vero padre, che era stato in prigione lontano da me. Ma ora era tornato, e l’islam non era il mio vero padre.
Questo è quanto è accaduto dentro di me. Non è stato facile credere che l’islam non fosse più mio padre. Dovetti riprendere a studiare l’islam da una prospettiva completamente diversa, e a quel punto vidi tutti gli errori, quelli più grandi e le loro conseguenze, non solo sui mussulmani con i quali non condividevo più i valori (non mi erano mai piaciute le tradizioni che rendevano la vita della gente più complicata), ma anche sull’umanità intera. L’umanità intera! C’erano popoli che continuavano ad uccidersi nel nome di Dio.
A quel punto iniziai a comprendere che il problema era l’islam, non i mussulmani - non potevo odiarli, perché Dio li ha amati sin dal primo giorno, e Dio non crea nulla di imperfetto. Dio crea popoli buoni che lo amano, ma i mussulmani sono come malati, hanno idee sbagliate. Anche oggi non odio quelle persone, ma provo pietà per loro perché so che l’unico modo in cui potranno cambiare è attraverso la parola di Dio, ascoltandola e lasciando che mostri loro la vera via che conduce a Lui.
 
Non La preoccupa dire queste cose - specialmente considerando le sue origini, ed il fatto che le sue parole per questo possano avere un effetto amplificato? Non crede ci sia il pericolo che quanto Lei afferma aumenti le difficoltà e l’attrito tra i cristiani e i mussulmani nel mondo oggi?
Certamente questo potrebbe accadere se a parlare fosse un cristiano che andasse in giro a dissertare della vera realtà dell’islam. I cristiani in ogni caso sono sulla lista dei nemici, a prescindere dal fatto che parlino dell’islam o meno. Solo il semplice fatto di dichiararsi cristiani offenderebbe immediatamente i mussulmani, provocherebbe odio e allontanerebbe ulteriormente le due religioni. Ma nel mio caso la domanda riguarda ciò che mi ha portato a cambiare.
Anni fa, quando iniziai a riflettere, Dio aprì i miei occhi e la mia mente, facendomi diventare una persona completamente diversa. Ora posso compiere il mio dovere, e voi cristiani potete aiutarmi, ma non credo sarebbe un compito che riuscireste a portare a termine da soli. In ogni caso, i mussulmani non hanno più scuse.
 
Quanto è stato difficile per Lei intraprendere questo cammino, che nel concreto l’ha portato ad allontanarsi dalla sua famiglia e dalla Sua casa? Quanto è stato doloroso?
È stato come uscire dalla propria pelle, glielo assicuro. Amo la mia famiglia, e sono certo del loro amore per me. I miei fratelli minori sono come figli, li ho praticamente cresciuti. È stata la decisione più grande della mia vita.
Ho dovuto abbandonare tutto, non solo la mia famiglia. Abbandonare l’islam per una conversione al cristianesimo - o a qualsiasi altra religione, per inciso - non vuol dire semplicemente salutare ed andarsene. Non è così facile. Significa dire addio alla propria cultura, civiltà, tradizioni, società, famiglia, religione, Dio -quello che avevi creduto fosse il tuo Dio per tanti, lunghissimi anni. É un processo molto complicato, e per nulla facile. Molte persone credono che si lascino indietro solo cose che hanno perso importanza ma in realtà non è così. Ora sono negli Stati Uniti, ho la mia libertà ed è stupendo, ma allo stesso tempo mi manca la mia famiglia. Nulla può sostituirla. E perdere la propria famiglia…
 
Si sente di aver perso la Sua famiglia?
La mia famiglia è istruita, e ciò nonostante è stato molto difficile per loro. Mi hanno chiesto molte volte, specialmente all’inizio, di tenere per me la mia fede e di non andare a parlarne con i media in pubblico.
Per me però era un compito che Dio mi aveva affidato, annunciare il Suo nome e lodarlo in tutto il mondo. La mia ricompensa è che Lui farà lo stesso con me. Si tratta di un dovere. Mi chiedo quanti altri stiano facendo quello che io faccio oggi: e la risposta è che non ne conosco nessuno.
Ho dovuto essere molto forte per superare questa grande sfida. È stata la decisione più difficile della mia vita e certamente non è stato semplice. Niente di quanto ho fatto è per la gloria in questo mondo - ho agito in questo modo per una sola ragione: perché ci credevo. La gente soffre ogni giorno per idee sbagliate, ed io posso aiutarle ad uscire da questo circolo vizioso, questo cammino che il male ha predisposto.
 
Ha parlato con suo padre di recente?
Non ho modo di comunicare con mio padre perché al momento è in prigione, e non ci sono telefoni dove è rinchiuso che mi permettano di parlare con lui.
 
Cosa le hanno detto gli altri membri della sua famiglia riguardo alla sua reazione?
Gli hanno fatto visita spesso, ed anche se ad oggi non conosco ancora la sua reazione esatta, sono certo che sia molto triste per quanto è accaduto. Allo stesso tempo, sono certo che capirà, perché mi conosce e sa che non prendo nessuna decisione senza esserne pienamente convinto.
 
Tutto questo ha reso pi√π difficile i rapporti di suo padre con i suoi compagni di Hamas?
Certamente. La mia famiglia, incluso mio padre, ha dovuto portare questa croce con me. La scelta è stata mia, non loro, ed ho chiesto a Dio - prego sempre per la mia famiglia quando vado in chiesa - di aprire i loro occhi, le loro menti, affinché vedano Cristo. E che ricevano la Sua benedizione, perché è chiesto loro di portare questa croce con me.
 
Mi dica qualcosa di Hamas, e di come funziona. Si tratta di un’organizzazione islamica, prettamente religiosa, ed è questa ai suoi occhi la sua mancanza più grande? Oppure ci sono altri aspetti problematici della questione? Potrebbe magari, in altre forme, essere persino una buona idea? E che cosa significa per lei?
Se parliamo dei singoli individui, ci sono persone buone in ogni luogo. Davvero, in ogni luogo, perché sono creature di Dio.
Se agiscono indipendentemente? Sì, lo fanno: conosco persone che appoggiano Hamas ma non hanno mai avuto nulla a che fare con attacchi terroristici, ad esempio. Seguono Hamas perché amano Dio, e credono che Hamas lo rappresenti. Non hanno alcuna conoscenza delle cose, non conoscono veramente Dio e non hanno mai studiato il cristianesimo. Tuttavia l’idea di Hamas, concepita come rappresentante di un essere divino, è un grave problema.
Alla radice di tutto però non c’è Hamas, né la gente che ne fa parte. Alla base di tutto c’è la nozione stessa di islam. Certo, Hamas come organizzazione, in particolar modo i suoi capi, hanno delle colpe - sono responsabili per tutte le violenze che sono state compiute nel nome dell’organizzazione stessa. So che spesso queste vengono definite una reazione alle aggressioni israeliane, ma in ogni caso si tratta di prendere la decisione di reagire, di compiere azioni contro Israele, tra tutte le uccisioni di molti civili.
 
Crede che Israele non abbia responsabilità in questo conflitto?
L’occupazione è sbagliata. Ma è altrettanto sbagliato parlare di Israele, parlare della Palestina - qui si tratta di principi generali. Non sono contro nessuna nazione. Credo però che Israele abbia il diritto di difendersi, e che nessuno possa negare questo. Talvolta però Israele usa troppa violenza verso i civili: molti innocenti sono stati uccisi perché i soldati non erano abbastanza responsabili, perché non si comportavano correttamente ai checkpoint.
Il mio messaggio giunge sino ai soldati israeliani: almeno dimostrate umanità verso la gente ai checkpoint. Non dovete per forza essere crudeli, non è una questione di nazionalità. Ci sono molte idee sbagliate in entrambe gli schieramenti, e l’unico modo che questi due paesi hanno di uscire dl circolo vizioso in cui sono imprigionati è quello di seguire i principi che Gesù ha insegnato al mondo: grazia, amore, perdono. Senza di essi, non riusciranno mai ad andare avanti, a spezzare il circolo.
 
Ha visto arrestare suo padre, Lei stesso è stato in prigione. Ha assistito agli atti di terrorismo perpetrati da Hamas contro Israele, e comunque sostiene che entrambe le parti devono essere in grado di andare oltre a tutto questo?
Sì, certo. É l’unica scelta possibile. Nessuno ha il potere magico di affrontare la situazione in Medio Oriente, nessuno. Potete chiedere ai politici qui negli Stati Uniti, a qualsiasi politico arabo o palestinese, ai leader israeliani - nessuno, nessuno è in grado di risolvere il problema. Anche chi crede nella pace è oramai troppo coinvolto.
I politici sono parte del circolo vizioso. Persino se si guarda ad individui coraggiosi, come Rabin, che fu chiamato dagli israeliani a cercare la pace con i palestinesi e a dare loro uno Stato - persino leader così determinati non sono riusciti a risolvere la situazione. Non si può obbligare un paese indipendente a dare l’indipendenza ad un’altra nazione. Specialmente quando quest’ultima tenta di distruggerlo.
Tutti sono delle vittime. I soldati israeliani, che hanno perso i loro compagni. I palestinesi, che hanno perso i loro figli, i loro padri. Ci sono ancora moltissime persone in prigione, e molte di più hanno già perso la vita -migliaia di persone. Nessuno lo dimenticherà mai. Se si vorrà vivere continuando a guardare al passato, non si spezzerà mai il circolo vizioso; per questo l’unica soluzione è andare avanti.
Le ultime generazioni sono nate come palestinesi sotto l’occupazione: non è una loro scelta. Per quanto riguarda i giovani di Israele - a parte la questione se è giusto o sbagliato che Israele esista -, qual è la loro colpa? Qual è la colpa dei giovani che sono nati in Israele, e non hanno un altro posto dove andare? È la loro patria, ne sono certi, e continueranno a resistere per difenderla da chiunque, intimando a chiunque di andarsene. E dunque l’unica strada da seguire è quella dell’amore e del perdono di Dio, altrimenti non sarà possibile risolvere il problema.
 
Lei crede che si giungerà mai ad un accordo di pace con Hamas?
Non credo sia possibile. É forse pensabile che il fuoco e l’acqua coesistano? Hamas può fare politica per 10, 15 anni; ma se chiedessimo ad un capo di Hamas che cosa pensa che potrà accadere in futuro, se ci potrà essere una convivenza con Israele, la risposta sarà inevitabilmente negativa...a meno che non si voglia andare contro agli insegnamenti del Corano. Si tratta pur sempre del loro libro sacro, non di ideologie che possono semplicemente venire accantonate. Per questo non c’è scelta, non si tratta di Israele o di Hamas: la questione riguarda le loro idee. Non c’è altra scelta.
 
Non ha paura che qualcuno tenti di ucciderla per le sue parole - che peraltro alcune parti del Corano confermano?
Dovrebbero prima uccidere le mie idee, e queste sono già state esposte. E poi come farebbero ad uccidere un’idea, le opinioni che io posso nutrire? Si può uccidere un corpo, non un’anima.
 
Non ha paura?
In quanto essere umano, credo di essere piuttosto coraggioso in questo momento. Per adesso cerco di non pensarci, e sento che Dio è dalla mia parte. Ma se questa è una sfida che devo affrontare, chiederò a Dio di darmi la forza.
 
È stato minacciato?
No, in realtà no. Più che altro, la maggior parte dei mussulmani e dei leader religiosi qui negli Stati Uniti e nelle comunità europee hanno cercato di mettersi in contatto con me. Chiamano la mia famiglia, mia madre, e le dicono che vogliono aiutarmi.
 
Pensano che lei abbia bisogno di aiuto?
Sì, credono che i cristiani si siano approfittati di me, ma in questo decisamente sbagliano. Dentro di me, ero cristiano ancora prima che loro sapessero, ancora prima che chiunque sapesse. Amo Gesù, lo seguo da molti anni, e per la maggior parte del tempo non è mai stato un segreto - ora mi sento di dover glorificare il Suo nome e rendergli onore pubblicamente.
Non hanno a che fare con un comune mussulmano. Sanno che ho studiato, che ho una cultura, che ho fatto ricerche sull’islam e sul cristianesimo. Quando presi la mia decisione, non fu perché qualcuno gettò un incantesimo oscuro su di me o perché sono stato manipolato - è stata una scelta completamente autonoma.
 
Le manca Ramallah?
Enormemente. Anche Lei c’è stato, e sa da quale meraviglioso paese provengo. Sono posti incantevoli. É un paese piccolo, dove però c’è tutto - per questo la gente combatte per quelle terre: Ramallah, Gerusalemme, la Città Vecchia.
 
Crede che un giorno potrà tornare?
Io appartengo a quei luoghi, e prima o poi ritornerò. Se questo significa che verrò ucciso, accadrà quello che deve accadere. La mia famiglia è là, loro mi amano e appoggiano le mie decisioni. Forse avrebbero preferito che non parlassi con i media, ma sanno che la mia è una scelta consapevole. Anche per questo voglio tornare, per riabbracciare coloro che amo. E per rivedere la mia terra.
 
Crede che Lei potrà tornare quando ci sarà pace in Medio Oriente?
Ci sarà pace quando Gesù tornerà sulla terra, giudicherà gli uomini e porterà il Suo regno tra noi. Allora sarà la vera pace, e verrà il regno di Dio.
 
Se potesse mandare un unico messaggio ai mussulmani in tutto il mondo, quale sarebbe?
Il mio messaggio sarebbe prima di tutto quello di chiedere loro di aprire la mente. Essere nati in una famiglia mussulmana li ha condotti all’islam, proprio come accade per ogni altra religione, dove una famiglia cristiana o ebrea insegna i suoi valori ai propri figli.
Il punto è che vorrei che queste persone aprissero gli occhi e la mente, che iniziassero a pensare autonomamente e ad immaginare di non essere nati in una famiglia mussulmana.
Dio ha dato loro l’intelligenza affinché la usassero. Per questo devono aprire la mente e il cuore, leggendo la Bibbia, studiando la loro religione. Vorrei aprire i cancelli per loro, far sì che possano essere liberi. Seguire Dio è abbastanza per darci una vita buona e felice qui sulla terra. Ed anche oltre.
 
© Fox News
Jonathan Hunt (Traduzione Alia K. Nardini)
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