Michela ha vent'anni ed è entrata da poco nel monastero di clausura situato nel cuore della città eterna. Fino a poco tempo fa giocava nella nazionale italiana femminile di pallavolo. Poi è arrivata la chiamata di Dio...
del 01 gennaio 2002
Come si è sentita la chiamata di Dio? A rispondere è suor Michela, postulante del Carmelo San Giuseppe di via della Nocetta a Roma. Michela ha vent’anni ed è entrata da poco nel monastero di clausura situato nel cuore della città eterna. Fino a poco tempo fa giocava nella nazionale italiana femminile di pallavolo. Poi è arrivata la chiamata di Dio e la conseguente decisione di ritirarsi nel monastero di via della Nocetta dove vivono altre venti suore.
'A chi mi ha fatto questa domanda non ho mai saputo rispondere con precisione (e vi assicuro che me l’hanno fatta in tanti).Credo che sia un po’ come quando ci si innamora: quello che senti dentro è talmente più grande di te che non puoi nemmeno provare a dirlo a parole. Nessuno ha un amore più grande di questo - dice Gesù - dare la vita per i propri amici, ed è questo l’Amore di cui mi sono innamorata. Un amore più forte della morte e capace di trasformare la morte stessa in vita. In realtà tutto pensavo tranne che farmi suora! Ma è così bello affidarsi a chi sai che ti ama! E tutto avviene come “di nascosto” in quella regione così intima del cuore dove Lui solo abita e a nessuno è permesso entrare!'
'Io - continua Michela raccontando la sua esperienza - che avrei voluto girare le missioni del mondo mi sono ritrovata a bussare alle porte di un monastero di clausura con nel cuore sempre lo stesso desiderio: riamare il mio Dio e i miei fratelli con tutta me stessa.
Lo so, sembra impossibile, e anche per me è un mistero, ma credo che siano queste grate, che sembrano solo dividere dal mondo e rinchiudere, che in realtà permettono di arrivare al cuore di Dio e, di lì, al mondo intero. È sì una morte, ma è una morte per amore, ed è incredibile come sin da ora tutto possa apparire già, in qualche modo, sfolgorante della luce, della vita e della gioia del Signore Risorto!'.
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Dalla nazionale junuores di pallavolo al convento. É la storia di Michela Amadori, 25enne con nel passato un argento Mondiale nel 1997 assieme a Piccinini e Togut, che adesso si chiama suor Michela ed è una postulante nel monastero delle carmelitane Scalze a Roma. 'In realtà - dice - tutto pensavo tranne che farmi suora. Come ho sentito la chiamata di Dio? che sia un po' come quando ci si innamora: non è facile descriverlo a parole'.
Era il 13 settembre 1997, l'Italia perdeva il campionato del Mondo juniores di pallavolo femminile inchinandosi alla Russia per 3-2. Una grande delusione per quella squadra, che però pochi anni dopo si rifarà con gli interessi vincendo il campionato mondiale. Togut, Piccinini, Galastri, Lo Bianco, Mello: tutte atlete che facevano parte di quella squadra, compagne di Michela Amadori. La schiacciatrice, classe '79, non giocò molto si tolse comunque la soddisfazione di avere al collo una medaglia d'argento mondiale.
Sono passati quasi otto anni da allora, e molte cose sono cambiate: la carriera non è decollata ma è comunque rimasta ad alti livelli (serie A2 e C1), ma soprattutto Michale ha incontrato quello che dalle sua parole traspare come l'amore della sua vita. Ai tanti che le hanno chiesto 'come si è sentita la chiamata di Dio', suor Michela (è questo il nome che ha preso in convento) risponde: 'Non ho mai saputo rispondere con precisione, e vi assicuro che questa domanda me l'hanno fatta in tanti! Credo che sia un po' come quando ci si innamora: quello che senti dentro è talmente più grande di te che non puoi nemmeno provare a dirlo a parole. Nessuno ha un amore più grande di questo, dice Gesù, dare la vita per i propri amici, ed è questo l'Amore di cui mi sono innamorata. Un amore piu' forte della morte e capace di trasformare la morte stessa in vita'.
'In realtà - aggiunge la giovane - tutto pensavo tranne che farmi suora! Ma è così bello affidarsi a chi sai che ti ama! E tutto avviene come 'di nascosto' in quella regione cosi' intima del cuore dove Lui solo abita e a nessuno e' permesso entrare!Io - continua Michela raccontando la sua esperienza - che avrei voluto girare le missioni del mondo mi sono ritrovata a bussare alle porte di un monastero di clausura con nel cuore sempre lo stesso desiderio: riamare il mio Dio e i miei fratelli con tutta me stessa. Lo so, sembra impossibile, e anche per me e' un mistero, ma credo che siano queste grate, che sembrano solo dividere dal mondo e rinchiudere, che in realta' permettono di arrivare al cuore di Dio e, di li', al mondo intero'. Le grate del convento di clausura delle Carmelitane Scalze a Roma.
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