Assomiglia ad una resurrezione dal sepolcro una delle opere di guerra rivendicate direttamente da Banksy e comparsa in una delle città più bombardate all’inizio del conflitto russo-ucraino.
Borodyanka,Ucraina – Banksy (Novembre 2022)
Assomiglia ad una resurrezione dal sepolcro una delle opere di guerra rivendicate direttamente da Banksy e comparsa in una delle città più bombardate all’inizio del conflitto russo-ucraino: una ginnasta, leggera e sicura, danza su di un cratere che ha sventrato un edificio. La leggiadria e la forza dell’amore danza sugli squarci arroganti dell’odio e della sua violenza. L’atleta sta in equilibrio, esegue il suo numero sulle asperità appuntite del buio, sui limiti fragili dei piani di morte dell’uomo.
Salda, in tensione, in posizione: i muscoli appena accennati, un corpo pronto e allenato regge il suo passato, non si arrende al suo presente e, in qualche modo, osa già scalfire il suo futuro. Un atto di personale coraggio che diventa, forse, un atto politico di resistenza: non ai carriarmati, ma al male più profondo. Non una resistenza che risponde con armi, non una resistenza che è clandestino nascondimento e segreta opposizione, bensì una resistenza che è decisione di non lasciarsi imbruttire dalla realtà del male, dalla realtà del peccato.
C’è un particolare che non si riesce bene a cogliere: attorno al collo della ginnasta potrebbe esserci un ornamento facente parte della coreografia così come un collare, protesi temporanea. Qualora fosse vera questa ultima interpretazione, ecco che la ragazza danzante diverrebbe l’immagine di chi danza nel bel mezzo della consapevolezza di un dolore visto e soprattutto patito: si danza non nonostante il dolore, ma anche nel dolore e questo è il grido più assordante che l’uomo può volgere all’altro uomo. Il grido di chi, scegliendo l’amore anche ferito e violentato, rinuncia a divenire bestia. Il grido di chi, risalendo dalla paura e dall’attacco, non si piega e non si schiera sotto bandiere di partito, ma manifesta la bellezza come vera dichiarazione politica. Il grido di chi di fronte al dramma di diritti violati, con un’esibizione delicata ricorda che il buco nero della crudeltà inghiottirà tutte quelle coscienze che, sempre colpevoli, hanno parlato, fotografato, proclamato, postato, sparato, ordinato, ma non hanno amato.
Salda, in tensione, in posizione: così l’atleta ci provoca, così ci chiede se siamo gente allenata o floscia, consapevole o indifferente, sveglia o sopita, addirittura in coma. La ginnasta ci attrae, ci cattura in mezzo alle macerie che sono resti di vittime e condanna di carnefici, ci porta curiosi dentro il suo numero per stare sospesa all’improvviso, nel bel mezzo del giro, per domandarci, schietta: sei uno spettatore o ti rendi conto di dove sei? Stai per far partire l’applauso alla mia performance o hai capito dove ci troviamo?
Salda, in tensione, in posizione: aspetta una nostra risposta. Anzi, la risposta di ciascuno. “In questo mondo leggi e studi per sapere o per partecipare? In questo mondo viaggi e lavori per abitudine o per costruire? In questo mondo corri e ti affanni per amore o non sai nemmeno bene tu perché?” Domande quasi arroganti, invadenti, presuntuose perché ce le rivolge una emerita sconosciuta, che non sa nulla di noi. Eppure il cratere di nulla su cui danza le dà il diritto di darci fastidio e di inquietarci.
Salda, in tensione, in posizione: come sta la tua coscienza?
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