Riportiamo la trascrizione dell'intervento di don Fabio Attard ai giovani nel cortile di Valdocco
Una delle cose belle che ho sperimentato in questi anni è stata la possibilità di visitare più di 70 paesi in tutto il mondo. E devo dire che l'incontro con i giovani, specialmente della vostra età — 18, 19, 20 anni, vero? — è sempre qualcosa di speciale.
Io vi dico solo una cosa: guardate alla vostra esperienza personale come a un regalo. Cioè, abbiate la capacità, quando al mattino vi guardate allo specchio e dite "Oh, come sto?", di sorridere. Perché una persona che al mattino si presenta davanti allo specchio e riesce a fare anche solo un piccolo sorriso… quella è una persona sana. Questa è la prima cosa.
La seconda cosa è questa: non abbiate paura di guardare in faccia la povertà nascosta. Voi la conoscete meglio di me. Voi sapete — anche se non lo dite — che incontrate amici e amiche che stanno passando un brutto momento: per motivi familiari, personali, d’amore, di mancanza d’amore, di dipendenze, e tanto altro ancora.
Davanti a queste situazioni, abbiamo due possibilità. La prima è dire: “Eh dai, non esagerare.” Ma l’altra è anche solo dire: “Ciao, come stai?” E basta. Non devi fare altro.
Lo dico perché per anni ho lavorato con giovani provenienti da ambienti difficili: droga, prostituzione, criminalità. Stranamente — e lo dico con cautela — è un ambiente molto bello. Non nel senso romantico del termine, non è da esagerare. Dipende cosa intendiamo per bello. Noi, da fuori, lo vediamo come tragico — e lo è, in parte — ma se entri nelle scarpe di quel ragazzo che ha visto sua mamma prostituirsi, o di quella ragazza che non ha avuto scelta nella vita… allora cambia tutto.
Io posso stare lì a far finta di niente, o peggio, a giudicare. E noi preti questo pericolo ce l’abbiamo sempre dietro l’angolo. Ma posso anche stare lì a contemplare la ricchezza nascosta dietro una grande povertà.
Mi ricordo una storia, e con questa concludo. Ero direttore di una casa famiglia. Una mamma, che faceva "il mestiere più vecchio del mondo" — e voi sapete qual è — aveva due figli. Un giorno la vedo arrivare. Ho pensato: “Ecco, ci siamo, terza guerra mondiale!” Poi uno impara a prenderla con calma. Comincia a gridare… Io l’ascolto. A un certo punto mi guarda negli occhi e dice: “Don Fabio, zitto! Tu sai quello che io faccio, vero? E allora sappi una cosa…” e con il dito così, mi dice: “Sappi una cosa: anche io ho il cuore di una mamma.”
Quella scena, capitata circa 32 anni fa — era il ’93 o il ’94 — è ancora viva dentro di me. E mi ha insegnato che ci sono ambienti da cui forse è meglio stare lontani, ma anche che c’è un modo di starci vicino: con rispetto, con amore, senza giudicare.
Ecco, io credo che nel cuore di ogni giovane — e io dico: di tutti — c’è un punto di bontà. A volte la storia ci ha buttato sopra un po’ di sporcizia, di sofferenza, ma quel punto di bontà non sparisce. E quel punto di bontà ce l’avete tutti voi. È la vostra vita.
Voi non “avete” un futuro. No, voi siete il presente! Ma vi rendete conto? Quando in una giornata fai anche solo un piccolo gesto di bontà, vai a dormire e puoi dire, come si dice in francese: “Oui, j’ai fait quelque chose de bon.”
Semplicemente essere presenti. Io, ovunque vado, cerco sempre di incontrare i giovani. Quando vi ho visto, ho detto: “Oh, eccoli lì.” Noi, a volte, siamo un po’ allergici ai complimenti, ma io dico: sto incontrando giovani santi. Sì, santi — senza virgolette.
Cosa vuol dire “santità”? Vuol dire essere capaci di fermarsi, di prendere i famosi pit stop nella vita, come nella Formula 1, e chiedersi: “Dove sto andando?” O anche solo: “Mi sto lasciando trascinare?” E va bene anche dire: “Oh no, male!”
Ne ho incontrati, sapete? Alcuni dicono: “Io faccio quello che voglio!” Bene, non voglio convincerti. Ti dico solo: hai una scelta. E se ti senti povero, non c’è problema. Ci sono spazi, persone, esperienze.
E quel punto di bontà che avete, per favore, non lo date via. Non vi svendete. Mi capite cosa sto dicendo? Non diventate cibo per l’algoritmo!
Io sono estremamente interessato all’intelligenza artificiale. Quando preparo una conferenza, uso Perplexity, ChatGPT, Gemini, Claude… passo ore per costruire un argomento. È una cosa straordinaria. Però, oh: comando io. La mia vita è mia.
Magari qualcuno dice: “Eh vabbè, è il solito prete, è anziano…” Può darsi. Ma quello che vi sto dicendo non ha a che fare con l’età. È una questione di vita. Di scelte.
Abbiate il coraggio di dire: “La vita è mia. Mi è stata donata. È un regalo. E io non la vendo.” Punto. E voi siete capaci di questo.
Avete paura? Sì, ci sta. “Mi vergogno un po’…” Va bene. Ma io dico sempre: va bene anche vergognarsi. L’importante è non tradire sé stessi. E se sei contento di essere contento… che bene è!
E termino con un’ultima storia. Spesso la racconto.
Un uomo è venuto da me per confessarsi. “Padre, sono 33 anni che non mi confesso.” Io sono abituato a gente difficile. Gli ho detto: “Bene!” — lui pensava che non avessi capito. Ripete: “33!” — “Sì, ho capito! Bello!”
Non lo so dove stesse lui in quel momento, ma mi ha detto: “Padre, voglio riscoprire l’amicizia con Gesù.” E io: “E che ti pare? Vieni qua!”
Ma ti rendi conto? Prima ancora di entrare qui, la grazia di Dio ti aveva già raggiunto. Anzi: non ti ha mai lasciato.
E allora cercate la bontà, la verità, il desiderio di qualcosa che abbia senso. Aprite la Bibbia ogni tanto. E ora basta, padre, stai predicando troppo!
Godetevi la giornata. Pregate per me, ogni tanto. Anche solo un’Ave Maria, è tutto quello che vi chiedo.
Ciao, carissimi.
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don Fabio Attard (XI Rettor Maggiore dei Salesiani)
Trascrizione non rivista dall'autore
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