Caro Domenico, continua ad inquietarci, perché le mezze misure non ci accontentino più... Si può essere veri cristiani solo se si punta alla santità. Non si tratta di fare chissà che cosa...
del 06 maggio 2006
“Domenico Savio? Ma per favore… un reperto archeologico, da tenere in qualche museo… E poi uno così, sempre perfettino… sembra fatto di plastica!”
 
Qualche volta capita di sentire espressioni di questo genere. Il fatto è che per alcuni Domenico è un po’ troppo esagerato, rischia di essere “dolciastro”, più vicino a un manichino che a un ragazzo in carne ed ossa.
Certi valori legati alla sua figura e alla sua storia, ci vanno stretti; oggi sono fuori moda: i nostri giovani hanno bisogno di altro! Sorridiamo con compassione di fronte a uno che ci parla di Gesù e Maria come dei suoi migliori amici, che vive la Messa come il centro della sua giornata e ha una grande devozione per il Santissimo Sacramento… Uno che fonda un gruppo intitolato a Maria Immacolata e passa le sue giornate tra i ragazzi peggiori dell’oratorio di don Bosco per portarli a conoscere il Signore… Uno che continuamente sottolinea il valore della Confessione e l’importanza per un giovane di aver un cuore puro!
 
“Sì, sì… tutte belle cose, ma Domenico – ci verrebbe da dirgli – la vita è tutta un’altra faccenda, dai… un pò di buon senso: non esageriamo!”.
A guardar bene, alla luce del nostro caro “buon senso”, si dovrebbe riconoscere in Domenico più che un santo, un folle, uno troppo “impallinato”… un quindicenne che ha vissuto una vita, per noi oggi irraggiungibile, fuori dai nostri schemi e che quindi ormai ha ben poco da trasmetterci.
É sempre così: la cosa più facile, quando si ha a che fare con il Vangelo e con le persone che l’hanno vissuto o che tentano di viverlo, è di reagire bollando le esperienze che ci propongono o come qualcosa di bello ma per noi irrealizzabile, o ridicolizzandole come retrogradi… da medioevali!
Domenico ci fa paura… e ci dà fastidio. Sì, ci va bene accendere una candelina davanti alla sua statua, magari la sera prima dell’interrogazione di matematica, ma non ci va per niente bene che lui illumini la nostra mediocrità e che ci svegli dalla sonnolenza delle nostre giornate.
La sua vita è troppo vertiginosa, troppo esposta al freddo dei mattini di inverno: è meglio stare nel tepore, o meglio nella tiepidezza della nostra normalità, in cui non facciamo del male a nessuno… ma neanche del bene. Domenico è scomodo, perché è “del Signore” di nome e di fatto. E quelli che sono tutti di Gesù ci danno le vertigini.
 
Caro Domenico,
continua ad inquietarci, perché le mezze misure non ci accontentino più... Si può essere veri cristiani solo se si punta alla santità. Non si tratta di fare chissà che cosa. Facci scoprire che il Signore veramente ci vuole bene, che Lui solo è il più grande esperto della nostra vera felicità. Chi si fida di lui non resta deluso. Ad ogni età possiamo vivere la stessa vita di Gesù, per le nostre povere mani può passare il suo amore…
Ospitare nelle nostre diocesi, nei nostri oratori, nelle nostre scuola, l’urna contenenti i resti del tuo corpo, ci ricordi che sei uno di noi, che non sei nato santo, e neppure lo sei diventato automaticamente. Ma anche per te è stato un camminare giorno per giorno, sperimentando la gioia della presenza del Signore, la fatica di donarsi veramente agli altri…Anche tu hai sentito il peso del fallimento, e lo stupore di essere gratuitamente perdonati; conosci meglio di noi la bellezza e la profondità a cui può arrivare un’amicizia, l’entusiasmo nello stare insieme, ma allo stesso tempo sai bene quanto costi fare ogni giorno il proprio dovere.
Di fronte alle tue reliquie, abbiamo finalmente l’occasione di convincerci che la santità non è una bella favola, ma può diventare carne e sangue: anche la nostra carne e il nostro sangue; possiamo sperimentare che non c’è nessuno per cui il Signore non abbia pensato qualcosa di grande, da incarnare nella banalità di ogni giorno. Ricordaci che si può diventar santi stando allegri! Che non c’è difetto, carattere… addirittura peccato che affidato a Gesù, magari attraverso le mani della Madonna, sia un ostacolo insormontabile alla nostra santità!
 
 
 
ALCUNI EPISODI VITA DI SAN DOMENICO SAVIO
 
 
Nella Prima Comunione a sette anni tracciò il suo progetto di vita: 'Mi confesserò molto sovente e farò la comunione tutte le altre volte che il confessore mi darà licenza. Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non peccati'.
Accolto dodicenne da D. Bosco nell'Oratorio di Torino, gli chiese di aiutarlo a 'farsi santo'. Mite, sempre sereno e lieto, metteva grande impegno nei doveri di studente e nel servire in ogni modo i compagni, insegnando loro il Catechismo, assistendo i malati, pacificando i litigi...Un giorno disse ad un compagno appena arrivato all'Oratorio: 'Sappi che noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri'. Procuriamo 'soltanto di evitare il peccato, come un grande nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore, di adiempere esattamente i nostri doveri'.
Fedelissimo al suo programma, sostenuto da un'intensa partecipazione ai sacramenti e da una filiale devozione a Maria, gioioso nel sacrificio, fu da Dio colmato di doni e carismi. L'8 Dicembre 1854, proclamato il dogma dell'Immacolata da Pio IX, Domenico si consacrò a Maria e cominciò ad avanzare rapidamente nella santità.
Nel 1856 fondò tra gli amici la 'Compagnia dell'Immacolata' per un'azione apostolica di gruppo. Mamma Margherita che era scesa a Torino per aiutare il figlio sacerdote, un giorno gli disse: 'Tu hai molti giovani buoni, ma nessuno supera il bel cuore e la bell'anima di Savio Domenico'. E spiegò: 'Lo vedo sempre pregare, restando in chiesa anche dopo gli altri; ogni giorno si toglie dalla ricreazione per far visita al SS.mo Sacramento... Sta in chiesa come un angelo che dimori in Paradiso'.
Pio XI lo definì: 'Piccolo, anzi grande gigante dello spirito'.
 
 
1. Il giorno pi√π bello
 
Ricordando la sua prima Comunione, si vedeva sul suo volto una gioia viva. Diceva: “Quello fu per me il giorno più bello. Veramente un grande giorno!” Scrisse alcuni ricordi che conservava gelosamente e che rileggeva sovente. Eccoli:
“1. Mi confesserò molto sovente e farò la Comunione tutte le volte che il confessore me lo permetterà.
2. Voglio santificare i giorni festivi.
3. I miei amici saranno Ges√π e Maria
4. La morte, ma non peccati”
 
 
2. La formula “magica”
 
“Domando che mi aiuti a salvarmi l’anima e a farmi santo”: questo biglietto mandato da Domenico, fu preso sul serio da don Bosco che lo chiamò e gli disse:Ti voglio regalare la formula della santità. Stai bene attento.
Primo: allegria. Ciò che ti turba e ti toglie la pace non viene dal Signore.
Secondo: doveri di studio e di pietà. Attenzione a scuola, impegno nello studio, impegno nella preghiera. Tutto questo non farlo per ambizione, per farti lodare, ma per amore del Signore e per diventare un vero uomo.
Terzo: far del bene agli altri. Aiuta i tuoi compagni sempre, anche se ti costa sacrificio. La santità è tutta qui.
Domenico da quel giorno ci provò...
 
Un giorno un ragazzo portò all’Oratorio un giornale poco “pulito”. Subito gli si radunarono intorno cinque o sei amici. Guardavano, ridacchiavano. Domenico si avvicinò, prese dalle mani del proprietario il giornale e lo stracciò. Il ragazzo si mise a protestare, ma Domenico protestò anche lui, a voce ancora pià alta:
- Belle cose porti dentro l’Oratorio! don Bosco si rompe la schiena tutto il giorno per fare di noi dei bravi cristiani e onesti cittadini, e tu gli porti in casa questa roba. Quei giornali offendono il Signore, e qui dentro non devono entrare!
 
 
3. Una scintilla che gli infiammò il cuore
 
Domenico dimorava all’Oratorio da sei mesi, quando ascoltò una predica sul modo facile di farsi santo. Il predicatore espose tre pensieri che gli fecero grande impressione: è volontà di Dio che tutti ci facciamo santi; è assai facile riuscirvi; un grande premio è preparato in cielo per chi si fa santo.
Per Domenico quella predica fu come una scintilla che gli infiammò il cuore. Per qualche giorno non disse nulla, ma era meno allegro del solito. I suoi compagni se ne accorsero, e me ne accorsi anch’io. Temendo che ciò provenisse da un nuovo peggioramento della sua salute, gli domandai:
- patisci qualche male?
- anzi patisco qualche bene! - rispose scherzando.
- cosa vuoi dire?
- Voglio dire che sento un grande desiderio, un vero bisogno di farmi santo. Io non credevo di potermi far santo con tanta facilità. Ma ora che ho capito che si può diventar santi stando allegri, voglio assolutamente, ho assolutamente bisogno di farmi santo. Mi dica come devo comportarmi per cominciare sul serio.
Lodai la sua decisione, ma lo pregai di non perdere la calma, perché quando non si è nella pace non si può conoscere la volontà del Signore. Gli dissi che prima di tutto doveva conservare un’allegria serena e costante. E poi doveva ogni giorno compiere i suoi doveri. E gli raccomandai di non trascurare mai la ricreazione: giocare ogni giorno allegramente con i suoi compagni era cosa gradita a Dio
 
 
4. L’anima del cortile
 
Nel tempo libero, Domenico era l’animatore del gioco e dell’allegria. La sua maniera di comportarsi, di parlare, faceva del bene a tutti. Anche nel pieno dell’allegria era gentile e ben educato. Se uno parlava, non lo interrompeva. Ma quando poteva, prendeva lui in mano la conversazione. Sapeva contare mille storie allegre, come anche discutere di storia e matematica. Se la conversazione scivolava verso il basso, come borbottare di qualche cosa, parlar male di qualcuno, Domenico sapeva farla tornare in su. Gettava là una battuta, raccontava una favola buffa, e tutti ridevano e dimenticavano i discorsi maligni. Il pensiero di fare del bene a tutti lo accompagnava sempre.
La sua serena allegria, la sua mite vivacità lo rendevano caro anche ai ragazzi che in fatto di preghiera e di chiesa la pensavano molto diversamente da lui. Ognuno provava piacere a stare con lui, e vedeva nei suoi suggerimenti l’interessamento di un amico.
 
 
5. Anche lui a scuola
 
“Quando mi incontrava per strada era tutto contento, e mi salutava per primo con molto rispetto. Poi cominciò a venire anche lui a scuola, e in poco tempo fece molto progresso nello studio, perché era intelligente e si impegnava molto. Doveva stare insieme ai ragazzini maleducati, ma non l’ho mai visto bisticciare. Se qualcuno lo provocava, lo offendeva, non rispondeva agli insulti, ma si allontanava. Non l’ho mai visto partecipare a giochi pericoloso o disturbare in scuola.
Molte volte altri ragazzi lo invitavano ad andare con loro a far dispetti alle persone anziane, a tirare sassi, a rubare la frutta, a fare monellerie in campagna. Ma lui non ci andava, anzi, faceva capire che non erano belle imprese.”
 
 
6. “Maria, vi dono il mio cuore”
 
La sera della festa, 8 dicembre, finite le celebrazioni, dopo aver ottenuto il parere favorevole del sacerdote da cui si confessava, Domenico andò davanti all’altare della Madonna. Rinnovò gli impegni della sua prima Comunione, poi si affidò alla Madonna con queste precise parole:
“Maria, vi dono il mio cuore, fate che sia sempre vostro. Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei. Ma per pietà, fatemi morire piuttosto che mi accada la disgrazia di commettere un solo peccato”. Dopo essersi affidato in maniera totale alla Madonna, la sua maniera di vivere diventò così eccellente che cominciai a prendere nota di ciò che faceva e diceva, per non dimenticarlo. Giunto a questo punto della mia narrazione, mi trovo davanti una quantità di fatti e di atteggiamenti di Domenico degni di attenzione. Perciò non esporrò le cose secondo l’ordine del tempo, ma le raggrupperò secondo il loro argomento. Le esporrò in piccoli capitoli, cominciando dallo studio del latino, che fu il primo motivo per cui Domenico venne in questa casa di Valdocco.
 
 
7. “La prima traduzione del latino”
 
La gioventù è un’età volubile: quando si è giovani si cambia rapidamente parere, propositi, desideri. Non è quindi raro che un giovane oggi decida una cosa e domani un’altra, oggi sia pieno di buona volontà e domani si abbandoni allo scoraggiamento. Se non c’è una persona che gli stia accanto con attenzione amorevole, può capitare che un ragazzo ben avviato finisca fuori strada. Non capitò così a Domenico. Tutte quelle buone qualità che abbiamo visto nascere e crescere in lui nei primi tempi della sua vita, crebbero in maniera meravigliosa, e in modo tale che una buona qualità non fu mai di danno a un’altra buona qualità.
Giunto nella casa dell’Oratorio, salì nel mio ufficio per mettersi -come diceva- interamente nelle mani dei suoi superiori. Il suo sguardo fu attirato da un cartello che porta a grandi lettere una frase che San Francesco di Sales ripeteva sovente: Da mihi animas, coetera tolle. Lesse attentamente. Io desideravo che ne capisse il significato, perciò lo invitai, anzi lo aiutai a tradurre quelle parole latine: O Signore, datemi anime, e prendetevi tutte le altre cose. Egli rifletté un momento poi disse: “Ho capito. Qui non si cerca di guadagnare denaro, ma di guadagnare anime per il Signore. Ho capito. Spero che anche la mia anima sia guadagnata dal Signore”.
 
 
8. Estasi
 
Un altro giorno, terminate le preghiere di ringraziamento dopo la Messa, sto per uscire dalla sacrestia quando sento dietro l’altare una voce. Sembra uno che discuta. Vado a vedere e trovo Domenico che parla, poi si arresta come per ascoltare la risposta. Fra le altre cose, sentii chiaramente queste parole: “Si, mio Dio, ve l’ho già detto e ve lo dico di nuovo: io vi amo e vi voglio amare per tutta la mia vita. Si, preferisco morire che offendervi”.
Qualche volta gli domandai che cosa facesse quando ritardava a uscire di Chiesa. Con semplicità mi rispondeva: “povero me, mi prende una distrazione, perdo il filo delle preghiere e mi pare di vedere cose tanto belle che ore volano via in un momento”.
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