Dopo aver lasciato Nyinenyang e Matar e gli altri villaggi nuer, ora sono arrivato in una nuova missione a Pugnido, al centro della zona di etnia anyuak...
del 31 ottobre 2014
Carissimi amici, come state?
Spero bene, intanto vi mando i saluti da Pugnido, un bellissimo villaggio a 110 km a sud di Gambella, circa tre ore di jeep, vicino al confine con il sud Sudan, dove sono arrivato ormai da due settimane.
Dopo aver lasciato Nyinenyang e Matar e gli altri villaggi nuer, ora sono arrivato in una nuova missione a Pugnido, al centro della zona di etnia anyuak.
La missione è proprio molto bella e molto grande: al centro c’è la Chiesa, rotonda, a forma delle loro capanne, poi c’è l’asilo, che accoglie ogni giorno circa 200 bambini, l’Hostel Program che ospita circa 70 studenti dai villaggi più lontani che vogliono finire le superiori qui a Pugnido, l’oratorio con i campi da gioco e un’ampia sala incontri, i pozzi per l’acqua per la gente, l’orto e una grande pezzo di terreno per l’agricoltura e infine la casa del parroco.
Il tutto creato e fatto crescere da due bravissimi missionari salesiani, don Giorgio e Giancarlo. Il primo ora è partito per l’Italia lunedì scorso per passare un momento in famiglia e per curarsi, ha 71 anni e tra reumatismi, forse una operazione all’anca, udito e riposo, starà via dei mesi. Il secondo tiene l’economia della missione di Pugnido da Gambella, dove dirige i laboratori della scuola tecnica salesiana, e ha 69 anni. Ecco spiegato il motivo del mio cambio di missione e del perché sono arrivato qui. L’idea alla fine è di lavorare tutti insieme a Pugnido, salute permettendo.
Vi racconto un po’ di questa nuova missione partendo dalla mia giornata tipo:
- sveglia attorno alle 6.00, tra lavaggio, preghiera e colazione
- per essere pronti verso le 7.30, arrivano i catechisti, le maestre, gli operai e si inizia a vedere che lavori ci sono da fare con i catechisti, si salutano gli studenti degli hostel che vanno a scuola, si fa un giro per le classi dei bambini dell’asilo, si parla un po’ con tutti cercando di conoscerli.
- Verso le 9.30 lezione di anyuak: preparazione della Messa al pomeriggio, lettura, traduzione, nuovi termini…
- Alle 11.00 pranzo dei bambini dell’asilo, presenza.
- Poi preparazione del mio pranzo, ormai sono quasi diventato un provetto cuoco, con quello che c’è naturalmente, poi un po’ di riposo.
- Alle 15.00 apre l’oratorio e mi tuffo con i ragazzi, dove faccio amicizia e pratica di anyuak, con tante risate per quello che dico.
- Alle 17.00 S. Messa con tutti quelli che vogliono e ogni giorno, almeno fino ad ora, abbiamo in chiesa dalle 100 alle 150 persone, tra ragazzi e giovani, è un momento molto bello.
- Alle 18.00 saluti fuori della Chiesa anche se, naturalmente, nessuno vuole andare a casa e allora: a pac, a pac ( che vuol dire a casa)…
- Poi una breve preghiera, cena, qualche notizia e a nanna.
Venerdì, sabato e domenica viene il bello: partenza all’alba per visitare le cappelle, cioè le piccole chiese che in diversi anni sono sorte, nei villaggi lontano da Pugnido, e sono ben 12: Ateti, Gog dipac, Janjor, Aukoy, Tata, Olau, Two, Shintoia, Burangel, Pocialla, Otiel e il campo profughi attaccato a Pugnido. Così a turno, ogni 15 giorni, passiamo in ciascuna cappella, visitando la comunità per la S. Messa, vedendo come sta la gente, incoraggiando i nuovi arrivi.
La vita della gente si avvicina molto a quella dei villaggi dove ero prima: vivono in capanne di legno, fango e paglia, vicino o in mezzo alla foresta perché sono soprattutto cacciatori o pescatori, a Pugnido passa un importante fiume che poi arriva al Nilo, il Gilo. Coltivano granoturco, orzo e qualche ortaggio. Ma mi riservo più avanti di raccontarvi di più degli anyuak.
Infine vorrei ringraziare di cuore tutte le persone che ho incontrato nel mese scorso di settembre passato in Italia, ringraziarle per l’amicizia che ci lega da poco o da tanto tempo e il sostegno che ho ricevuto, sempre molto generoso da parte di tutti. Vorrei potervi ringraziare facendovi arrivare il sorriso di questi bambini che ogni giorno ti accolgono pieni di vita, la speranza di un qualche futuro negli studenti dell’Hostel, di finire la scuola, magari trovare un lavoro, farsi una famiglia, il grazie negli occhi di tanti uomini e donne che vengono aiutati dalla missione in qualche modo.
Un saluto affettuoso e ricordateci nella preghiera
A presto
Abba Filippo
don Filippo Perin
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