La lettera apostolica in forma di motu proprio Porta fidei di Benedetto XVI addita Maria donna di fede esemplare in vari eventi biblici. Maria ci viene presentata quale «figura compiuta della fede». Ella, specifica il Vaticano II, «riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede».
L'Anno della fede inizierà l'11 ottobre prossimo, 50° anniversario dell'apertura del Concilio vaticano II e 20° anno dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica.
La lettera apostolica in forma di motu proprio Porta fidei di Benedetto XVI (11.10.2011), nel rilevare che «sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede», addita Maria donna di fede esemplare in vari eventi biblici (n. 13). In chiusura esorta i credenti: «Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata beata perché ha creduto (Lc 1,45), questo tempo di grazia» (n. 15).
Benedetto XVI nell'esortazione Verbum Domini (2010) presenta Maria quale «figura compiuta della fede» (n. 27). Ella, specifica il Vaticano II, «riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede» (LG 65). Il documento della Cei Educare alla vita buona del Vangelo (2010), scrive: «Maria, donna esemplare, porge alla Chiesa lo specchio in cui essa è invitata a riconoscere la propria identità» (n. 56). Paolo VI nella Marialis cultus (= MC) indica la Vergine modello della Chiesa nell'esercizio del culto: Vergine in ascolto (n. 17), Vergine in preghiera (n. 18), Vergine Madre (n. 19), Vergine offerente (n. 20), Vergine, maestra di vita spirituale (n. 21).
Siamo invitati a riconoscere la nostra identità di credenti in Maria nell'esercizio del culto, poiché «l'intellectus fidei (l'intelligenza della fede) è sempre originariamente in rapporto con l'azione liturgica della Chiesa» (Sacramentum caritatis, 34). Proprio durante le omelie liturgiche Ambrogio di Milano ricordava ai suoi fedeli: se un credente cresce nella fede, diviene Maria. Egli predicava: «Quando l'anima comincia a convertirsi, viene chiamata Maria, riceve cioè il nome della donna che ha portato Cristo nel grembo». Altrove il grande pastore milanese aggiungeva: «Non tutti sono perfetti, non tutti sono Maria... Tu compi... la volontà del Padre per poter essere madre di Cristo».
Il credente può raggiungere l'identità discepolare della Vergine seguendo questo percorso biblico-liturgico.
1. La Vergine in ascolto del Signore (MC 17) all'Annunciazione (Lc 1,26-38) è mostrata poi come la credente (Lc 1,45). Nell'enciclica Redemptoris Mater (= RM), Giovanni Paolo II descrive la beatitudine di Maria che ha creduto (nn. 12-19). Poi afferma: «A ragione, dunque, nell'espressione "Beata colei che ha creduto" possiamo trovare quasi una chiave che ci dischiude l'intima realtà di Maria» (Ivi). L'identità della Madre del Signore è quella di essere la credente. Al n. 14, Giovanni Paolo II paragona la fede di Maria a quella di Abramo «nostro padre nella fede» (Rm 4; Gal 3,6-7). Pertanto – continua il Pontefice – come «la fede di Abramo costituisce l'inizio dell'antica alleanza», così «la fede di Maria nell'Annunciazione dà inizio alla nuova alleanza» (RM 14). La centralità unica della Vergine nella pienezza del tempo salvifico si spiega dal fatto che ella è la credente per eccellenza, pistéusasa (Lc 1,45), participio aoristo greco che ha funzione di definizione, dichiarazione di identità, ed è la prima beatitudine che incontriamo nel NT. La sua maternità è frutto esclusivo della fede.
L'Annunciazione va vista come una liturgia della Parola: concerne la rivelazione di Dio, evidenzia il primato della Parola nella vita spirituale dei fedeli. Maria annunciata ricorda alla Chiesa celebrante: a Dio che parla nel rito, si risponde con l'ascolto docile e obbediente (cf Es 19,8; 24,7). Il discepolo ascoltatore è esortato a divenire egli stesso il realizzatore della Parola che si è rivolta a lui, poiché: res nostra agitur, ogni parola di Dio parla a noi, parla di noi.
2. L'Annunciata diviene annunciatrice. La Visitazione di Maria alla parente Elisabetta (Lc 1,39-45) segna l'inizio dei viaggi missionari di Gesù per mezzo della Madre. Questo evento, in cui ella, arca della nuova alleanza che porta in sé il Figlio di Dio, già produce i suoi frutti di salvezza: notiamo la professione di fede e la preghiera di lode di Elisabetta, l'effusione dello Spirito quale Pentecoste iniziale, la gioia messianica e la santificazione del Battista, la famiglia di Zaccaria visitata dal Signore.
La Visitazione della Vergine agli inizi della salvezza si prolungherà e dilaterà nella "visitazione" degli Apostoli dopo la Pentecoste, quando non ci sarà un'altra partenza di Maria verso la casa di Zaccaria, bensì la partenza degli Apostoli verso i popoli della terra. Lei in quel momento sarà presente per sostenere e accompagnare i nuovi annunciatori con la sua protezione materna e orante. «Stella dell'evangelizzazione» (Evangelii nuntiandi, 82), ella occupa un posto di rilievo nell'evangelizzazione: la prima evangelizzata splende quale insostituibile evangelizzatrice.
3. Vergine offerente (MC 20). Nella presentazione del Figlio al tempio «per offrirlo al Signore» (Lc 2,22), la Madre è unita al Figlio in un'unica offerta: ella presenta «la vittima santa, a Dio gradita » (san Bernardo). Già si prefigura lo Stabat Mater ai piedi della croce e si profila l'Unum olocaustum ambo (Christus et Maria) pariter offerebant: «L'unico olocausto offerto nello stesso tempo da ambedue: da Cristo e da Maria» (Arnaldo di Chartres, + dopo il 1156). Nell'offrire il Figlio, la Vergine rappresenta la Chiesa chiamata a celebrare il mistero di Cristo, che perpetua nel tempo umano il sacrificio gradito a Dio Padre. Fin dalla Presentazione ella vive una sorta di "Eucaristia anticipata", che avrà il suo compimento nell'unione col Figlio nella passione e si esprimerà dopo la Pasqua nella sua partecipazione alla Celebrazione eucaristica (cf Ecclesia de Eucharistia, 56). Donna nuova ed eccelsa figlia di Sion, Maria è contemplata come l'alba del genere umano, l'aurora del tempo salvifico, colei che prepara il cuore dei figli verso la pienezza della Cena pasquale.
4. Vergine in preghiera (MC 18). Dopo l'Ascensione del Figlio, la Madre sta nel Cenacolo (At 1,14) orante con i discepoli «assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli, nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). Ma quale Madre dei discepoli ella è la capofila e la capocoro della Chiesa celebrante. La tradizione iconografica siro-orientale la raffigura orante, con le mani alzate al cielo e intronizzata alla destra del Figlio, quale mesitéia, "interceditrice", e déesis, "intercessione permanente". Nella Chiesa ella non svolge funzioni ministeriali come Pietro, non percorre il mondo per evangelizzare come Paolo. Nella Chiesa lei è la madre che veglia, serve, soprattutto prega e ama.
5. Icona dello statuto discepolare del credente: culto a Dio e impegno di vita.
La dichiarazione della Vergine: «Avvenga di me (fiat mihi) secondo la parola del Signore! » rivela «un desiderio gioioso di collaborare a ciò che Dio prevede per lei. È la gioia dell'abbandono totale al buon volere di Dio» (I. De La Potterie). La sua domanda di chiarificazione all'angelo: Quomodo fiet istud? è per un'assoluta obbedienza, in vista dell'offerta della propria libertà al Signore.
Memori che l'esortazione della Vergine alle nozze di Cana: «Fate quello che vi dirà! », significa altresì: «Fate tutto quello che ha fatto lui!», ossia «Continuate a compiere le sue opere!», fin dall'antichità «i fedeli cominciarono a guardare a Maria per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita» (MC 21). Nel suo fiat oblativo, i credenti riscontrano la vera libertà che cerca la perfetta gloria di Dio, la salvezza delle anime e il bene della società umana. Per questo la invocano: Vere libera, serva nos liberos!: «O veramente libera, mantieni noi liberi!».
Sergio Gaspari
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