Il medico raccontò come la morte per sete lo avesse messo innanzi a situazioni cliniche al limite del sopportabile. L'unica differenza tra i suoi pazienti e quelli in stato vegetativo, come Brophy, Terri Schiavo ed Eluana: lo stato di coscienza. Per cui i piccoli potevano lamentarsi, comunicare a voce la propria sofferenza fisica. Non piangere, però, in quanto la disidratazione porta via anche le lacrime...
del 03 febbraio 2009
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Togliere a una persona il sondino che la nutre è assolutamente innocuo. È un buon modo di morire. Probabilmente il modo migliore di morire, dopo l’aneurisma». Nel 2003 Michael Schiavo, il marito di Terri Schindler, rilasciò questa dichiarazione durante il noto talk show americano di Larry King, sostenendo che la moglie dovesse essere 'liberata' al più presto dallo stato vegetativo. Insomma, chiedendo che le fossero tolti cibo e acqua, come si è deciso per Eluana. Questa frase sembra essere rimbalzata nel tempo, e nello spazio, per arrivare oggi sulle pagine di quasi tutti i giornali nostrani, nei dibattiti televisivi e radiofonici, nei blog: morire di fame e di sete? Non fa male. È innocuo. E poi Eluana non se ne accorgerà nemmeno, «non è cosciente».
 
Nel 1986, anni prima che la vicenda Schiavo e quella Englaro portassero le condizioni dei pazienti in stato vegetativo alla ribalta della cronaca, negli Stati Uniti – e precisamente in Massachusetts – un pompiere di nome Paul Brophy fu 'condannato' a morire di fame e di sete dai giudici, in seguito alle richieste insistenti dei suoi familiari. Aveva 45 anni, ed era in stato vegetativo da tre. Moglie e figli sostennero che più volte, verbalmente, l’uomo avesse dichiarato di preferire la morte a una vita simile. Il caso fece molto scalpore oltreoceano per due motivi: era la prima volta che un paziente americano moriva in seguito alla decisione di un tribunale di interrompere alimentazione e idratazione artificiali; durante l’iter processuale un giudice della Corte Suprema del Massachusetts, Neil Lynch, dichiarandosi contrario alla decisione della maggioranza dei suoi colleghi presentò una relazione – stilata da un gruppo di medici esperti – sulle conseguenze concrete della rimozione del sondino naso-gastrico.
 
Il documento in questione descrive minuziosamente la morte per fame e per sete, con particolari anche molto crudi. E, si badi bene, non dice niente di originale o diverso rispetto a quello che si può trovare scritto in ogni manuale di medicina, alla voce 'disidratazione', per esempio. Cioè, che morire di sete – perché nel caso della rimozione di un sondino naso-gastrico il paziente muore principalmente proprio a causa della disidratazione – è atroce. A partire dalla durata dell’agonia: da cinque giorni per i soggetti più fragili fisicamente (anziani e bambini) al massimo di tre settimane. Un lasso di tempo interminabile, in cui il corpo si consuma lentamente a causa della secchezza dei tessuti, alla disidratazione delle pareti dello stomaco (che provoca spasmi) e delle vie respiratorie. In cui la pelle si ritira, gli occhi si incavano, la temperatura corporea aumenta inesorabilmente in seguito alla mancanza di sudorazione.
 
E in cui le mucose si inaridiscono, il naso sanguina, le labbra e la lingua si spaccano, proprio come hanno dimostrato di sapere i giudici della Corte d’Appello di Milano, che nella sentenza che lo scorso luglio ha sancito il distacco del sondino di Eluana si sono 'raccomandati' che quelle mucose venissero bagnate, per evitare che la giovane donna soffra. O mostri la sua sofferenza.
La lista degli 'orrori' del giudice Lynch fece il giro d’America, sollevando non pochi dubbi sulla liceità della sentenza, che fino a quel momento era stata presentata all’opinione pubblica come un atto di 'liberazione' del tutto innocuo.
 
Lo stesso ospedale dove il pompiere era ricoverato, il New England Sinai Hospital, si oppose a che una simile morte potesse avvenire all’interno della propria struttura, per giunta coadiuvata dal personale sanitario. Il documento di Lynch fu poi inutilmente impugnato dai familiari di Terri Schiavo: di più, nel caso della giovane donna fu anche raccolta la testimonianza di un medico, David Stevens, specializzato nel campo della disidratazione nell’infanzia e che aveva maturato un’esperienza di quindici anni in Africa, accanto ai bambini denutriti. Il medico raccontò come la morte per sete lo avesse messo innanzi a situazioni cliniche al limite del sopportabile. L’unica differenza tra i suoi pazienti e quelli in stato vegetativo, come Brophy, Terri Schiavo ed Eluana: lo stato di coscienza. Per cui i piccoli potevano lamentarsi, comunicare a voce la propria sofferenza fisica. Non piangere, però, in quanto la disidratazione porta via anche le lacrime.
 
Nel 1986 Paul Brophy, in quelle condizioni disumane, rimase in vita otto giorni. A Terri Schiavo andò peggio: tredici interminabili giorni di denutrizione la ridussero in uno stato fisico indicibilmente penoso, al punto che alla stessa madre – in seguito a un malore – fu impedito di vederla nelle ultime ore. Eluana Englaro, come loro, non è attaccata a una 'spina', non è tenuta in vita da macchinari o con medicinali. Apre e chiude gli occhi, di notte dorme, la mattina si risveglia, il suo corpo ha lottato per la vita 16 anni, ha avuto persino la forza di superare, recentemente, una grave emorragia. Ma certo, Eluana non parla. Non interagisce con gli altri. E non piange. Quanto tempo durerà la sua silenziosa agonia?
 
Viviana Daloiso
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