“per movimento ecumenico si intendono le attività e le iniziative che, a seconda delle vari necessità della Chiesa e l'opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei cristiani...”(Concilio Vaticano II)
del 01 marzo 2002
Deriva dal greco, vuol dire l’intera terra abitata, ed è a volte usato per descrivere gli sforzi per promuovere l’armonia fra i rappresentati di tutte le varie religioni o ancor più fra tutti popoli.
Due i fattori di primaria importanza nel rapporto tra Chiesa Cattolica e ecumenismo, grazie al Concilio Vaticano II.
1. Fattore teologico: l’unità delle Chiesa universale viene compresa come unità di Chiese locali, ognuna delle quali professa la stessa fede, celebra gli stessi sacramenti e condivide la stessa vita secondo la struttura che è stata trasmessa attraverso le epoche dal tempo degli Apostoli.
2.Le comunità cristiane divise già condividono molte cose in comune.
Lo scopo del movimento ecumenico è di lavorare sulla comunione che già esiste per arrivare alla pienezza, l’unità voluta da Cristo nella Chiesa.
La testimonianza comune per la pace, la giustizia e l’integrità della creazione appare essere una via importante nella quale i cristiani, nonostante le loro divisioni, hanno la possibilità di agire insieme.
Dal Dizionario Teologico Enciclopedico
NOVO MILLENNIO INEUNTE
lettera apostolica di Giovanni Paolo II all’episcopato, al clero, ai fedeli al termine del Giubileo del 2000 -
Facendoci fissare lo sguardo su Cristo, il Giubileo ci ha fatto prendere più viva coscienza della Chiesa come mistero di Unità. In quanto suo Corpo, nell’unità prodotta dallo Spirito Santo, essa è indivisibile.
La realtà della divisione si genera sul terreno della storia, nei rapporti tra i figli della Chiesa, quale conseguenza dell’umana fragilità nell’accogliere il dono che continuamente fluisce dal Cristo.
Il ricordo del tempo in cui la Chiesa respirava con “due polmoni” spinga i cristiani d’Oriente e d’Occidente a camminare insieme, nell’unità della fede e nel rispetto delle legittime diversità, accogliendosi e sostenendosi a vicenda.
Dalla comunione intra-ecclesiale, la carità si apre per sua natura al servizio universale, proiettandoci nell’impegno di un amore operoso e concreto verso ogni essere umano.
Un nuovo secolo, un nuovo millennio si aprono alla luce di Cristo. Non tutti però vedono questa luce. Noi abbiamo il compito stupendo ed esigente di esserne il “riflesso”.
In questi ultimi anni la Chiesa ha tentato di delineare un rapporto di apertura e dialogo con esponenti delle altre religioni. Il dialogo deve continuare. Nella condizione di più spiccato pluralismo culturale e religioso tale dialogo è importante anche per mettere un sicuro presupposto di pace e allontanare lo spettro funesto delle guerre di religione. Il nome dell’unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace.
Ma il dialogo non può essere fondato sull’indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi. Non dobbiamo aver paura che possa costituire offesa all’altrui identità ciò che è invece annuncio gioioso di un dono che è per tutti, e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”. Questo tuttavia non ci impedisce di andare al dialogo intimamente disposti all’ascolto.
Laura Valeri, Betta
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