Ecumenismo, occorre spirito di discernimento

Il dialogo non si improvvisa. Richiede competenza e spirito di discernimento. E richiede soprattutto la capacità di operare alcune fondamentali distinzioni. In campo ecumenico c'è un dialogo della carità che è fatto di accoglienza, di ascolto e stima reciproca.

Ecumenismo, occorre spirito di discernimento

da Teologo Borèl

del 28 novembre 2008

Quando si parla di dialogo (sia ecumenico, sia interreligioso), non si può generalizzare. Nel campo dei rapporti tra i cristiani, ad esempio, bisogna distinguere tra dialogo della carità e dialogo della verità. Nel confronto tra le diverse religioni, invece, è necessario rifuggire da atteggiamenti ingenui o dal mettere tra parentesi il proprio credo. Nella seconda giornata del convegno nazionale degli incaricati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo, tocca a monsignor Angelo Amato fissare alcune linee di fondo, spesso ignorate da una certa teologia troppo progressista o dall’irenismo estremo di alcuni ecumenisti.

Il dialogo non si improvvisa – ricorda invece il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, già segretario dell’ex Sant’Uffizio –. Richiede competenza e spirito di discernimento. E richiede soprattutto la capacità di operare alcune fondamentali distinzioni. In campo ecumenico c’è un dialogo della carità che è fatto di accoglienza, di ascolto e stima reciproca. E c’è un dialogo della verità, la cui via è spianata dal primo, che necessita invece di comprensione, pazienza e riguarda contenuti teologici non negoziabili. Sono convinto – ha detto l’arcivescovo – che le visite, l’amicizia, lo scambio dei doni riescono a diradare la densa nebbia dei pregiudizi storici e psicologici. Ma è necessario anche il dialogo nella verità. In sostanza, ha spiegato il prefetto, i due dialoghi procedono a diverse velocità e su diversi binari, ma alla fine sono convergenti. Il dialogo della carità è certamente più veloce, ma il dialogo della verità fa luce sul molto che ci unisce e su ciò che ancora ci divide. Altrettanto importante è avere le idee chiare sul dialogo interreligioso.

La sua finalità, ha ricordato l’arcivescovo, non è, come alcune correnti teologiche o teosofiche lasciano intendere, il raggiungimento di una religione universale, sincretistica, che riconosce un minimo comune denominatore presente in tutte le religioni. Si può e si deve, invece, discutere di pace nel mondo, tutela della libertà religiosa, protezione della vita soprattutto se indifesa. E naturalmente non bisogna omettere l’approfondimento. È sbagliato fare tabula rasa della propria identità cristiana – ha messo in evidenza monsignor Amato –. Molti teologi, per esempio, per arrivare ad un Dio comune a tutti, mettono tra parentesi Cristo. Ma – ha sottolineato il relatore – per entrare nel territorio religioso altrui la propria carta di identità è il miglior passaporto. Dunque, ha concluso l’arcivescovo, il dialogo interreligioso non elimina l’evangelizzazione, che costituisce la missione fondamentale della Chiesa, secondo il comando di Gesù. Nella seconda giornata del convegno ci sono state anche prove concrete di dialogo. Con gli ortodossi, ad esempio. È chiaramente emersa – ha detto monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni Narni Amelia e presidente della Commissione episcopale che organizza il simposio – la volontà di vedersi con regolarità per affrontare congiuntamente problemi, sfide e proposte riguardanti la presenza ortodossa in Italia ( più di un milione e 200mila persone). Da parte dei vescovi ortodossi presenti è giunto alla Chiesa italiana un sentito grazie per l’accoglienza ricevuta nelle diocesi. “È salito il livello dei rapporti”, ha sottolineato l’arcivescovo Innokentij del Patriarcato di Mosca. Mentre il metropolita Gennadios del Patriarcato di Costantinopoli ha aggiunto: “Il dialogo dell’amore, base al dialogo teologico, ci fa camminare sulla via dell’unità.”

Significativa anche la presenza delle Chiese della Riforma. Nel pomeriggio di ieri la Commissione episcopale presieduta da monsignor Paglia ha tenuto una riunione congiunta con il Consiglio direttivo della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei). L’incontro ecumenico di Sibiu e il recente Sinodo, ha fatto notare Paglia, mostrano che con i protestanti la Parola di Dio è un terreno fertile, anzi il campo più propizio per continuare il dialogo e confrontarsi su temi come la salvaguardia del creato, la pace e le radici cristiane dell’Europa. Convinzione espressa lunedì anche dal segretario della Società biblica in Italia, Valdo Bertalot e ieri da Domenico Maselli, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei).

 

Mimmo Muolo

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