"Quando una sola persona è in adorazione davanti al Santissimo, tutti quelli a lei spiritualmente uniti, sono lì davanti alla Presenza". La nostra vocazione ci colloca dentro l'intimità di un cenacolo dove tutto ruota attorno all'Eucaristia che è frutto dell'ardente desiderio di Gesù di rimanere con gli uomini.
del 15 novembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 Premessa
          Credo di poter dire che si tratti di un evento storico: è la prima volta, infatti, che delle monache di clausura varcano questa soglia. Ed è, del resto, la prima volta che monache del nostro Istituto ottengono il permesso di uscire per presenziare a una così significativa manifestazione.L’angelo del Quirinale
          L’immagine che abbiamo scelto per questa serata dal titolo 'Eucaristia e Bellezza', non è casuale. Si tratta, infatti, del particolare di una decorazione presente nel palazzo del Quirinale, all’ombra del quale la nostra esperienza ha avuto origine.Non è casuale inoltre per il soggetto in sé.L’angelo sereno nel volto e serio nello sguardo regge da un lato calice e ostia e dall’altro un libro aperto con sette sigilli. Il rimando all’apocalisse è evidente: l’apostolo Giovanni fu colto dal pianto per non vedere alcuno capace di sciogliere i sigilli del libro della storia. Il pianto fu consolato da un angelo, appunto, che additò a Giovanni l’Agnello ritto e Immolato, Cristo: l’unico capace di scioglierle i sigilli del libro e di leggerlo. Solo l’Agnello immolato, e dunque ucciso, ma ritto e perciò risorto, è in grado di interpretare il senso cifrato della storia. Nell’angelo del Quirinale abbiamo una trasposizione del simbolo: dall’agnello, all’ostia con il calice. Segni del Cristo sacrificato eppure glorioso. Questa immagine allora -anche per il luogo ove è collocata che ebbe da sempre a che fare con la vita politica di Roma (e non solo)-, ci dice anzitutto che l’Eucaristia ha a che fare con la storia. L’Eucaristia getta un raggio di luce sulla storia degli uomini come ci ha ricordato Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica, Ecclesia de Eucaristia.          Questa fu l’intuizione che duecento anni fa venne rivelata alla giovane novizia sr. Maria Maddalena: nell’anno della rivoluzione francese dentro la parete del suo umile refettorio ella vide - quasi come in un film - gli sconvolgimenti che avrebbero attraversato l’Europa, la Chiesa, il papa e udì il Signore indicarle l’Eucaristia come rimedio e luce.E proprio all’ombra del Quirinale, qualche anno più tardi, partì la sua esperienza: ella additò al Papa, ai nobili e al clero, ai politici del suo tempo che solo dentro il Mistero dell’Agnello ritto e immolato, l’uomo avrebbe ritrovato le coordinate del suo esistere e la luce necessaria per interpretare le sfide della storia.Sacra Conversazione con i Santi Gioacchino e Anna
          Cambiamo immagine. Questa è la riproduzione della pala d’altare della Chiesa dei Santi Gioacchino ed Anna al Quirinale. Ogni giorno, durante la celebrazione, la Madre e le sue prime compagne, i fedeli che fin da principio si affiancarono alla piccola comunità contemplavano questa sacra conversazione.In un tempo in cui la filosofia illuminista aveva compromesso il rapporto con il passato e con i valori della tradizione, questa scena aveva un grande valore educativo.Qui infatti vediamo generazioni a confronto: ci sono gli anziani Gioacchino e Anna e i due giovani sposi, Maria e Giuseppe. Mani e teste dei quattro ruotano attorno ad un centro che è il Bambino Gesù. Un Gesù nudo e incoronato di luce che guarda rapito la croce che lo stesso padre putativo, Giuseppe, gli porge. Nella nudità e nell’aureola abbiamo un rimando alla condizione gloriosa di questo Bimbo, dunque alla sua futura risurrezione, alla sua vittoria sul peccato e sulla morte, mentre nella croce - che egli quasi avidamente accoglie - abbiamo il rimando alla sua umanità e alla sua futura passione. È in definitiva qui rappresentato il Mistero pasquale, attorno al quale tutte le generazioni sono raccolte e per mezzo del quale dialogano. Sant’Anna tiene in grembo il divino Infante, sant’Anna che è certo la prima titolare della Chiesa, ma sant’Anna anche perché è la più anziana delle due donne e nel diritto ebraico è la donna preposta all’educazione dei figli. Maria, estatica, è l’unica ad avere un’aureola luminosa simile a quella di Gesù, eppure è la più umile: tiene il capo chino, rivolto all’anziana genitrice in ossequiosa obbedienza, senza tuttavia distogliere lo sguardo dal Figlio. Gioacchino alza la mano benedicente, come gli antichi patriarchi solevano fare con i loro discendenti. É il padre però, Giuseppe, che tiene in mano il segreto destino di quel Figlio, tutto inscritto dentro a una croce. Quando si ha un centro, sembra dire il gruppo familiare, ciascuno ha il proprio ruolo e il proprio valore. Anche Madre Maria Maddalena volle additare con la sua vita e la vita dei suoi Monasteri posti nel cuore della Città, un centro verso il quale tutti potessero convergere, ritrovando il loro giusto posto e la loro armonia. Per questo fin da principio il Monastero si rivelò metà ambita da laici di ogni ceto e cultura: nobili e popolani, dotti ed analfabeti, giovani e vecchi e tutti trovavano pace e ristoro.In lei l’amore per la tradizione della Chiesa si sposò con l’apertura alla novità dei carismi, a una vita profetica capace di interpretare il presente alla luce del passato.Il Cenacolo di Leonardo
          Ed eccoci alla terza immagine. Questa immagine getta un ponte ideale tra il luogo in cui ci troviamo e la nostra vocazione: il cenacolo appunto. Si tratta del Cenacolo di Leonardo, opera riportata alla ribalta di recente da un fortunato quanto scorretto romanzo. La nostra vocazione trova le sue radici proprio in quella Cena, ultima e ardentemente desiderata da Gesù.Una luce dentro e una luce fuori
          Leonardo nel dipingere la sua opera tenne in gran conto l’ambiente del refettorio domenicano di Santa Maria delle Grazie, dove era situata, accordando sapientemente gli spazi reali con quelli fittizi creati dalla sua genialità e dalla sua arte. Se osserviamo sono due le fonti luminose del dipinto. Una luce irrompe dalle finestre sullo sfondo. È una fonte luminosa dentro al dipinto stesso. Un’altra viene da sinistra, cioè dalle reali finestre del refettorio, la fonte di riferimento, dunque, si trova all’esterno del dipinto.Potremmo dire che l’intimità dell’ultima cena è attraversata da una luce dentro e una luce fuori. Una luce interna e una luce esterna: questo fa pensare.Anche la nostra vocazione ci colloca dentro l’intimità di un cenacolo dove tutto ruota attorno all’Eucaristia che è frutto dell’ardente desiderio di Gesù di rimanere con gli uomini. Ma la nostra vocazione ha anche, per così dire una luce dentro e una luce fuori. La presenza del Signore è la Luce “dentro”, una luce che tutto e sempre vivifica dall’interno: il cuore, gli affetti, l’agire umano, il culto, persino la fede.Questa luce “dentro” non può essere conculcata e necessariamente si sprigiona all’esterno. La luce non conosce limiti filtra ovunque trovi spazio, fessure aperture: la luce è per sua natura “missionaria”. Dunque anche la nostra vita claustrale è, da un lato essa stessa fonte di luce e dall’altro in dialogo con una luce che viene dall’esterno, dalla vita quotidiana, dalla storia, dalla città in cui essa vive e si esprime. Uno di voi mi tradirà
           Leonardo questo ha voluto anzitutto dire: l’amore di Dio si è rivelato come luce dentro le ombre della storia. La luce divina è entrata in dialogo con la luce dell’amore e dell’intelligenza umana, della bellezza.          Il dipinto s’ispira infatti al momento in cui Cristo proclama: uno di voi mi tradirà. Questa frase è come un boato che rompe l’intima dolcezza dell’ora e scuote gli apostoli i quali ondeggiano come spighe agitate da venti contrari. Il loro ritmico oscillare s’infrange nel vuoto che si viene a creare tra Giovanni e Gesù, tra il discepolo amato e il Maestro- Amore. In quel vuoto sta inscritta tutta la solitudine di Cristo, la solitudine dell’ora buia del tradimento, In questo vuoto sono iscritte tutte le ore buie della storia.I nostri Monasteri sono nati molto spesso nelle ore più buie della storia, nelle ore in cui bene e male condividono la stessa mensa. Il primo Monastero vide i suoi natali in piena rivoluzione francese: fu l’unico istituto fondato in quei giorni di terrore, l’ultimo Ordine della storia della Chiesa. Un altro, molto vicino all’opera di Leonardo, quello di Monza, venne fondato, similmente al Monastero romano, proprio mentre tutti gli Istituti religiosi venivano soppressi, durante il Risorgimento. Ancora l’Ordine ebbe una grande espansione oltre Oceano e in particolare in Messico proprio mentre più feroce era la persecuzione, all’epoca dei Cristeros.Così, nel corso dei secoli molti Cenacoli di Adoratrici testimoniano all’uomo che nessuna ombra può conculcare la luce della verità. Non c’è disorientamento ce non possa essere superato allorché ci si rivolga al vero centro della storia che Cristo stesso, come Giovanni Paolo II nei suoi ventisei anni di Pontificato non ha mai cessato di annunciare.Pani e calici
          Non c’è calice davanti a Gesù, non c’e calice perché pani e calici si sono moltiplicati sulla tavola. In quest’opera l’ultima cena e la moltiplicazione dei pani si assommano entro l’unico Mistero. Gli apostoli, accuratamente descritti con caratteristiche proprie, riassumono qui l’intera umanità idealmente raccolta attorno a questa mensa dove si dispensa un cibo eterno. Dalla fonte del sacrificio di Cristo scaturisce una grazia perpetua.Perpetua è anche l’aggettivo che descrive la vocazione delle adoratrici. Noi adoriamo giorno e notte ininterrottamente il Signore Presente nell’Eucaristia in una catena di preghiere che abbraccia il mondo intero.Quando una sola persona - diceva Madre Maria Maddalena- è in adorazione davanti al Santissimo, tutti quelli a lei spiritualmente uniti, sono lì davanti alla Presenza. Nell’offerta di chi adora converge il lavoro, la fatica, la gioia e la lotta quotidiana di tutti gli altri, dell’intera città anzi, del mondo.Per questo la Madre pur fortemente radicata nell’amore per la Chiesa non restringeva mai ai confini della stessa la sua preghiera, ella insegnò a quanti l’accostavano a dilatare il cuore e lo sguardo verso tutti: cattolici e fratelli sperati dell’oriente e dell’occidente, ebrei e mussulmani, atei e peccatori, nobili e principi, governanti e politici.          La civiltà dell’amore tanto auspicata dagli ultimi papi era il grande sogno di Madre Maria Maddalena. Una civiltà edificata attorno a quel pegno sicuro di gloria e di salvezza che è l’Eucaristia.Alla nota domanda: quale salvezza salverà il mondo risponde la vita e l’opera di Madre Maria Maddalena. È la bellezza della vita offerta che salverà il mondo; è la bellezza della divina Presenza che riscatterà l’uomo dalla solitudine e dalla morte.
Sr Maria Gloria Riva
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