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Fecondazione eterologa, molto più di un divieto

Scendiamo nel concreto, e seguiamo Marco e Giovanna, un'immaginaria coppia che non riesce ad avere figli per vie naturali. Il problema è di Giovanna, in menopausa precoce. I due chiedono l'eterologa. Cosa potranno domandare al centro di procreazione assistita? Potranno scegliere la donna da cui prendere gli ovociti, magari guardando diverse foto su un catalogo apposito?


Fecondazione eterologa, molto pi√π di un divieto

da Quaderni Cannibali

del 19 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

          Non è possibile occuparsi di questioni giuridiche in biopolitica senza conoscere nel dettaglio le procedure su cui ci si deve pronunciare: si rischiano giudizi astratti, che fanno perdere di vista i punti cruciali della situazione.

          Vediamo ad esempio la recente sentenza della Corte Costituzionale sulla legittimità del divieto alla fecondazione eterologa. Correttamente, la Consulta ha rimandato indietro il quesito ai tre tribunali civili che lo avevano posto, chiedendo di riconsiderare il tutto alla luce della sentenza definitiva della Corte di Strasburgo dei diritti dell'Uomo. Rovesciando un suo pronunciamento precedente, la Corte europea ha infatti stabilito che il divieto alla fecondazione eterologa non viola la Convenzione per i diritti dell'uomo e rientra legittimamente nei margini di autonomia dei singoli stati membri. Una buona sentenza, all'interno della quale tuttavia si nega il vuoto normativo che comporterebbe l'eventuale eliminazione del divieto di eterologa dal testo della legge 40.

          Ma se si è disposti a entrare nel merito del percorso che richiede questa tecnica, si può ben capire quanto sia astratto un giudizio del genere.

          Scendiamo nel concreto, e seguiamo Marco e Giovanna, un'immaginaria coppia che non riesce ad avere figli per vie naturali. Il problema è di Giovanna, in menopausa precoce. I due chiedono l'eterologa. Cosa potranno domandare al centro di procreazione assistita a cui si sono rivolti? Potranno scegliere la donna da cui prendere gli ovociti, magari guardando diverse foto su un catalogo apposito, a cura del Centro stesso? Potranno chiedere un donna che assomigli a Giovanna, perché gli eventuali figli non vengano troppo diversi? Potranno avere una sua foto da piccola, come avviene spesso in centri stranieri? Potranno avere informazioni come il quoziente intellettivo, il grado di istruzione, la religione di appartenenza della 'donatrice'? E potranno escludere che sia di colore? Oppure avranno a disposizione solo informazioni mediche, sul tipo di test cui la donna si è sottoposta? E chi decide tutto questo?

          Marco e Giovanna sanno che la legge 40 li garantisce nei confronti di chi cederà loro i propri gameti: l'articolo 9 prevede che «il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi». Sono confortati, perché non sono certi di voler raccontare a un eventuale figlio come è stato concepito.

          Ma d'altra parte, sono sufficientemente informati per capire che sarà impossibile in futuro, per chiunque, evitare un qualsiasi test genetico. Impensabile, con tutti gli sviluppi della biomedicina, mantenere segreto il fatto che la madre che ti ha partorito non è la stessa che ti ha dato metà del Dna.

          I due giovani si chiedono se sono obbligati a rivelare al figlio la sua origine eterologa. Non potrebbe rimanere solo una notizia riservata ai medici? Ma - si chiedono - a quali medici? Quelli di base, del servizio pubblico? E se invece diranno al figlio la verità, cosa succederà se un giorno questi volesse sapere chi è la madre biologica? Lo potrà fare? La potrà incontrare, conoscere, lei e la sua famiglia, magari con altri figli?

          Adesso queste domande - come molte altre – sono senza risposta, perché non c'è nessuna norma specifica a riguardo. E d'altra parte senza queste indicazioni i centri di Pma non possono cercare gameti da mettere a disposizione: quali garanzie potrebbero offrire ai cosiddetti 'donatori', in mancanza di una legge apposita? Se cadesse il divieto di eterologa per un intervento della Consulta si verrebbe a creare una oggettiva situazione di vuoto normativo, colmabile per la gran parte solo in Parlamento. A meno di ritenere che questioni come la possibilità o meno di conoscere il proprio genitore biologico possano essere decise in un decreto ministeriale o in Conferenza Stato Regioni, cioè con strumenti più veloci di un normale iter di legge. Veramente c'è qualche giurista che lo pensa possibile? Aspetto un parere degli esperti.

          La fecondazione eterologa non è una tecnica medica ma una scelta antropologica ben precisa, che mette in primo piano il diritto a partorire un figlio anche se non è il proprio, pagando il costo di una genitorialità frammentata: tutto questo non si può introdurre per sentenza, fosse pure della Consulta, tanto più se il risultato fosse il ritorno all’insopportabile far west ante-legge 40,

Assuntina Morresi

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