Fede e carità, vincolo indissolubile

Se pero è vero che per il cattolico non c'è vera carità senza fede, è vera anche l'affermazione reciproca: la fede autentica fiorisce necessariamente nella carità. Oggi il rischio prevalente è forse quello opposto: «sostenere un'esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede.

Fede e carità, vincolo indissolubile

 

Il 1° febbraio 20013 Benedetto XVI ha reso pubblico il suo annuale messaggio per la celebrazione della Quaresima, che quest'anno cade nel contesto dell’Anno della fede, dedicato al tema del rapporto tra fede e carità.

Benedetto XVI rimanda alla sua prima enciclica, «Deus caritas est», dove ricordava che  «all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un "comandamento", ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro».

Per non capire male il nesso tra fede e carità occorre ricordare anzitutto che cos'è la fede: «quella personale adesione – che include tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell'amore gratuito e "appassionato" che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo». Rileggiamo ancora la «Deus caritas est»: «Il riconoscimento del Dio vivente è una via verso l'amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell'atto totalizzante dell'amore». Il Papa torna qui su un tema che ha trattato diverse volte in discorsi degli ultimi mesi: per gli «operatori della carità» cattolici è indispensabile la fede. Diversamente, la carità si riduce a mero umanitarismo o peggio si pone al servizio di obiettivi  e ideologie incompatibili con la morale cattolica.          

Se pero è vero che per il cattolico non c'è vera carità senza fede, è vera anche l'affermazione reciproca: la fede autentica fiorisce necessariamente nella carità. «La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); la carità è "camminare" nella verità (cfr Ef 4,15). Con la fede si entra nell'amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30)».          

Dunque l'intreccio fra fede e carità è indissolubile. «Non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una "dialettica"». Da una parte, questo intreccio ci preserva dall'intellettualismo e da una fede meramente astratta: «è limitante l'atteggiamento di chi mette in modo così forte l'accento sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e ridurre questa a generico umanitarismo». Ma oggi il rischio prevalente è forse quello opposto: «sostenere un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal fideismo che dall'attivismo moralista».          

Il Pontefice richiama i recenti discorsi in cui ha messo in guardia le organizzazioni caritative cattoliche da una falsa carità sganciata dall'annuncio della fede e dalla buona dottrina. «La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede (cfr Catechesi all’Udienza generale del 25 aprile 2012). Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine "carità" alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione». Non basta assistere i poveri, occorre annunciare loro il Vangelo.  «Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana».          

Le vere opere di carità «non sono frutto principalmente dello sforzo umano, da cui trarre vanto, ma nascono dalla stessa fede, sgorgano dalla Grazia che Dio offre in abbondanza». La Quaresima dovrebbe aiutarci a capire che esistono sia una «priorità della fede» sia un «primato della carità», e che non sono in contraddizione tra loro. «Il rapporto che esiste tra queste due virtù è analogo a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa: il Battesimo e l'Eucaristia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l'Eucaristia (sacramentum caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se è coronata da essa». Non c'è vera carità senza la fede, non c'è vera fede senza la carità.

 

 

Massimo Introvigne

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