Festa di S. Giuseppe lavoratore - Omelia di Mons. Cafarra

Uno dei segni del carattere trascendente della persona è il suo lavoro: “soggiogate la terra”, dice il Signore all'uomo, come conseguenza del suo essere, “ad immagine e somiglianza di Dio”. Quando si parla di lavoro è della persona che lavora ciò di cui si parla. Il lavoro è un atto della persona o, meglio, è la stessa persona in atto, in azione.

Festa di S. Giuseppe lavoratore - Omelia di Mons. Cafarra

da Teologo Borèl

del 02 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          1. «Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza… Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò». Cari fratelli e sorelle, queste divine parole svelano la ragione ultima della dignità di ogni persona umana: il suo essere “ad immagine e somiglianza di Dio”. Questa dignità ha le sue radici nella relazione che l’uomo ha con Dio in modo esclusivo, in forza della quale risplende nella persona un riflesso della stessa realtà divina.

          Uno dei segni del carattere trascendente della persona è il suo lavoro: “soggiogate la terra”, dice il Signore all’uomo, come conseguenza del suo essere, “ad immagine e somiglianza di Dio”. Nel contesto storico in cui ebbe origine lo scritto sacro, il lavoro coincideva col lavoro di coltivazione della terra, ma il suo significato è più profondo e riguarda il lavoro in tutte le sue forme. Così la Tradizione della Chiesa ha sempre interpretato quel testo.

          Si istituisce dunque un legame indissociabile fra il lavoro e la persona, in forza del quale quando si parla di lavoro è della persona che lavora ciò di cui si parla. Il lavoro è un atto della persona o, meglio, è la stessa persona in atto, in azione. Da questo legame persona – lavoro deriva una conseguenza assai importante: il lavoro è contrassegnato dalla stessa dignità della persona. Ciò che misura in primo luogo il valore del lavoro è il fatto che la persona in azione è “ad immagine e somiglianza di Dio”. È quindi una misura etica.

          Non c’è però dubbio che esiste anche - non può non esistere, deve esistere - un’organizzazione del lavoro umano. Essa ha assunto forme diverse lungo i secoli, ed oggi stiamo vivendo una vera svolta epocale anche in riferimento all’organizzazione del lavoro. Non sono pochi oggi coloro che, pensosi dei destini dell’uomo, ritengono che la svolta possa mettere in discussione il messaggio che il Creatore ha rivolto all’uomo creato a “sua immagine e somiglianza”, di soggiogare la terra.

          Sembra infatti che l’uomo sia diventato incapace di dominare, di orientare quei sistemi e sotto–sistemi che egli stesso ha prodotto. Sembra che sia diventato oggetto di una multiforme, anche se non sempre chiaramente percepibile, manipolazione, mediante tutta l’organizzazione della vita associata, mediante soprattutto il sistema di produzione. Si è forse spenta nella coscienza dell’Occidente la voce risuonata all’inizio della creazione: “soggiogate la terra”? Il segno più preoccupante di questa situazione è che nei nostri giovani si va non raramente estinguendo la capacità e il desiderio di pensare e sperare il futuro.

          2. Cari amici, le parole divine che abbiamo ascoltato sono e rimangono la stella polare che deve orientare tutti in questa situazione. Da essa ci vengono le direzioni fondamentali e i criteri di scelte sapienti e coraggiose. Mi sia consentito richiamarne brevemente alcuni.

          - La stella polare della dignità della persona impedisce di pensare che tutto stia accadendo in modo necessario, deterministico; che l’uomo, al massimo, possa fare qualche aggiustamento di dettaglio, ma che il processo nel suo insieme gli sfugga. Le cose però non stanno così. La persona trascende ogni sistema che essa stessa ha prodotto. È la ragione e la libertà dell’uomo che sono chiamate a decisioni sapienti e forti.

          Ciò è vero soprattutto per chi ha responsabilità politiche. Non possiamo dimenticare certo che la situazione attuale ha messo lo Stato di fronte a vere e proprie limitazioni della sua sovranità. Tuttavia questa congiuntura deve portarci a non sottovalutare la necessità di istituzioni politiche solide e ad un ripensamento e rinnovata valutazione del potere politico. Usando una frase ben nota: l’economia è una cosa troppo seria per lasciarla nelle mani solo degli economisti.

          - La stella polare della dignità della persona deve orientare tutti ad affermare, difendere perseguire quale priorità assoluta, l’obiettivo dell’accesso al lavoro e del suo mantenimento, per tutti. Sarebbe segno di miopia anche da parte della semplice ragione economica, pensare e decidere di rendere il Paese più competitivo a livello interno ed internazionale negando quella priorità.

          Non mi devo addentrare – il Vescovo non lo deve fare – nella modalità anche legislativa per salvaguardare la priorità suddetta. Chiedo solo di guardare ai “costi umani”, che sono già sotto gli occhi di tutti, quando quella salvaguardia è disattesa. E i costi umani finiscono sempre per essere anche fra l’altro costi economici.

          - La stella polare della dignità della persona esige da parte di tutti una grande opera di sapienza. La matrice culturale di cui è ancora in larga misura impastata la dottrina dell’economia e dello Stato, quella utilitaristica, deve essere abbandonata: troppi danni essa ha causato. Sulla base di quella matrice l’Occidente ha costruito una casa per l’uomo nella quale questi non può vivere una buona vita. E’ una casa sempre più inospitale.

          Deve essere sostituita da una casa costituita su matrice personalista: una visione cioè dell’uomo nella quale la relazionalità è dimensione essenziale [Cf. Lett. Enc. Caritas in Veritate, 55].

          Questo passaggio è opera in primo luogo educativa: l’educazione oggi è la prima urgenza; è opera legislativa; è opera di organizzazione dell’economia. E’ un’opera difficile, ma possibile; un processo che esigerà molto tempo, ma non più procrastinabile.

          Cari fratelli e sorelle: le parole della S. Scrittura che hanno guidato la nostra riflessione restano per sempre la magna charta del vero umanesimo. L’uomo non può perdere il posto che gli è proprio nel mondo che egli stesso ha configurato col suo lavoro. E la Chiesa non deve, non vuole essere altro che «il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana» [Cost. past. Gaudium et spes, 76]. Se l’uomo è privato di questo carattere, perde se stesso. Alla fine, questo è il cuore di tutta la problematica circa il lavoro.

Mons. Carlo Cafarra

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