A tre mesi dalla partenza del programma europeo di Garanzia giovani ecco un bilancio in 10 punti di che cosa funziona (poco), quel che non va (molto) e soprattutto ciò che si può migliorare.
Il piano europeo di Youth guarantee, Garanzia giovani, è stato finanziato dall’Unione europea con una dotazione straordinaria di 1,5 miliardi di euro per due anni. Prevede che sia offerta un’occupazione o un tirocinio o un’opportunità formativa o un’esperienza di servizio civile o ancora di indirizzare verso l’autoimprenditorialità i ragazzi tra i 15 e 29 anni che si iscrivono al portale e che firmano un patto di attivazione. Il piano prevede esplicitamente due scadenze: la prima entro 60 giorni dall’iscrizione per la presa in carico del giovane. La seconda, entro 4 mesi, con la formalizzazione di una proposta. Il piano è rivolto ai disoccupati veri e propri entro i 29 anni (circa 700mila gli under 24) e ai 2,2 milioni di Neet (under 29) che non studiano né lavorano.
Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti «solo con un miracolo avremmo potuto fare meglio» l’avvio della Garanzia giovani. Un’affermazione piuttosto azzardata se si guarda ai risultati concreti finora raggiunti.
Ma profondamente vera se si considera che le politiche attive per il lavoro nel nostro Paese sono all’anno zero e che solo in alcune Regioni, quasi tutte al Nord, esisteva una pregressa cultura di intervento attivo a favore dei disoccupati. A tre mesi dalla partenza del programma europeo di Garanzia giovani, allora, ecco un bilancio in 10 punti di che cosa funziona (poco), quel che non va (molto) e soprattutto ciò che si può migliorare.
1) LA PARTECIPAZIONE DEI GIOVANI
L’ultimo bollettino di monitoraggio del ministero del Lavoro parla di 138.083 ragazzi iscritti al programma europeo. Per il ministro Giuliano Poletti si tratta di un dato molto positivo perché sono «giovani che si sono attivati per la ricerca di un’opportunità». In realtà le cifre non sono così confortanti, soprattutto se si considera che i disoccupati nella fascia d’età 18-29 anni sono 1 milione e 289mila. I Neet, cioè coloro che non lavorano né studiano né sono in formazione, tra i 15 e i 29 anni sono 2 milioni e 200mila. I ragazzi iscritti finora, dunque, rappresentano poco più del 6% del target di riferimento.
2) LA COMUNICAZIONE
Una delle cause delle limitate adesioni risiede probabilmente nella campagna informativa sulla Garanzia giovani ridotta al minimo. Solo alcune Regioni, come ad esempio il Lazio, hanno prodotto dei mini-spot, mentre non si è vista una campagna nazionale, se non limitata ad alcuni stereotipati messaggi rivolti alle imprese. Non risulta, ad esempio, alcuna azione sui social network oggi così tanto frequentati dai ragazzi.
Utile sarebbe inoltre una campagna mirata nelle scuole. Vero è che la «macchina» dei centri per l’impiego non avrebbe retto un’adesione più massiccia.
3) LE OFFERTE
È una delle questioni più dolenti. L’ultimo report del ministero parla di 8.733 occasioni di lavoro presenti sul portale. Rispetto alle adesioni sono circa il 6%, ma soprattutto si tratta – come segnalato da un monitoraggio del centro studi Adapt a cura di Umberto Buratti e Carmen Di Stani – per il 90% di offerte di lavoro interinale o a termine, intermediato dalle Agenzie, occasioni d’impiego già presenti anche su altri portali e non mirate.
4) TIROCINI E APPRENDISTATO RESIDUALI
Dovevano essere due strumenti chiave per attivare i giovani e accompagnarli nel mercato del lavoro. Fra le offerte risultano invece marginali: il 7% i tirocini, il 2% l’apprendistato. Vero, purtroppo, che quest’ultima tipologia contrattuale è sempre meno utilizzata nonostante riforme e agevolazioni.
5) IL RUOLO DELLE IMPRESE
La questione delle offerte richiama subito uno dei nodi chiave: senza un forte coinvolgimento delle imprese private la Garanzia giovani non potrà dare risultati concreti significativi. In realtà, nelle ultime settimane il ministero del Lavoro ha stretto diversi accordi di collaborazione – con Confapi, Farmindustria, Confprofessioni e Adepp – oltre a quelli già firmati con alcune grandi società a controllo pubblico. Tuttavia, per ora, manca un impegno visibile delle aziende e di grandi imprenditori in prima persona.
Occorrerebbe invece uno sforzo corale, coraggioso, capace di andare oltre le (reali) difficoltà determinate dalla crisi, per offrire almeno un tirocinio, un contratto a termine e permettere così a centinaia di migliaia di giovani di uscire dall’inattività e misurarsi con un’esperienza di lavoro.
6) COLLABORAZIONE PUBBLICO-PRIVATO
Il 15 luglio il ministero del Lavoro ha siglato un protocollo anche con Assolavoro e Rete Lavoro, le principali associazioni delle Agenzie per il lavoro, con l’obiettivo di «realizzare iniziative di promozione e comunicazione a sostegno del Piano nazionale Garanzia Giovani... promuovere la partecipazione delle Agenzie per il lavoro valorizzando la loro capacità operativa e gli strumenti della somministrazione e dell’intermediazione... sostenere i percorsi previsti dal piano Garanzia giovani attraverso un apposito gruppo di coordinamento nazionale, nel quale valutare i risultati dei programmi e delle azioni realizzate». Stupisce che questo accordo strategico sia arrivato a due mesi e mezzo dall’avvio del programma e dopo ben un anno di preparazione, nonostante fosse ben chiaro che solo una stretta collaborazione e integrazione tra servizi pubblici e privati accreditati per il lavoro possono determinare maggiori possibilità di successo del piano. In molte Regioni questa sinergia non è attiva, ma basti pensare che a fronte di 550 Centri per l’impiego in Italia, gli sportelli delle agenzie per il lavoro sono 2.200.
7) GARANZIA NON GARANTITA
Il programma europeo prevede due scadenze: entro 2 mesi dall’iscrizione il giovane ha diritto ad un primo colloquio di presa in carico. Entro 4 mesi deve ricevere una proposta concreta di formazione, di lavoro o di stage. In alcune Regioni solo ora, a 3 mesi dall’avvio (e quindi dalle iscrizioni) i giovani vengono convocati per il primo colloquio. Secondo l’ultimo report del ministero sono 21.136 i convocati dai servizi e appena 9.164 quelli che hanno già svolto il primo colloquio. Se si considera che al 29 maggio (cioè a 4 settimane dall’avvio, termine per il quale sono ora passati i 2 mesi) si erano già registrati 67.751 giovani, si ha la misura del fatto che per oltre 58mila ragazzi non si è rispettata la prima scadenza prevista dal programma europeo. Non a caso, al 1° luglio, meno della metà delle Regioni aveva avviato i colloqui, dunque la maggior parte dei territori risultava inadempiente e la garanzia non garantita. Ora si approssima la seconda scadenza: l’1 settembre i primi iscritti dovrebbero ricevere la loro proposta concreta personalizzata.
Ma già gli operatori mettono le mani avanti: i 4 mesi scatterebbero non dall’iscrizione al programma, ma dalla firma del contratto di servizio da parte del giovane e della struttura che lo ha preso in carico... Un modo per prendere tempo.
8) MIGLIORE COLLEGAMENTO CON LE SCUOLE
Il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi ha sottolineato come andrebbe ampliato il target di riferimento dell’iniziativa, comprendendo a pieno gli studenti con tirocini e stage. In effetti c’è un problema di 'stock' (i neet) ma anche di 'flusso': coloro i quali finiscono un ciclo di studi e non sanno cosa fare. Per evitare che il flusso vada a ingrossare lo stock occorre agire di più e meglio in collegamento con scuole e università. La Lombardia, ad esempio, ci sta pensando, ma è una pista che occorre battere da subito in tutta Italia.
9) PORTALE DA IMPLEMENTARE
Un altro studio del centro Adapt, curato da Giulia Rosolen, ha messo in luce alcune carenze del portale nazionale che potrebbe essere migliorato con iscrizioni e offerte filtrate e profilate, la creazione di una sezione o un portale a parte per le offerte formative, un ampliamento della sezione documentale.
10) LA PRESA IN CARICO DELLE PERSONE
È in realtà la questione centrale. La Garanzia non è – e non potrebbe essere – l’assicurazione di un posto di lavoro per tutti. Ma – questo sì – la garanzia di non essere lasciati soli ad affrontare un mercato del lavoro in rapido mutamento e per molti del tutto sconosciuto. Ciò che occorre pretendere, allora, dai servizi per l’impiego, siano essi pubblici o privati-accreditati, è un approccio mirato alla persona, una vera presa in carico di tutti e di ciascuno, in maniera che qualcosa resti comunque al giovane in termini di orientamento personalizzato, formazione, accompagnamento, anche se non fosse possibile trovargli un’attività di lavoro. Ed è su questo – almeno su questo – che la garanzia deve essere garantita davvero.
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