Gli occhi della madre

Fra gli oggetti che tendiamo a smarrire ci sono anche certe notizie. Eventi che, a uno sguardo superficiale, sembrano custodire solo un risultato, magari di una partita di calcio. Ma dentro ogni notizia, se cercate bene, c’è più gente del previsto. Talvolta infatti, dietro i protagonisti visibili di un evento ce ne sono altri, più appartati. Seduti magari, in attesa di goal.

Gli occhi della madre


 

di Cristiano Governa, tratto da osservatoreromano.va

 

Fra gli oggetti che tendiamo a smarrire ci sono anche certe notizie. Eventi che, a uno sguardo superficiale, sembrano custodire solo un risultato, magari di una partita di calcio. Ma dentro ogni notizia, se cercate bene, c’è più gente del previsto. Talvolta infatti, dietro i protagonisti visibili di un evento ce ne sono altri, più appartati. Seduti magari, in attesa di goal. Questa è una storia brasiliana. Nel 2019 a San Paolo, a casa di Silvia Grecco e suo figlio Nickollas squilla il cellulare di lei. La donna risponde e apprende che nell’ambito dei premi legati al The Best Fifa Football Awards la Fifa ha inserito nelle nomination del riconoscimento come «Migliori tifosi» lei e suo figlio. Che fanno di speciale in fondo Silvia e suo figlio? Seguono le sorti di una delle squadre di San Paolo, sono tifosi del Palmeiras e vanno allo stadio. Il Palmeiras nasce nell’agosto del 1914, fondato da immigrati italiani. A loro e tutti quanti hanno nel cuore le sorti del Verdeao (verde è il colore sociale) questo club fa compagnia. In Brasile sono tanti ad averlo nel cuore, il vecchio Palmeiras. Ma ancora non è chiaro come mai una donna di mezza età e suo figlio adolescente dovrebbero fare notizia o addirittura vincere il premio Fifa come migliori tifosi del mondo. Il fatto è che il giovane Nickollas è cieco e autistico. Il ragazzo però, allo stadio, “vede” la partita forse più e meglio di tutti gli altri, attraverso gli occhi di Silvia. Sua madre. Seduta al suo fianco, lei lo tocca, gli parla, gli racconta tutto quello che accade in campo durante la gara. Lei gli infila tutto dentro agli occhi «i dettagli legati all’atmosfera nello stadio, le caratteristiche di ogni giocatore, il colore delle loro scarpe e ovviamente il momento più bello è quando posso raccontargli un nostro gol». La sera dei Fifa Awards, Silvia e Nickollas sono sul palco, hanno vinto loro. Lei è vestita di rosso, lui è in completo scuro. Appena ricevuto il premio la prima cosa che Silvia fa è prendere la mano di suo figlio e passarla sopra al premio stesso. Lo deve sentire. Quella è l’urgenza. Poi inizia a parlare e racconta in breve la loro storia, ringrazia tante persone. Silvia parla e di quando in quando osserva Nickollas, lo mostra, orgogliosa, come avesse scoperto un mistero più infinito della capacità di descrivere un gol, gli tocca la mano quando dice che lei è lì per tutti coloro che hanno un figlio con disabilità. Si è sempre da qualche parte per qualcun altro, stavolta è una signora in rosso a insegnarcelo. Non ci sarebbe nulla da vergognarsi a scoprirsi commossi da questa vicenda. Ma il fatto è che questa storia non è ancora finita. Clássico da Saudade basterebbe questa definizione di uno dei derby del calcio brasiliano (quello fra il Palmeiras e il Santos, entrambe di San Paolo) per inumidire gli occhi dei romantici. Ma si tende, spesso, a piangere troppo presto. Ebbene quest’anno il Clássico da Saudade ha coinciso con la finale che assegnava il più prestigioso trofeo del calcio sudamericano: la Copa Libertadores. Era la notte del 30 gennaio e Nickollas ha “visto” la partita dagli occhi di sua madre, di fianco a lui, come sempre. Per tutto il tempo. Anche il recupero. Un folle recupero, arrivato fino al novantanovesimo minuto, quando (con la gara ancora sullo 0-0) un giocatore del Palmeiras butta la palla in area avversaria. Alla fine di quel cross c’è la testa di un giocatore, un tale Breno. Forse non ne sentiremo parlare mai più. Intanto però, quel colpo di testa è finito in rete, il Palmeiras ha vinto, in modo rocambolesco, la Copa Libertadores. Silvia e Nickollas erano lì. Adesso, forse, la storia è finita.

 

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