GxG Magazine Una Terra che è una grazia L/i:/ving Emmaus

Quanta bellezza sta nei dettagli...A volte mi ritrovo a guardare il cielo, fissando le scie degli aerei che solcano tutto quell' azzurro. Il momento più bello è proprio verso sera, quando le scie si tingono di arancione e turchese, tra nuvole che sfumano senza avere dei contorni precisi... sembrano tanti colpi di pennello.

GxG Magazine Una Terra che è una grazia L/i:/ving Emmaus

da GxG Magazine

del 31 agosto 2011

 

Una Terra che è una grazia

          “Partire da Gerusalemme con più di dieci giorni di cammino sulle gambe, con la polvere che penetra nei tuoi piedi, una stanchezza fisica che appesantisce i movimenti, e nonostante ciò, avere la forza di dire sì a quel cammino, dopo aver visto, ascoltato e toccato molto, decidere di voler gustare anche quell'ultimo momento. Desiderare l'ombra per trovare ristoro, e trovare l'ombra camminando al passo del vicino.Fare silenzio e sentire i suoi passi, amare quel rumore. Dalla disperazione alla gioia: questo è Emmaus!Sentirsi smarriti, soli; un'esperienza travolgente sta giungendo a conclusione, ma desiderare ardentemente muovere quel passo, quell'ennesimo passo che saprà scolpirti dentro: è il Signore che ha deciso di camminare al mio fianco senza che me ne accorgessi.           Giungere a Emmaus col sole che s'appresta a cedere il passo alla notte, e a rimanere nel mio cuore; giungere a Emmaus con un sorriso sul volto e sulle labbra una canzone.Riconoscere che Tu hai camminato con me, vedendoTi spezzare il Pane e desiderare, ancora, ardentemente, di stare con Te e di camminare con Te. Domani sarò a casa, resta con me Signore, il sole scende ma se Tu sei con me, non si farà buio nel mio cuore: con Te sono nata, a Betlemme, con Te ho incontrato i Tuoi amici e su quella barca in Galilea mi hai incoraggiata a non temere le tempeste della vita, ma a osare con quell'amore intriso di gioia e passione che solo da Te posso imparare. Con te ho ripercorso la mia vita chiedendoTi dove abitavi, supplicandoTi di rivelarmi quale fosse il Tuo progetto su di me. Le mie lacrime a Canaa sono state un dono come se Tu, con la Tua mano, avessi potuto spazzar via la polvere che si era posata sulla mia vocazione.           Con Te, Gesù, ho vegliato nell'orto degli ulivi, mi hai aiutata a portare la croce e quel sangue, Gesù io Ti ringrazio, è il dono più grande: nessuno, oltre a Te, ha mai dato la sua vita per me.Ho trovato il sepolcro vuoto. Mi hanno chiesto chi cercavo, Tu vivi in me. Ti affido tutta me stessa, ti ho riconosciuto, resta con me: Signore Mio e Dio Mio.”Anna Riesci a trasformare una macchia gialla nel sole?           Quanta bellezza sta nei dettagli…A volte mi ritrovo a guardare il cielo, fissando le scie degli aerei che solcano tutto quell’ azzurro. Il momento più bello è proprio verso sera, quando le scie si tingono di arancione e turchese, tra nuvole che sfumano senza avere dei contorni precisi…sembrano tanti colpi di pennello. Penso alle pennellate che ha lasciato Dio nelle vite di ciascuno di noi da quando siamo tornati da questo viaggio. E spesso stento a credere che sia passato quasi un anno…quando c’ eravamo noi, su quell’ aereo. Quando siamo usciti dal Mar Morto coperti di sale, quando camminavamo in silenzio per le strade di Gerusalemme durante il romitaggio, quando sul lago di Tiberiade pensavamo “e se fosse proprio qui, dov’è ora questo masso, che è avvenuta la pesca miracolosa?” I ricordi sono così vivi…così brucianti a volte. Mi ritrovo a sfogliare il mio quadernino, dove si scontrano verità e debolezze disarmanti, pianti e confidenze di una trasparenza impalpabile, come un velo. Una trasparenza che si può respirare e ancora, non sai definire.            La vita quotidiana è sempre quella, una volta tornati il treno della vita di sempre ha ricominciato la sua corsa: per alcuni, prima piano piano e poi accelerando, trasformando la Terra Santa in un album di ricordi, da rispolverare ogni tanto…per altri, basta guardarsi allo specchio per vedere dentro di sé la cicatrice così viva e vera, il segno più profondo e immenso che ha lasciato questo vivere la Terra Santa. Viverla.Vivere i luoghi dove Tu SEI: dove ti sei fatto bagaglio per entrare in ciascuna delle nostre valigie, più o meno sfatte e da riordinare, valigie in cui hai dovuto e voluto farti spazio a forza, o valigie in cui sei riuscito a riempire spazi ancora tanto vuoti…Dicono che negli occhi delle persone non si veda quello che hanno visto, ma quello che vedranno.            Partiti magari con tanto stupore e aspettativa, tanti chissà e tanti perché, tanti vuoti e tante fatiche…partiti con gli occhi di chi non sa come tornerà, non sa cosa toccherà e cosa vedrà. Ma gli occhi di chi sente, che da questo viaggio è stato chiamato.Io ho visto la bellezza negli occhi di un cieco. Ho visto il coraggio negli occhi di un compagno che piangeva seduto davanti al sepolcro. Ho visto la forza in due gambe stanche dopo quattro ore di camminata nel deserto, fare ancora un passo avanti e chiamare il vicino spronandolo a non fermarsi. Ho visto la felicità in un sì, sofferto e offerto. Ho visto nel perdono di una confessione l’ infinito di un incontro, là dove stanno le verità più scomode. Ho visto la comunione in un prestarsi il sapone per lavare il bucato dopo giorni di fatiche condivise, nel dividere mezza borraccia d’ acqua. Nello spartire il bagaglio dell’ altro quando fai fatica a portare persino il tuo.            E in una piccola valigia ho visto entrare una grazia Infinita, che vuole, ci chiede di essere testimoniata…Portata fino alla fine, fino ai confini delle nostre vite e di chi incontriamo, portata anche quando pesa troppo, anche quando lascia le dita doloranti e crediamo di non farcela, anche quando non ce ne sentiamo degni. Ricordo con chiarezza quando alcuni di noi sono tornati dopo la notte trascorsa al Sepolcro, con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra, e alla domanda “com’è stato?” hanno risposto dicendo “Gesù non c’ era!”…lì non c’ era. Poi ho capito. Gesù lì non c’ era, perché l’avevamo portato noi. Perché sta in noi. Perché è Risorto, non è più lì dove è morto ed è stato sepolto…è in noi, affinché nel mondo possiamo portarlo.            Un nuovo inizio, una strada che non sarà priva di massi, buche, ostacoli e curve nell’ombra…una strada dove può darsi che ci ritroviamo a camminare da soli, perché il vicino non sta al nostro passo o perché non riusciamo a raggiungere gli altri…perché siamo stanchi, perché ci trasciniamo, perché vediamo troppo infinito davanti ai nostri occhi…”quanta strada ho da fare io, ancora quanta strada, ma quanta strada mi hai dato Dio, ancora tanta strada” dice Baglioni. Una pagina bianca, la paura dell’ ignoto e allo stesso tempo il desiderio di scoprire che disegno apparirà… Ora ho solo le forze di chiederti di esserci, semplicemente esserci, vinceremo insieme tutto quello che blocca o fa tremare…vinceremo insieme.  La poesia di un viaggio che, al suo concludersi, porta in grembo una partenza…E partirono…partiamo, senza indugio.  

Elisabetta Venturini

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