Dopo nove giorni dal terremoto un figlio è stato ritrovato: un abbraccio, tante lacrime. Il miracolo della vita si ripete dove la speranza cominciava a spegnersi, sepolta dalle macerie e dall'acqua che quel giorno hanno ingoiato tanti progetti. Quel padre non può smettere di ripetere, di rispondere, ha ritrovato ciò che pareva ormai perduto.
del 31 agosto 2011
 
L’annuncio sensazionale che non puoi delegare ad altri.
          Dopo nove giorni dal terremoto un figlio è stato ritrovato: un abbraccio, tante lacrime. La conferenza stampa è affollata. Il miracolo della vita si ripete dove la speranza cominciava a spegnersi, sepolta dalle macerie e dall’acqua che quel giorno hanno ingoiato tanti progetti.
Quel padre non può smettere di ripetere, di rispondere, ha ritrovato ciò che pareva ormai perduto.
Un inatteso ‘vuoto’
          Quel mattino al sepolcro vanno soltanto alcune donne. Troppo delusi i cuori dei discepoli. ‘Ormai sono passati tre giorni’ ripeteranno i due diretti a Emmaus nel pomeriggio. Quel Maestro tanto potente in parole ed opere era stato ucciso, come tanti profeti o come tanti malfattori. Una croce era stata innalzata vicino a Gerusalemme, quella stessa croce che pesava sul loro cuore di credenti ormai increduli.
          Quelle donne però vanno al sepolcro, rendono omaggio al loro maestro, portano profumi e aromi a per il corpo di quell’Uomo che aveva dato profumo e aroma alla loro vita, che aveva risollevato la loro dignità con una stima che era impossibile dimenticare.
          Il sepolcro però riserva delle sorprese. E’ vuoto. Vuoto! Dove sarà stato portato il Maestro? Un altro oltraggio? Due uomini in bianche vesti rivolgono loro parole impensabili: “Perché cercate il Vivente tra i morti? E’ risorto!”.
          Come raccontare ciò che hanno visto? Già, chi crederebbe a delle donne… Una donna non è degna di fede. Pietro comunque vuole controllare. Giovanni corre veloce e arriva prima, così come l’affetto che sa cogliere e capire più in profondità, ma aspetta Pietro, la guida. Sì, il sepolcro è proprio vuoto… e le bende, che strane… afflosciate quasi, nude sulla pietra.
Il Maestro, il Vivente, non è più lì. Un sepolcro non può trattenere il Signore della vita.
Come tacere questa novità sconvolgente? 
          Ricordo Alberto, non battezzato, che in un’ora di religione mi ha chiesto, “Ma dice sul serio? Lei sta dicendo che quell’Uomo è risuscitato? Se fosse vero nulla sarebbe più la stessa cosa. La vita cambierebbe completamente!”. Un brivido mi aveva scosso a quelle parole… per un istante aveva intuito la portata di questa buona notizia.
E se la vita cambia radicalmente… non si può tacere. Non è possibile!
Non trattenere
          Così è per gli apostoli, così per ogni discepolo in ogni tempo, non è possibile tacere la notizia meravigliosa che un Dio ha dato la vita per me. Che Lui, il più bello tra i figli dell’uomo, ha preso su di sé ciò che mi abbruttisce e mi uccide. Chi rivolgerà lo sguardo a quel volto innalzato non potrà che restarne trasformato, il suo stesso volto esprimerà la gioia, diventerà raggiante. E non potrà che essere contagioso. Pena la non verità di ciò che avrà vissuto, la profondità della liberazione che ne sarà derivata.
          La fede va nutrita, alimentata da tanti piccoli gesti di fedeltà e riconoscenza. I discepoli prima di partire ad annunciare al mondo la bellezza di cui sono diventati i custodi, sostano in attesa del dono dello Spirito. Vegliano, attendono. Così vengono fortificati dal dono dello Spirito di Gesù, del suo caldo amore, resi partecipi del suo legame di Figlio con Padre. Nello Spirito sono resi una cosa sola, un solo corpo, sono Chiesa. Con loro c’è Maria, la madre stessa della Chiesa.
          Con il suo cuore dilatato nell’obbedienza al Figlio sa accogliere e accompagnare ogni credente. Lei che dopo quel primo sì, passo dopo passo ha consegnato tutta se stessa, sa ora vegliare e vincere le resistenze di chi desidera ardentemente verità.
          Maria, dunque, al cenacolo attende l’ennesimo compimento. Presiede a questa nuova nascita, di cui è ancora grembo. Gli apostoli attendono in preghiera, ma chi se non la Madre ha fatto della sua vita stessa una preghiera, una relazione, una consegna al Suo Dio?
          Maria con ogni gesto è testimone di ciò che le è accaduto, è rimando continuo a Colui che dall’eternità ha posato il Suo sguardo su di lei. Nel suo silenzio è custode e riferimento. Non c’è voce autentica se non è stata nutrita nel silenzio, non c’è testimonianza se non c’è profonda intimità.
          Testimoniare il Signore Gesù è lasciar trapelare la ricchezza ricevuta, è osare la coerenza anche nelle difficoltà, è soprattutto lasciarsi muovere da un amore che brucia il cuore, che ci ha fatti innamorare e che non possiamo dimenticare tanto ha ridestato la nostra vita.
Qui e ora
          A tutti in fondo è chiesto di ‘dare la vita’: i piccoli gesti, quelli che non vede quasi nessuno ma che danno sapore alle nostre giornate e a quelle di chi vive attorno a noi, sono occasioni di testimonianza. Basta una parola, un sorriso, condividere una speranza anziché una lamentela, incoraggiare in un’offerta al cielo che ricorda che non siamo soli, anziché avvallare uno scoraggiamento. Dare ragione del perché un Volto è diventato familiare, condividere come quel Crocifisso-Risorto è entrato ed è di casa nella nostra vita.
          Più questa relazione sarà vera, più la fecondità che ne deriverà sarà misteriosamente efficace. Darà frutti impensati e sarà davvero dono alla Chiesa, in quel profondo legame che è la comunione dei santi, di coloro cioè che sono uniti a Cristo.  E non dimentichiamoci mai che la fede ha una dinamica strana: più la si dona, più cresce e si rafforza. Si fa un dono… e lo si riceve moltiplicato.
 
Sr Francesca Venturelli
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