Tra gli uomini veramente consapevoli dei grandi cambiamenti portati nella nostra storia da quello che è stato denominato il “secolo breve”, cioè il Novecento, e nello stesso tempo molto sensibili in particolare alla problematica religiosa, spicca la figura dello svizzero-tedesco Hans Urs Von Balthasar.
del 12 gennaio 2006
Tra gli uomini veramente consapevoli dei grandi cambiamenti portati nella nostra storia da quello che è stato denominato il “secolo breve”, cioè il Novecento, e nello stesso tempo molto sensibili in particolare alla problematica religiosa, spicca la figura dello svizzero-tedesco Hans Urs Von Balthasar.
Nato a Lucerna, in Svizzera, nel 1905, e morto nel 1986, si laurea in Filosofia e diventa Gesuita, operando in una città culturalmente vivace come Monaco di Baviera, tra il 1938 e ’39, per poi passare a Basilea, in Svizzera, nel 1940, e dedicarsi a varie attività, soprattutto alla formazione di studenti e interessarsi degli anziani.
Nel 1941 abbandona la Compagnia di Ges√π, restando sacerdote diocesano.
Un primo suo scritto significativo è Abbattere i bastioni del 1952, in cui, nel clima del Secondo Dopoguerra e della guerra fredda, invita la Chiesa cattolica ad uscire dalla sua chiusura autodifensiva e a rinnovarsi, aprendosi al complesso mondo moderno, contribuendo così a preparare il clima che sfocerà nel rinnovamento del Cattolicesimo legato successivamente al Concilio Ecumenico Vaticano II del 1962-65.
Egli richiama pure l’attenzione dei cattolici e di tutti gli uomini di buona volontà a concentrarsi sull’essenziale nella sua nuova opera Solo l’amore è credibile del 1963, sottolineando che il gesto supremo dell’amore di Dio per l’uomo, che lo rende massimamente credibile, è Cristo crocifisso, come martire per l’uomo.
Il discorso viene sottolineato e continuato in Cordula, ovvero il caso serio del 1966, che mette l’accento sull’identità del cristiano come consistente soprattutto nel seguire Cristo, anche fino al martirio, in un secolo come il 1900, che come “secolo violento” si presentava già allora come molto ricco di cristiani martiri.
Ma l’opera più complessa, monumentale e più rilevante di Von Balthasar ha il titolo di Gloria (1961-69), una vera Summa di tutta la sua visione della vita, soprattutto della fede, vista nel suo aspetto fondamentale della bellezza, anzitutto bellezza artistica e poetica, che ispirato la ricchissima arte medioevale romanica e gotica e rinascimentale, e la grande poesia di Dante in particolare. Bellezza che dal campo dell’arte e della poesia travalica in quello dell’amore dei grandi santi e mistici.
Una delle tesi più geniali di von Balthasar è consistita nel ribaltare la tradizionale impostazione di origine greca che scandisce in successione prima il vero, poi il bene e solo infine il bello. Tale impostazione presupponeva non tanto una contemplazione disinteressata, “ingenua”, immediata dell'essere, che von Balthasar non nega, quanto che la forma originaria di essa fosse concettuale-discorsiva. Ciò che viene prima, per il teologo svizzero, non è certo l'azione (il “bene”), ma neppure una contemplazione puramente razionale (un “vero” soltanto logico). È piuttosto la contemplazione del bello, cioè del Vero totale fulgidamente emergente in un concreto.
La verità dunque, soprattutto quella relativa alle supreme domande, non è un affare di tecnica razionale, di ingegneria concettuale, ma può essere attinta solo da un coinvolgimento di tutto il concreto soggetto, mente e cuore.
Anche l’intera Bibbia, nella sua totalità, viene vista come la rivelazione suprema della bellezza inesauribile e insuperabile dell’amore di Dio, rivelatosi soprattutto in Cristo e nella sua Passione, morte e risurrezione, che distrugge ogni bruttura, soprattutta la bruttura stroncatrice della morte.
Ai tre volumi di Gloria, seguono i cinque volumi della Teodrammatica (1973-83), come il dramma perenne della lotta tra il bene e il male, che contraddistingue tutta la storia umana, e coinvolge direttamente in prima persona e in radicale interazione la libertà di Dio e la libertà umana. E viene sottolineato soprattutto l’apporto più genuino, più ricco e rinnovatore della fede, che, colla speranza ad essa congiunta, permette e fonda il credere che, grazie al dramma supremo della morte e della risurrezione di Gesù, anche l’uomo trionferà sul male e sulla morte. Von Balthasar parte da una passione per l'avvenimento cristiano, che rende capace di incontro liberante con l'umanità propria e altrui. La sua è una riscoperta del Cristianesimo nella totalità delle sue implicazioni, e di conseguenza dialogo. Dialogo e soprattutto incontro, con l'uomo moderno non in quanto moderno, ma in quanto uomo.
Il “bello” di cui parla non è un’opinabile apparenza, malleabile dall'arbitrario progetto soggettivo; ma il contrassegno oggettivo del rivelarsi di Colui che è pienezza della verità e dell'essere.
In un secolo, come quello delle “Ombre”, come pure è stato qualificato il Novecento, la voce possente e la testimonianza del pensatore Tedesco, fa brillare la luce inestinguibile della fede, come collaborazione personale dell’uomo al progetto universale di Dio e alla sua suprema bellezza.
Giovanni Balocco
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