Educare gli adolescenti con il dono della «sapienza». La parola «sapienza», intesa come dono dello Spirito Santo, deriva il suo significato dal termine latino «sàpere», che vorrebbe dire: «dare sapore» alle diverse realtà della vita in cui siamo immersi e di cui siamo parte.
Applicando i principi pedagogici precedentemente esposti, aiutiamo gli adolescenti a vivere la vita di fede attraverso il dono della «sapienza», analizzato attraverso la dimensione della crescita umana e il significato trascendente della «sapienza che viene dall’alto».
La vita cristiana è una vita vissuta nella fede, nella speranza e nella carità. Si tratta di imparare a vivere questi doni teologali infusi col Battesimo, e che hanno come riferimento Dio Padre che «crea e dà la vita». Vengono resi dinamici nella esperienza storica dei credenti dai doni dello Spirito Santo, infusi col sacramento della Confermazione. «Virtù teologali» e «doni dello Spirito» hanno una profonda corrispondenza nella vita del credente. La fede viene perfezionata da doni dell’intelletto, della scienza e del consiglio. La speranza viene corroborata dai doni del timore e della fortezza. La carità viene animata dai doni della pietà e dalla sapienza. La vita del credente perciò è arricchita da tutti questi doni a cui corrispondono anche le «Beatitudini» espresse nel vangelo di Matteo (cc 5-7) e nella lettera ai Galati (2, 25-22). Si tratta di doni oggettivi, veri, perché provenienti da Dio, di cui però l’adolescente va educato a prendere coscienza, per capire ciò di cui può essere capace di fare...
Il bisogno umano del «sàpere»
La parola «sapienza», intesa come dono dello Spirito Santo, deriva il suo significato dal termine latino «sàpere», che vorrebbe dire: «dare sapore» alle diverse realtà della vita in cui siamo immersi e di cui siamo parte. Quindi è il dono che aiuta il credente a dare gusto alla sua vita, a cercare un senso soddisfacente alla sua identità di uomo/donna e di cristiano. È necessario domandarsi però come il dono della sapienza può dare sapore alla vita dell’adolescente, se egli non viene aiutato a scoprire in sé e attorno a sé questo «sapore» nelle cose che fa e in cui crede? Va perciò aiutato a gustare, servendosi della metafora del sapore, le cose «saporite» scoperte, e reagire a quelle «insipide» da evitare.
Dal punto di vista dei dinamismi della crescita psicologica, l’adolescenza è una tappa di progressiva maturazione personale e sociale, in cui il soggetto fa esperienze umane nuove e significative, a cui può dare un vero sapore umano, per diventare persona più riuscita, per portare la propria crescita verso una maturazione più significativa e personalizzante. Per il nostro adolescente, sono certamente positive quelle esperienze di passaggio dell’età segnate da questi traguardi:
– dall’identificazione (nei modelli) all’identità personale (essere se stessi): voler essere veramente se stessi è una caratteristica della persona che diventa più matura, che vuole dare sapore alla propria vita, che incomincia a rispondere personalmente alla vocazione umana da realizzare come un «progetto personale» e non come una brutta fotocopia;
– dalla dipendenza (dagli adulti) all’autonomia (capacità di scelta), per diventare vero protagonista della propria vita a cui offrire il sapore delle proprie scelte e la capacità delle proprie responsabilità;
– dalla vita orientata al presente (come risposta a bisogni immediati) al protendersi verso un futuro sperato-desiderato (un progetto di vita), con la capacità di sapersi distaccare dall’immediato, per guardare avanti e orientare la propria crescita verso un futuro significativo;
– dalle attività (legate all’istinto attuale) al bisogno progettuale di una esistenza (che si apre a sempre nuove motivazioni), per prospettarsi come realizzato in una vocazione e in una professione umanamente riuscita;
– dalle scelte offerte e suggerite dall’esterno (negli ambienti di vita) alle prese di posizioni personali (dettate da una nuova personalità in crescita), significative della propria capacità di assumersi delle responsabilità verso se stessi e verso gli altri.
Nella vita degli adolescenti di oggi,[1] i dinamismi di crescita descritti dalla psicologia dinamica possono diventare segni che incominciano a far intravedere il sapore della vita di cui devono rendersi responsabili. Possono anche evidenziare esperienze limitanti, «poco saporite».
Ci si può chiedere allora: come possono essere superati alcuni atteggiamenti limitanti degli adolescenti di oggi che le ricerche psico-sociali evidenziano, come il conformismo delle mode (che porta a evidenti massificazioni spersonalizzanti), il non voler acquisire una più personale coscienza (che porta ad una scarsa identità e ad un io sfuggente ad ogni proposta di crescita), la stessa volontà di non crescita (perché è più facile adagiarsi nel comodo di una vita resa facile dagli adulti)?
Dal punto di vista della visione socioculturale, poi, il termine «sapienza» è una parola oggi poco usata, perché fa riferimento inconscio ad un qualche cosa che sa di misterioso e di inafferrabile. Eppure la sapienza (il saggio, il sapiente) è una delle parole più usate dagli autori biblici (libri sapienziali), oltre che essere oggetto di un intero libro (il libro della sapienza).
Perciò il dono «sapienziale» dello Spirito, nel processo educativo della fede, parte da queste esperienze psico-umane e culturali e sviluppa in corrispondenza i «sapori» dello Spirito: l’itinerario parte dalla vita e riflette sulla vita alla luce del dono trascendente.
Ciò significa che:
– i fatti umani della crescita (personale e ambientale), su cui gli adolescenti dovrebbero essere esistenzialmente coinvolti, acquistano – alla luce del dono della sapienza – un nuovo e più pieno significato di saggezza, e diventano, nella vita, per se stessi e per gli altri, un evento e un esperienza di crescita cristiana (sapienziale);
– la vita degli adolescenti, con le sue pulsazioni e le sue speranze, viene vista come un «dono» globale di Dio, per valorizzare ciò che essi si portano dentro, come desiderio e ideale, e a cui viene dato un significato più specificamente religioso;
– il vissuto adolescenziale verso l’autonomia e la responsabilità, analizzato e riflesso, provoca domande di senso, a cui essi rispondono innestando una ricerca di nuove risposte più aderenti al proprio progetto di vita cristiano;
– le risposte che essi danno ai loro bisogni di crescita, si rivelano «esperienziali», in quanto possono favorire la scoperta della vera sapienza che spinge a vivere la fede ancorata a questa realtà, giustificata da verità trascendenti;
– la capacità di imparare dalla vita pienamente vissuta sviluppa negli adolescenti le acquisizioni definitive delle verità di fede, capaci di dare significato globale ai fatti importanti, di rilevarne le forze integranti, di percepirne la posta in gioco, di scegliere ispirati dai valori evangelici... anche se apparentemente «perdenti».
Il «di più» che viene dal dono della «sapienza»
Il dono totalmente gratuito della «sapienza» si àncora su questa «disponibilità» umana e aiuta a percepire la bontà e la bellezza della vita (propria e altrui) e di ogni realtà creata. La «sapienza» rende capace di gustare questa «creazione», attraverso cui si risale al suo Creatore. È la bellezza della verità, manifestata anche dai gesti, dai comportamenti e dai tipi di esistenza, come delle imprese e delle opere dell’uomo.
Sono questi i percorsi che costituiscono il dono della sapienza: si arriva con lo sguardo là dove le realtà sprigionano il bene; e si impara a radicarsi sempre di più in esso, fosse anche l’umile e il quotidiano, per poter risalire a Dio.
È proprio della sapienza, dunque, aiutare l’uomo a distinguere il bene dal male, per cui è saggezza mettersi sulle strade del senso della vita e avere la chiave della felicità cercata e trovata. Essa illumina e orienta la vita come la bussola orienta la direzione di marcia.
Ma perché la sapienza è tanto importante nella bibbia? La risposta può essere trovata con un procedimento a scalini, basato su questi passaggi: la sapienza di Gesù, la sapienza del cristiano, la sapienza della croce, la sapienza-dono dello Spirito Santo, la «non-sapienza» come stoltezza, insipienza e stupidità.
* Con il discorso della sapienza (Mc 6,2) Gesù Cristo apre alla comprensione del mistero della storia, dichiara il senso nascosto dei secoli nelle pagine dei profeti, rende presente il regno di Dio, ne esprime la connaturalità con il mistero (conoscenza sperimentale della volontà salvifica) proclamato, ne rivela la conoscenza misteriosa radicata nella Trinità, di cui è parte e della quale ne esprime la realtà.
Gesù è sommamente sapiente perché in lui tutto si compie, ogni profezia raggiunge la pienezza, in lui tutto si rende chiaro. Egli è la sapienza di Dio stesso. Perciò la sapienza è al centro del mistero di Dio, origine del mistero della storia in cui è inserito l’uomo, ma si colloca al di sopra di essa.
* Dalla sapienza di Gesù che tutto conosce, nasce quella del cristiano che non è se non la sapienza di Gesù a lui partecipata. È il dono di vedere le cose come le vede Gesù, come le vede Dio, scrutandole dall’alto. È il dono di vedere la relazione di tutte le cose nel mistero della Trinità.
* Ciò distingue la sapienza di Dio da quella del cristiano e da tutte le sapienze di questo mondo, che sono fondate sull’efficienza, sul risultato, sul successo. Quella del cristiano è una sapienza che si ha contemplando la croce. La sapienza di Gesù passa attraverso le cose umili, insignificanti. Scoprire questo è veramente un dono. Senza il dono dello Spirito non è possibile esercitare la sapienza della croce. Capire la croce è capire la vita, e la sapienza del cristiano è accesso alla vita.
* Perciò il dono della sapienza, che viene dato col battesimo e che lo Spirito attualizza continuamente nel credente a partire dalla confermazione, è la capacità di vedere le cose con gli occhi di Dio, di vederle dall’alto come le vede Gesù crocifisso-risorto, di vederle come per una connaturalità o istinto divino. È una conoscenza associata al gusto (sapore), perché esprime qualcosa di sapido che si può gustare: se cioè una cosa è o non è per il regno di Dio, non per ragionamento ma così per istinto. Come si sente che una cosa è dolce o salata non per l’analisi chimica dei componenti del sale o dello zucchero, ma per sintonia tra il dolce e il salato per le papille gustative. Così analogamente il cristiano mosso dallo Spirito sente che qualcosa è secondo il piano di Dio e va bene così. Questo sentire viene più dal cuore che dalla mente, e perciò questo dono è collegato alla carità, all’amore, più che all’intelligenza. È l’intelligenza dell’amore, del cuore; la penetrazione amorosa e saporosa dei misteri di Dio che può essere data anche alle persone più semplici... (Mt 11, 25).
La sapienza è un dono che tocca anche gli aspetti più quotidiani della vita, si esprime anche in linea privilegiata nella «sapienza pubblica», che permette al credente di inquadrare i problemi singoli in un quadro più vasto, quello del bene comune.
* L’ultimo gradino è quello che la bibbia chiama stoltezza, perché opposto alla sapienza. Si tratta essenzialmente di mancanza di sapore per le cose di Dio: la mancanza del senso di Dio, del senso del mistero della vita, del senso della provvidenza.
Una mancanza che rende ciechi e smarriti. All’origine di tante angosce c’è la mancanza di sapienza, che fa stare con la testa nel sacco, guardando solo al presente. Ma c’è un’altra insipienza più profonda che viene rimproverata (stolti e tardi di...), ed è quella di ignorare l’esperienza religiosa della vita.
La mediazione educativa tra i due termini
Il processo di educazione alla fede mette in moto dinamismi che aiutano ad imparare, a svelare, a far apprezzare i rapporti e i gesti che danno felicità, che fanno scoprire la bellezza delle cose, anche ordinarie e nascoste.
La bellezza attira ed entusiasma; non suscita tanto il sentimento dell’obbligo, quanto quello dell’amore e della gratuità; fa percorrere la strada che va dall’esperienza al senso della vita, e dal senso della vita alla fonte che lo ispira; aiuta ad imparare a distinguere il bene dal male con la formazione della coscienza, che costituisce uno dei nodi difficili da risolvere quando si separa morale evangelica delle beatitudini dalla felicità personale istintivamente cercata.
Tale processo si basa sulla ricerca sottesa ad alcune domande da rivolgere ai ragazzi per coinvolgerli nella ricerca sapienziale: che posto ha nella propria vita il piano di Dio rivelato nella creazione e in Cristo? Si hanno visioni larghe della propria vita, oppure si è chiusi nel proprio spazio chiuso? Che posto ha nella propria esperienza umana la sapienza della croce? Si riesce a vedere il lato positivo degli eventi, dei fatti della vita, della storia? Ci si nutre del pane della sapienza offerto dalla Sacra Scrittura e dalla comunità?
[1] COSPES, L’età incompiuta. Ricerca sulla formazione dell’identità negli adolesecnti italiani, Leumann (To), LDC 1995. Tonolo G., Adolescenza e identità, Bologna, il Mulino 1999.
Giuseppe Morante
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