L'adolescenza è caratterizzata dal dinamismo della «rinascita» dell'io verso l'acquisizione di una «nuova identità», favorita dallo sviluppo dell'intelligenza, quella capacità spirituale della mente che porta progressivamente a comprendere meglio le realtà della vita.
Il bisogno di comprendere e di essere aiutato a «vedere» la propria vita
L’adolescenza è una tappa importante della maturazione individuale e sociale di una persona, perché è caratterizzata dal dinamismo della «rinascita» dell’io verso l’acquisizione di una «nuova identità»: una scoperta di se stesso come «persona che pensa», favorita dallo sviluppo dell’intelligenza, quella capacità spirituale della mente che porta progressivamente a comprendere meglio le realtà della vita.
I segni immediatamente visibili di questa maturazione intellettuale – e che l’educatore non può ignorare – sono evidenti nel fatto che l’adolescente, a differenza del fanciullo, è capace di penetrare più spesso nel suo mondo interiore, alla conquista dei significati trascendenti della vita umana. È una nuova fase dell’età evolutiva che favorisce equilibratamente lo sviluppo della persona anche dal punto di vista cristiano, se il cammino precedente dell’iniziazione cristiana non si è arrestato e se gli accompagnatori del cammino di fede continuano a prestare la loro attenzione educativa favorendo la scoperta personalizzata del «sensus fidei».
L’età rappresenta, perciò, una nuova tappa esperienziale che porta l’adolescente a:
– riflettere con più passione sulla propria vita che si apre ad un futuro sperato (anche se forse non sarà del tutto realizzato, almeno a livello umano); riflettere per comprendere e andare oltre le apparenze, per scoprirne significati nuovi e viverli con maggiore coscienza;
– ritrovare se stesso anche quando passa piacevolmente il tempo con gli amici o nella vita del gruppo parrocchiale: cerca sempre di identificarsi in questo io che si apre agli altri, ma che, se non giustificato in una visione relazionale (orizzontale con gli amici e trascendente con Dio), rischia un ripiegamento egocentrico;
– sperimentare più che mai il bisogno insorgente di autonomia e di libertà per cercare una propria specifica strada, rifiutando modelli del passato o degli adulti (ma spesso vivendo inconsciamente forme di conformismo sociale), perché vuole sperimentare in proprio la vita che gli si apre in prospettiva. Si entusiasma facilmente davanti a visioni rosee, ma cade spesso anche nella delusione quando sperimenta le prime vere difficoltà.
Il bisogno di comprendere e di essere aiutato a «vedere» la propria vita
A livello pedagogico-pastorale, la nuova coscienza personale che matura attraverso lo sviluppo delle facoltà intellettive, può offrire agli educatori occasioni di strumentalizzare la stessa esperienza di fede, se si insiste troppo sui ragionamenti e sulle conoscenze delle verità di fede, mentre converrebbe favorire autentiche esperienze di fede con la possibilità di «riflettere» su di esse alla scoperta dei fondamenti cristiani. Catechisti e animatori di pastorale evolutiva dovrebbero essere sempre meno ripetitori di formule e sempre più accompagnatori di cammini interiorizzati; anche se è evidente che una vera esperienza non può ignorare la verità su cui si fonda e da cui è pienamente rivelata.
I segni della maturazione intellettuale sono evidenti in questi atteggiamenti che a livello educativo e pastorale vanno sostenuti e incoraggiati:
– imparare a conoscere di più se stesso, e se stesso come figlio di Dio, con la capacità di diventarlo: perciò è necessario che l’educatore cristiano e la sua comunità di appartenenza sappiano creargli occasioni in cui esercitarsi, piuttosto che favorire un atteggiamento ovattato di protezione-chiusura, o aspettare che l’adolescenza passi in fretta... con le sue fisime e i suoi conformismi di «classe» sociale;
– aver bisogno di acquistare fiducia, di essere compreso come persona. Si creino perciò per lui, dentro la comunità parrocchiale e oratoriana, spazi e occasioni di fiducia attraverso incarichi personalizzati, favorendo così la formazione di atteggiamenti di speranza e di perseveranza-continuità, contro la naturale tendenza al presentismo e all’incostanza;
– assaporare l’esigenza di maturare la propria capacità critica, che è certamente segno di cammino verso l’identità adulta; e questo vale anche nei confronti della verità di fede, che va proprio assunta con atteggiamento di confronto, perché diventi capace di illuminare le proprie esperienze umane con la «verità» di Dio. Nel rapporto educativo va, quindi, problematizzato ogni problema umano, per favorire nell’adolescente la liberazione dal conformismo delle mode e delle imitazioni acritiche; questo vale anche nei confronti della pratica delle espressioni della vita di fede;
– provare il gusto di pensare in proprio il progetto di vita, la specifica e personale vocazione, con l’impegno a superare i facili condizionamenti di modelli effimeri, e con l’aiuto a comprendere che un vero progetto impegna in scelte rigorose. La pastorale vocazionale in questa età deve essere favorita dalla possibilità di confronto con le diverse chiamate alla vita, e alla vita di fede; e queste scelte chiamano in campo la maturazione intellettuale umana (per comprendere le vere esigenze della vita) e il «dono spirituale dell’intelletto» per comprendere il disegno di Dio sull’uomo e sull’intera umanità;
– essere aiutato perciò a comprendere il rapporto che intercorre tra il proprio modo di «leggere», con la propria intelligenza, se stesso nella propria storia di vita e nella storia della comunità umana, e il modo di «leggere» questa stessa vita alla luce del dono dello Spirito Santo ricevuto nel sacramento della confermazione col nome di «Intelletto».
L’adolescente va aiutato perciò a sviluppare il dono dell’intelligenza, perché è esso stesso già un dono di Dio alla sua persona; con essa può «intus legere», cioè leggere dentro, in profondità la realtà della sua vita e della storia umana. L’intelligenza, che sviluppa la capacità razionale, e l’intelligenza della fede, che nasce dall’ascolto della Parola di Dio, portano ad una conoscenza profonda e cosciente della realtà e dei fatti, nella visione che nasce dalla fede in un Dio che rivela un progetto per l’uomo.
Ma questo progetto non è facilmente evidente nella realtà culturale del mondo d’oggi, dove – purtroppo – si vivono situazioni rapide e superficiali, senza la necessaria sosta per la riflessione sul loro significato. Gli esempi sono tanto evidenti che quasi non ci si fa più caso:
– l’evidenza del fatto che i giornali diffondono spesso false notizie per fare scoop, senza preoccuarsi di verificarne le fonti autentiche;
– le visione di un comportamento umano che si manifesta nel segno della superficialità e dell’apparenza esteriore: si cerca di apparire più che di essere: «appaio, dunque sono»; c’è tutta una industria per migliorare l’aspetto esterno. Oggi, «l’intus legere» non è l’aspetto forte né del costume né delle aspirazioni personali;
– le stesse tendenze giovanili, che pur manifestando acquisite capacità critico-riflessive, spesso cadono in un conformismo sociale, che chiude i loro occhi e quasi li costringe, forse per spirito di gruppo, a rinunciare alle proprie visione e alle proprie scoperte, per assumere dei comportamenti comuni: ragazzi e giovani fanno tutti le stesse cose, vestono tutti allo stesso modo, si comportano tutti in maniera univoca...
Invece la forza dell’intelligenza come capacità critica riflessiva in vista di una propria visione umana (che insegna cioè ad entrare nella verità di se stessi e della vita) e il dono dello Spirito («lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera») devono entrare in dialogo per favorire una propria «crescita integrale».
L’intelletto, sia nella visione umana che trascendente, è dono che può aiutare l’uomo a superare la superficialità nell’approccio alla vita, alla realtà e al mondo; che gli fa evitare il «mordi e fuggi»; che lo invita a non accontentarsi né di quello che si dice, né dei risultati dei sondaggi, né del primo commento ascoltato, né delle immagini che offre la televisione. Tutta questa complessa realtà viene «riflessa» e compresa alla luce della Parola di Dio, che ha i dinamismi necessari per interiorizzare i valori della vita e comprendere il messaggio di Cristo e la «Parola» che dà un senso pieno alla vita umana.
Che cosa aggiunge il dono trascendente dell’intelletto
In un documento che riflette sulla pastorale dell’età evolutiva, e perciò in dimensione educativa (cf CEI, Educare i giovani alla fede, 1999), i vescovi italiani invitano a porre al centro la persona di Gesù Cristo, che deve apparire vivo e vitale nella sua Chiesa: «Affermare che Gesù Cristo è il centro e il cuore di ogni cammino di fede, è riportare ogni attenzione educativa della comunità cristiana al suo nucleo fondamentale. Questo appare oggi quanto mai urgente, mentre si diffonde una religiosità senza nome e dai mille volti, che attrae proprio per la sua indeterminatezza e adattabilità, come una risposta facile e poco compromettente alla inestinguibile sete di significato e di trascendenza che ogni vita, per certi aspetti soprattutto quella del giovane, porta con sé. In tutti i giovani occorre far crescere la sete di conoscenza e di comunione con il Signore che i primi discepoli riassumevano in un semplice interrogativo: ‘Maestro, dove abiti?’ (Gv 1, 38)».
Lo Spirito conosce ogni cosa, anche i pensieri segreti di Dio. E questa verità induce il cristiano a pensare al necessario approfondimento della fede, all’applicazione dell’intelligenza al mistero cristiano in rapporto alla vita, al suo significato che ne dà Gesù Cristo, venuto tra gli uomini a portare la vita piena che proviene da Dio. In questo senso il catechismo dei giovani/1 (Io ho scelto voi) offre gli spunti sia umani che trascendenti per realizzare una vita piena e riuscita, umanamente e cristianamente.
Abbiamo già visto, a proposito del dono della sapienza, che il frutto dello Spirito Santo è la fede, perché l’anima umana, «assaporando» le cose divine, si dispone a crederle sempre più fermamente, e la conoscenza quasi sperimentale che se ne acquisisce, gliene comunica una specie di evidenza. Se l’intelligenza è la conoscenza intima d’un oggetto (intelligere est intus legere = leggere dentro), il dono dell’intelletto diventa perciò una luce che lo Spirito Santo – che continua l’opera di Gesù nella Chiesa – dona per penetrare intimamente le verità, spesso oscure, che la fede propone.
Questa penetrazione alla fin fine è l’intelligenza della fede e deve portare a scoprire quella grande verità a cui tutta la vita è riferita, cioè la «conoscenza di Dio faccia a faccia».
Se l’intelligenza della fede non porta progressivamente a questa verità di Dio, non potrà essere identificata certamente col «dono» dello Spirito Santo.
Oggetti della fede del cristiano sono: Dio e i suoi misteri; le creature in rapporto a Dio; le azioni umane orientate al servizio di Dio. I cristiani possono essere, per natura, superficiali nei confronti della conoscenza di tutte verità rivelate (perché impediti dalle conseguenze del peccato); le comprendono solo nella misura in cui vengono illuminati dai doni dello Spirito Santo. Così ciò che la fede fa semplicemente credere, il dono dell’intelletto lo fa penetrare con più chiarezza e in modo che, sebbene l’oscurità della fede sia permanente vita natural durante, le verità che essa insegna si manifestano più evidenti.
Oltre a questa fondamentale verità, il dono «spirituale» dell’intelletto:
– è particolarmente efficace per la comprensione della Sacra Scrittura, in cui Dio si comunica attraverso i suoi pensieri che sono infinitamente distanti dal modo di pensare umano; ma l’intelligenza della fede li tempera in tal modo che l’uomo riesce a comprenderli. La Sacra Scrittura è il libro di Dio; perciò invitare gli adolescenti a leggerla è un mezzo eccellente per ricevere luce dallo Spirito Santo ed essere guidati dalla sua direzione interiore;
– serve ad interpretare le scelte «politiche» dell’uomo, per scorgervi i disegni di Dio. Sui fatti umani in cui l’adolescente è immerso bisognerebbe né parlarne con troppa leggerezza, né accettarli così come sono, né giustificarli subito per non incorrere nel duplice errore o di approvare e lodare certe iniziative per passione, o di condannarle e biasimarle con temerarietà;
– aiuta a vincere il vizio della superficialità o della grossolanità riguardo alle cose dello spirito. Abbiamo osservato che si tratta di un vizio connaturale all’uomo per la presenza del peccato di origine, ma egli spesso l’aggrava con i peccati personali e il cedimento alle passioni;
– facilita l’integrazione nella beatitudine evangelica dei «puri di cuore» (Mt 5,8), dando forza per reagire alle situazioni non ordinate alla crescita globale della persona; rafforzando e sostenendo l’impegno della volontà nelle scelte della vita; illuminando contro gli errori e i falsi principi dell’intelligenza umana. La sapienza patristica insegna che il dono dell’intelletto regola anche la fantasia in modo tale che nessun pensiero entri nella mente se non a tempo e luogo, e non duri più di quanto è necessario per l’azione che si compie. Si tratta di un dono che aiuta ad acquisire un normale dominio su se stessi, favorendo il cammino verso la maturità della fede.
Perciò anche il dono dell’intelletto si ricollega alla illuminazione della fede, nel senso che nel sacramento della confermazione essa precede i doni e ne è il fondamento; ma a loro volta i doni la perfezionano.
Così la fede, come atteggiamento credente, facilita l’adesione alle verità del Credo, consolida la fermezza nel ri-esprimerla, garantisce che quanto si crede è vero, aiuta a superare incertezze, dubbi, superficialità che naturalmente vengono alimentate se non si è sostenuti da questo dono dello Spirito.
Giuseppe Morante
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