Per «ascoltare e conoscere la verità di Dio» non è sufficiente avere una certa intelligenza e razionalità. Bisogna che abbiano anche un cuore ben disposto. Per cui la «scienza», come dono dello Spirito, è la fusione di queste due dimensioni che portano ad acquisire quella che la bibbia chiama la «sapienza del cuore».
Educare gli adolescenti con il dono della «scienza»
Il germe della fede che l’adolescente porta in sé può fruttificare attraverso l’ascolto della Parola, la partecipazione ai Sacramenti, l’accettazione cosciente delle verità professate negli articoli del Credo; la sua adesione interiore lo conferma nella certezza che quanto «crede» è vero; anche se nella sua vita di ragazzo «attuale» non mancano ripulsioni e dubbi, oscurità e superficialità, portato com’è a verificare di persona gli insegnamenti ricevuti in precedenza.
L’esperienza, confermata dalle statistiche, insegna che gli adolescenti possono assumere reazioni negative nei confronti della visione dottrinale della Chiesa.
Ma le articolazioni delle verità di fede (il dogma cattolico) riguardano la dipendenza dell’uomo da Dio Creatore e Redentore, la conoscenza del suo disegno di amore sull’uomo limitato e peccatore, l’accettazione della sua volontà esplicita che manifesta il suo progetto di salvezza per tutti gli uomini. In tale prospettiva la catechesi (e il Catechismo degli adolescenti Io ho scelto voi) deve diventare – oltre che esperienza di fede vissuta e creduta – anche «insegnamento» della verità, esposizione chiara e sempre più profonda della dottrina rivelata, tuttavia sviluppata nel rispetto delle esigenze e capacità spirituali e intellettive della persona.
Sorge perciò una domanda: come si collocano i catechisti e gli animatori degli adolescenti, nei confronti del rapporto tra verità rivelate da apprendere e processi educativi da innescare? La domanda non deve apparire oziosa se nella realtà culturale attuale è ancora viva la discussione catechistica che riguarda le capacità e attitudini dell’intelligenza umana circa la comprensione della verità rivelata; che si interroga sul valore educativo delle idee e delle dottrine apprese sistematicamente e sganciate dai loro significati esistenziali; che riflette sui rischi dell’intellettualismo e del nozionismo nell’educazione compresa l’educazione alla fede.
Eppure ogni educatore deve sapere che «l’obbedienza della fede» nasce dalla chiara conoscenza del disegno di Dio e dalla profonda coscienza del suo amore.
Si può perciò educare nell’adolescente credente una vera mentalità di fede quando si favorisce la sua capacità di comprendere e interpretare tutte le realtà della vita secondo la pienezza del pensiero di Cristo (lo «scire Christum»). In tale prospettiva il termine «fede» deve essere inteso sia come virtù «teologale» (affidamento della propria vita a Dio nell’accettazione del mistero del Figlio fatto uomo), che come «oggetto formale» o «deposito» della rivelazione insegnato dalla Chiesa. Cioè fede è insieme «fede credente e fede creduta». Si esplicita quindi in che cosa consiste «conoscere» la rivelazione di Dio, attraverso una sua interiorizzazione fatta di conoscenze, di motivazioni, di approfondimenti, di esperienze vissute.
In tale dinamica si inserisce il dono della «scienza», infuso dallo Spirito nel cresimato, che così entra nella possibilità di acquisisce le capacità di sviluppare le sue facoltà conoscitive nei riguardi della fede: ammirazione, intuizione, giudizio, contemplazione, adorazione…, per ratificare «coscientemente» (cioè come conosciuta e accettata) la fede che ha avuto come dono.
Le difficoltà conflittuali della ragione e della fede degli adolescenti
Dal punto di vista psicologico, gli educatori e gli animatori cristiani degli adolescenti sanno che essi incominciano ad avvertire assai nitidamente l’esigenza di giustificazione e di sistemazione delle proprie «conoscenze». Alla ricerca, come sono, del senso della propria vita, hanno bisogno di certezze che spesso fondano sulla loro razionalità acquisita (come esercizio della maturazione intellettuale).
Infatti nell’esercizio di questa «ricerca umana», amano dimostrare la propria capacità critica, imparano a scoprire e realizzare se stessi nell’azione e nella vita di relazione; si accostano a chi si mette senza pregiudizio e con vera amicizia al loro livello. Imparano cioè attraverso l’esercizio della propria razionalità che si sviluppa, ma anche attraverso la capacità di relazione affettiva…
E questo vale anche nell’esercizio della vita di fede. Per «ascoltare e conoscere la verità di Dio» non è sufficiente avere una certa intelligenza e razionalità, manovrare criticamente l’uso della propria ragione, imparare le verità che vengono dal suo progetto rivelato. Bisogna che abbiano anche un cuore ben disposto.
Per cui la «scienza», come dono dello Spirito, è la fusione di queste due dimensioni che portano ad acquisire quella che la bibbia chiama la «sapienza del cuore». Bisogna, sì, confidare nella possibilità della ragione, ma è anche necessario essere consapevoli dei suoi limiti, non solo etici ma propriamente «scientifici» e conoscitivi.
La ragione umana, come si insegna anche nella recente enciclica Fides et ratio, ha la capacità di attingere Dio, ma in maniera indiretta e inadeguata; non lo comprende, lo addita soltanto; riesce a «conoscerlo» precisamente come mistero. Di modo che questa conoscenza razionale di Dio dispone ad accogliere una eventuale rivelazione di lui nella storia. Ma l’audacia della fede nel Dio di Gesù Cristo consiste nell’affermare che «Dio si è fatto uomo», per innalzare l’uomo fino a Dio, nella comunione immediata con lui.
A livello umano si definisce la scienza come una conoscenza certa, acquisita per mezzo del ragionamento. Ma in Dio essa è una semplice visione degli oggetti, senza ragionamento. Il dono della scienza, che è una partecipazione della scienza di Dio, è una luce dello Spirito Santo che rischiara l’anima per conoscere le cose umane e darne un giudizio certo in riferimento a Dio e in quanto sorto come oggetto di fede.
Il dono della scienza è quindi di aiuto a quello dell’intelletto per scoprire e penetrare le verità oscure, e a quello della sapienza per possederle e sperimentarle. La sapienza e la scienza hanno qualche cosa in comune tra loro. Entrambe fanno conoscere Dio e le creature. Ma è un’attitudine della scienza conoscere Dio attraverso le creature ed elevarsi dalla conoscenza delle cause seconde alla causa prima e universale; è anche compito della sapienza conoscere le cose umane per mezzo del gusto che si ha di Dio e giudicare degli esseri creati attraverso le cognizioni che si hanno dell’Essere «non creato».
Così il vero frutto dello Spirito Santo che corrisponde al dono della «scienza» è quello della fede in Cristo, in quanto tale dono perfeziona la conoscenza che la luce della ragione comunica riguardo alle azioni umane e a tutte le realtà create, che in solo in Cristo assumono un pieno e totale significato.
Indicazioni metodologiche e pedagogiche
* Perché questo discorso non rimanga solo sul piano della riflessione ma entri in quello delle esplicitazioni operative, sembra necessario che gli educatori applichino il dono della scienza attraverso una «educazione alla scienza». È un dono che viene chiamato anche «conoscenza».
E si sa che nella bibbia conoscere significa comprendere attraverso «l’esperienza dell’amore». La «scienza» donata dallo Spirito perciò è quel dono che porta il credente a «conoscere Dio con amore», o quell’amore che fa comprendere, a volte, la realtà umana e storica alla luce di Dio, senza poter sempre definire questa «conoscenza» con concetti ordinati e articolati, ma che comunque consente di agire. Il dono della scienza è perciò insieme conoscenza come esperienza e intuizione.
La «scienza» come conoscenza del modo di amare di Dio, è proprio l’amorevolezza, il rapporto di affettività inteso in senso totale con le persone e con le cose: il cuore che comprende. Questo fatto suggerisce quella esperienza umana che dimostra che per capire una persona o un’opera, la si deve amare. Deve entrare cioè in collaborazione la mente e il cuore.
Naturalmente il dono dello Spirito guida soprattutto a conoscere Dio attraverso l’amore, come la via più diretta e più perfetta, piuttosto che farsene una idea razionale e conosciuta attraverso un sistema di significati ben sistemati.
Questo dono, quindi, diventa un dinamismo di crescita della fede e anche un invito ad andare oltre la conoscenza fredda, che si esaurisce nella sola funzionalità razionale.
È necessario superare quell’approccio alle verità (persone e cose) acquisita, ispirato da un desiderio di successo o vantaggio, e anche quel rimanere chiusi nella sola razionalità intesa in senso totale con le persone e con le cose, ma piuttosto conoscenza come apertura totale a Dio.
Con la luce che proviene dal dono della «scienza» si conosce ciò che le creature hanno da se stesse e ciò che viene loro da Dio. In questa luce san Paolo «stimava tutte le cose della terra come spazzatura» (Fil 3,9). Chi non ha la fede o chi la possiede in maniera informale o germinale, di solito non le giudica così perché non apprezza se non ciò che soddisfa i sensi e la ragione.
Perciò quasi tutti si lasciano incantare dalla loro apparenza, dandosi premura di assaporare la gioia che esse promettono. Tutti ne vogliono godere e pochi ne riconoscono l’errore abbagliante. La vita stessa è un mistero e non tutto entra nella propria visione razionale.
* Davanti a questa prospettiva si deve considerare come gli adolescenti di oggi (ma non solo essi!) siano così intasati di illusioni e così poco attrezzati per difendersi contro le attrattive delle cose terrene «razionalmente acquisite», che corrono il rischio di ingannarsi continuamente, anche sotto il semplice profilo della fede. Infatti esiste una tattica tentatrice (spesso inconscia, perché motivata dalla conquista della razionalità) che irretisce anche i più semplici, e consiste nel far scegliere certi mezzi «di perfezione» che poi si dimostrano del tutto inefficaci. Come anche nell’esercizio del cammino di fede questa tattica presenta, molto ingrandite, le difficoltà di alcune scelte e rinunce come falsi allettamenti o facili miraggi.
La «scienza» dono dello Spirito aiuta a rendersi immuni da queste seduzioni, attraverso l’esercizio del discernimento che fa dialogare «sapienza» «intelletto» e «scienza»: sapienza, come aiuto a possedere la verità rivelata per la via del «gusto e dell’esperienza», che è un modo molto elevato di conoscere; intelletto, come aiuto a penetrare la verità delle cose divine attraverso l’intuizione e la contemplazione; scienza, come aiuto che ne favorisce anche la conoscenza razionale.
Essa, attraverso l’apprendimento progressivo, fa vedere prontamente e con certezza ciò che interessa la propria condotta e quella degli altri in ordine alla vita di fede: ciò che si deve credere o non credere; ciò che si deve fare o non fare; il giusto mezzo da tenere tra i due estremi in cui si può cadere nell’esercizio della vita cristiana…
* Per quanto concerne i casi particolari, nelle situazioni concrete:
– davanti a decisioni da prendere o ad azioni da realizzare, il dono della «scienza» trova il modo di collegarsi al dono del consiglio, per individuare le direzioni della strada da percorrere, le scelte da fare e le deliberazioni da prendere, per realizzare il cammino;
– davanti alla propria realtà personale e ambientale, essa aiuta a penetrare lo stato della propria situazione spirituale, i propri moti interiori, i movimenti segreti del cuore e i suoi aspetti buoni o perversi, i principi ispiratori, i motivi che ne fondano l’atteggiamento, gli scopi e le intenzioni da perseguire, gli effetti e le conseguenze delle scelte, il merito o il demerito;
– davanti alla propria identità cristiana, la scienza aiuta a conoscere il giudizio che si deve dare sul proprio rapporto con Dio, le scelte che aiutano a superare la propria fragilità, per non soccombere a situazioni nocive alla propria salvezza;
– davanti ai grossi problemi esistenziali, il dono della scienza aiuta a conoscere la condotta da tenere nei contatti e nelle relazioni con il prossimo, comprendendo i bisogni nascosti, i rimedi contro i difetti, gli ostacoli che si frappongono alla perfezione, la via più breve e più sicura per arrivare al fine.
Perché gli adolescenti possano progredire nella maturazione della fede, anche attraverso il dono della «scienza», sono necessarie alcune condizioni che coinvolgono sia gli educatore che essi stessi.
Tutti e due infatti devono far riferimento allo stesso dono, perché entrambi ne devono essere illuminati, esprimendo ciascuno una volontà pienamente sottomessa al dono gratuito di Dio.
* Il vizio opposto al dono della scienza è l’ignoranza o la mancanza di conoscenze e cognizioni che impediscono di essere guida per le scelte e le realizzazioni della vita cristiana. Ordinariamente i ragazzi passano l’adolescenza senza rendersi contro di alcune forme di ignoranza a cui vanno soggetti, anche se hanno fatto professione di fede:
– mancanza di discernimento tra il vero e il falso. Tale ignoranza è presente in chi non si cura di esaminare bene i propri dinamismi spirituali; e quindi non sa distinguere le differenti operazioni che riguardano Dio, la natura, la vita dell’uomo con le sue difficoltà esistenziali e morali; di modo che, sentendosi spinti da due diversi sentimenti, come spesso accade, si prende il falso per vero, l’idea della propria immaginazione per un’attrattiva della grazia;
– mancanza di discernimento del bene e del male.
Questa ignoranza praticamente porta a non saper mantenere quella giusta moderazione e quel giusto mezzo in cui sta la virtù, tra i due estremi di vizi contrari; il che non può essere conosciuto se non sotto la guida dello Spirito;
– mancanza di discernimento tra ciò che è utile e ciò che è nocivo. Si è ignoranti della scienza dello Spirito quando, tra varie cose che sono di per sé buone, non si sa discernere quelle che sono le più o le meno conformi al disegno di Dio.
In conclusione, il dono della scienza porta alla interiorizzazione di quella beatitudine che alcuni disprezzano ma che comunque esprime la scienza di Cristo: «Beati coloro che piangono» (Mt 5,5).
Il senso di questo insegnamento sta nel fatto che essa insegna a conoscere i propri difetti e la vanità delle cose della terra e dimostra che dalle creature non ci si può attenderci che miserie e lacrime. La scienza, intesa come conoscenza del bene, aiuta a conquistare la vera felicità.
Giuseppe Morante
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