Mi ritrovo a scrivere queste note a distanza di vent'anni, quando su un mensile di Milano, «Società civile», commentando un corteo studentesco, esprimevo il mio sconcerto di fronte ad una ragazzina quindicenne, assai carina, che portava un cartello inneggiante all'aborto. Nell'età della vita, un inno alla morte!
del 27 gennaio 2008
Mi ritrovo a scrivere queste note a distanza di vent’anni, quando su un mensile di Milano, «Società civile», commentando un corteo studentesco, esprimevo il mio sconcerto di fronte ad una ragazzina quindicenne, assai carina, che portava un cartello inneggiante all’aborto. Nell’età della vita, un inno alla morte!
Mi ha fatto piacere che un giornale laico, non mi avesse censurato il commento, ma il fatto mi aveva colpito, perché alcuni giorni prima era venuta da me una mamma con sua figlia quindicenne: «Questa disgraziata è incinta!».
Ho parlato da solo con questa «disgraziata»: «Cosa ha detto il tuo ragazzo, quando l’ha saputo?». Il suo ragazzo aveva 26 anni ed era militare, sotto leva. «Mi ha detto che sono affari miei! Mi sono sentita tradita due volte. Le mie amiche mi hanno dato un indirizzo per liberarmi dalla cosa, ma io questa cosa me la sento dentro!». Le risposi: «Se tu hai il coraggio di generare la cosa che senti dentro di te, figlio o figlia che sia, per l’eternità avrai chi ti ringrazierà del dono della vita!». Con la mamma, decise di affrontare la prova: «Ma chi lo dice a mio papà? Non è di chiesa!».
Andai a trovarlo: «Reverendo, non è tempo di benedizioni della casa, oggi!». Gli risposi subito: «Non sono venuto per la benedizione, ma per la festa della mamma: sua figlia aspetta un bimbo!». Tirò giù tutti i santi del cielo e della terra: «Ecco, perché sua figlia e sua moglie hanno chiesto rifugio in Vaticano! Dovevano venire da lei e non da me in oratorio!». Dopo essersi calmato, ritrovando la sua paternità: «Dica che torni a casa! L’aiuteremo! ».
Oggi i giovani, stando all’inchiesta dell’EURISPES e di Telefono Azzurro pubblicata in questi giorni, parteggiano per la vita più che per la morte ma amano davvero la vita in modo da accettare anche la morte?
I nostri adolescenti sono per l’eutanasia, per la morte dolce, istantanea, senza alcuna sofferenza, una morte come quella che ogni giorno, in mille modi, viene servita in televisione, frammista a notizie di cronaca rosa o politica, di guerre e di corse in macchina, di amori traditi o consumati in fretta, di felicità offerte a poco o a caro prezzo, di facili anestesie che tolgono la fatica di soffrire, di morti riservate al segreto di una stanza d’ospedale e non in casa, senza alcun segno di lutto, fatto privato, non pubblico!
«Ho paura di soffrire!»; «Vorrei addormentarmi e non risvegliarmi più al mattino»; «Non mi piace la croce, non fa per me. Sono giovane, lasciatemi divertire!». Sono alcune delle frasi scritte da adolescenti nei loro temi. Eppure le più belle storie d’amore sono passate attraverso il dolore ma oggi non vogliono sentirle. Anche film impegnati o libri come Nati due volte sembrano dare fastidio ai nostri ragazzi, che non sono educati a preparare la morte alla lontana.
Il problema non è la morte, è il morire! Perché? Come? Quando? Per non soffrire l’angoscia e allontanare la paura, la banalizzazione o il ricorso ad una illusione, ecco la morte dolce.
Sarà poi così dolce? Invocare la morte per sprofondare nel nulla non crea proprio nessun disagio? Non è forse meno triste pensare alla morte come il ritorno a casa, accettando anche il prezzo da pagare che è l’amore? Essere vivi nell’amore nel giorno in cui saremo chiamati, ecco quello che conta, sapendo che la morte non è un salto nel buio ma nelle braccia di un Padre amoroso! Anche qui è questione di educazione, di valori, di senso alla vita e alla morte. Questi nostri giovani li tradiremmo se non cercassimo con loro una risposta al nostro nascere e al nostro morire, al nostro soffrire!
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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