I ragazzi veronesi e noi. Semi maledetti dell'idea violenta.

...fingendoli automi senza cervello, marionette dalla testa piena di segatura, deficienti semoventi. E invece un poco per volta impariamo che c'è nel cervello esattamente quello che c'è nel cuore, e cervello e cuore sono tutt'uno, e guidano o sviano la vita, al bivio tra l'acqua e il fuoco, fra la capacità di voler bene e la desolata violenza e distruttività. Impariamo che esiste una 'affettività intellettiva' che istupidisce e ottenebra

I ragazzi veronesi e noi. Semi maledetti dell’idea violenta.

da Attualità

del 06 maggio 2008

La prima reazione ai tragici fatti di Verona è un rabbioso sgomento di fronte a una violenza assurda, stupida, maligna, mortale. Animalesca, se ciò non offendesse le bestie selvatiche, incapaci della crudeltà 'umana'. Animalesca, forse ci forziamo a pensare, per toglierci l’angoscia di cercare qualche nesso intellettivo fra il rifiuto di una sigaretta e il calcio alla testa che sfonda il cranio della vittima. O forse c’è nei fatti il mistero che il male voluto è innesco del male inimmaginato È questa 'capacità criminale' del branco notturno, spicchio di una provinciale 'arancia meccanica', il pensiero pauroso che vorremmo d’istinto levarci dal cuore; fingendoli automi senza cervello, marionette dalla testa piena di segatura, deficienti semoventi. E invece un poco per volta impariamo che c’è nel cervello esattamente quello che c’è nel cuore, e cervello e cuore sono tutt’uno, e guidano o sviano la vita, al bivio tra l’acqua e il fuoco, fra la capacità di voler bene e la desolata violenza e distruttività. Impariamo che esiste una 'affettività intellettiva' che istupidisce e ottenebra, quando esalta la violenza, il culto della forza, il disprezzo del diverso, la sopraffazione del debole. Si comincia, si dà fuoco; poi è l’abisso che esplode.

Dei cinque ragazzi del branco, tutti già identificati, tre sono in carcere. Giovanissimi, fra i 19 e i 20 anni. Il primo è descritto dagli inquirenti come un estremista di destra, già cacciato dagli stadi come ultrà, già indagato per associazione a delinquere finalizzata a discriminazione razziale. Gli altri due catturati sono detti 'ragazzi qualsiasi, un po’ aggressivi'. Gli ultimi due che mancano, fuggiti all’estero, assomigliano al primo, con lo stesso profilo di ultrà di destra. Questa tavolozza che porta gli inquirenti a escludere una connotazione 'politica' dell’aggressione, non ci esonera affatto dall’inquietudine. Se la violenza criminale episodica, qui innescata da futili motivi, si contamina nel vissuto adolescenziale con i simboli, i simulacri, le memorie violente e mortali conosciute nella storia e nella politica, quasi tratte fuor di vergogna, ciò rappresenta la peggior pedagogia della forza seducente del male e della sua crudeltà.

  Ora possiamo chiederci se queste vicende di branco scoppiano come notturni funghi, o se invece la vita di questi adolescenti paga uno scacco covato da lunghe carenze educative. Ma no, ed è shock di nuovo: sono figli di famiglia, situazioni benestanti; uno studia al liceo classico, un altro lavora come metalmeccanico, il terzo fa il promotore finanziario. E le famiglie sono affrante, incredule, i padri ammutoliscono, le madri piangono. È questo dilagare del dolore dalla cima d’un singolo maledetto crimine stupido e folle che ci dà la proporzione della forza riproduttiva del male. Toglierci da questa maledizione è ora il disegno di un possibile salvamento, se si intercetta la gramigna ai primi semi. I semi maledetti dell’idea violenta, del simbolo violento, del concetto che l’alterità è antagonista, che la diversità è ostile, che la fragilità scatena l’aggressione, e infine che fra gli uomini lupi domina chi è più lupo.

Quante complicità e connivenze da togliere. Dalle memorie, dalle politiche, dalle ideologie. Dal cuore.

Giuseppe Anzani

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