E' vero, Vasco Rossi è un'«icona» (de che?) come si dice oggi. Ma se davvero il «signor Rossi» che parla ai giovani è così, sono senza parole. Non per lo stupore ma per il fatto che non c'è niente da dire. Non è «trasgressione», non è conservatorismo, né teocon né ateismo devoto. Non è niente. E' questa la cosa triste.
del 07 settembre 2011
 
           E’ vero, Vasco Rossi è un’«icona» (de che?) come si dice oggi. E’ anche un «divo», nel senso di big dello spettacolo ma anche in quello etimologico di «divinità». Non a caso, un paio di anni fa, alcune teen ager misero in rete una canzoncina in cui si diceva (vado a memoria) «Vasco sei un dio». E meno male che era minuscolo. E’ anche vero che Vasco Rossi per molti «giovani» è realmente Dio, e la cosa stupisce non poco, visto che non ha neanche il look dell’artista «maledetto». Ormai ha la sua età, e portata piuttosto male, devo dire. Ma i cosiddetti giovani c’è da capirli: non hanno grande scelta nel panorama.           Quel che si capisce meno è la beatificazione laica da parte dei tiggì. Sono mesi che, ormai quotidianamente, ci fanno sapere cosa ha detto Lui su facebook, come sta, lo dimettono o no, lascia o torna. Pure al festival di Venezia campeggia (anzi, campielleggia) la bio del Blasco nazionale, nativo di Zocca, paesino balzato alla ribalta grazie a lui. Se la pro loco gli farà il monumento in piazza saremo contenti. Sì, perché è in atto da anni, in sordina, un revisionismo strisciante che sta sostituendo le migliaia di Piazze Garibaldi con statue di Aldo Moro, Domenico Modugno, Manuela Arcuri, Veronica Ciccone, Antonio De Curtis e, in lista d’attesa, Bettino Craxi. Dunque, ben venga l’ennesimo cantante di culto le cui melodie, vedrete, entreranno anche in chiesa la domenica.           Certo, i tiggì non possono non tener conto degli umori dei “ggiovani”, ma qualcuno dovrebbe dire ai loro direttori che in un Paese da inverno demografico come il nostro i vecchi sono di più. I quali vecchi, tra cui il sottoscritto, hanno avuto miti canterini che almeno avevano vent’anni. Quando ero adolescente i miei coetanei impazzivano per Gianni Morandi. Oggi ho sessant’anni e chi ti trovo a presentare il festival di Sanremo? Gianni Morandi. E chi sono i cantanti che riempiono gli stadi? Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Vasco Rossi, tutti miei coetanei. Qualcosa non torna, se i “ggiovani” odierni hanno bisogno di sentirsele cantare dai sessanta-settantenni. Vasco ha pure un cognome che tutti ci rappresenta, noi italiani medi, ed è anche un maestro di vita. Un mio giovane discepolo laureando mi raccontava dell’ultimo concerto (sì, il maestro Muti non me ne voglia, ma anche quelle robe lì oggi le chiamano «concerti») di «Blasco» come del trionfo del nichilismo qualunquistico. Non so che dire, non ho sentito con le mie orecchie, relata refero.           Ma se davvero il «signor Rossi» che parla ai giovani è così, sono senza parole. Non per lo stupore ma per il fatto che non c’è niente da dire. Non è «trasgressione» (anche se, oggi, di trasgressivo c’è solo il rosario alla Gmg), non è conservatorismo, né teocon né ateismo devoto. Non è niente. E’ questa la cosa triste. Auguriamo al Vasco italico pronta guarigione, anche perché se muore ci toccheranno le commemorazioni, la valanga di inediti, i suicidi dei fans, magliette & accendini. Lunga vita e prosperità, dunque. Noi della vecchia guardia il nostro Mito, la nostra Icona, il nostro Maestro di Vita lo abbiamo già, si chiama Gesù Cristo. Almeno è un trentenne. Bello, aitante e capelluto.
Rino Cammilleri
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