Il bullismo di certi intellettuali: «Amici, l'unica scuola che funziona» .

Recensione sbalorditiva della trasmissione della De Filippi. Teppismo intellettuale e perciò più deleterio. A firma dello scrittore e filologo Walter Siti compare sul quotidiano del gruppo Fiat un inno alla trasmissione e alla sua conduttrice («madre dura ma giusta»), capaci di misurarsi con successo con 'la pedagogia'. E pur se nel finale del suo pezzo che esalta Platinette e la De Filippi come icone della educazione...

Il bullismo di certi intellettuali: «Amici, l’unica scuola che funziona» .

da Quaderni Cannibali

del 21 aprile 2008

Ho scoperto che esistono non uno, ma due tipi di bullismo . Due tipi di teppismo contro la scuola. Quello sfacciato e patetico di certi ragazzi, e quello ben più violento e devastante di certi intellettuali. Esiste quello becero di certi studenti, sguaiato e maleducato fino a far tenerezza dopo aver fatto rabbia, e quello beneducato e più acido di certi intellettuali. Perché se è bullismo allagare le aule, fare scherzi di dubbio gusto, è bullismo ancora peggiore titolare, come fa la prima pagina del quotidiano La Stampa di ieri, che 'Amici' (il noto show televisivo condotto da Maria De Filippi) è «l’unica scuola che funziona».

  Teppismo intellettuale e perciò più deleterio. A firma dello scrittore e filologo Walter Siti compare sul quotidiano del gruppo Fiat un inno alla trasmissione e alla sua conduttrice («madre dura ma giusta»), capaci di misurarsi con successo con 'la pedagogia'. E pur se nel finale del suo pezzo che esalta Platinette e la De Filippi come icone della educazione, Siti deve ammettere che il paragone con la scuola regge fino a un certo punto (in palio ci sono 300.000 euro e la mediocrità viene premiata in modo scandaloso) resta a mio avviso un’offesa per schiere di insegnanti il fatto che il loro quotidiano lavoro sia confrontato e svilito nel paragone con la trasmissione. Qui sta il bullismo in guanti di velluto dell’articolo, la perversione reale del suo banalissimo inno: nel voler considerare che 'Amici' e la scuola perseguano scopi simili, che la conduttrice abbia intenzioni lontanamente simili a quella che per poche centinaia di euro al mese muove ogni mattina tante brave persone (pur accanto a qualche scansafatiche) ad affrontare la prova dell’aula e dei ragazzi. Questo accostamento è offensivo. La scuola in quella trasmissione è una parodia irreale, funziona secondo regole volute dalla tv, e lo scopo che si persegue è il raggiungimento della fama e del successo.

  Come se queste fossero le cose a cui tendere, come se la scuola dovesse servire a raggiungere fama e successo. Spacciando ormai come ovvia la verità che la riuscita della vita sta nel raggiungere successo e fama. 'Amici' e gli intellettuali che la blandiscono compiono uno dei peggiori atti di teppismo contro la scuola e la stessa vita dei ragazzi. È per questi continui atti di teppismo che viviamo in un’aria ormai satura e stordita dall’ideale del successo, in una cultura in cui la riuscita di una vita si misura da quanto è ripresa dai media. Si è ormai installato al centro della mente dei ragazzi e della pubblica piazza l’idolo e totem da adorare: la fama. La perversione di trasmissione come 'Amici', al pari di quanto accade spesso, sta nel cogliere un aspetto naturale e bello dei ragazzi (l’ambizione, il desiderio di essere riconosciuti, di essere valorizzati) e dirigerlo con potenza di mezzi e di seduzione come se ci fosse un unico sbocco adeguato: la fama, il successo. E non basta giustificarsi con il grande appeal di questa trasmissione anche presso cosiddetti vip, o presso i ragazzi: non molto altro offre la tv. Se l’alternativa che la tv offre è tra 'Amici' o dieci programmi simili o il 'Grande fratello' certo la gara è dura... Dei due bullismi uno – quello dei ragazzi – viene in genere indicato dai media come segno di maleducata preoccupante barbarie, e ha mosso in molti casi genitori e insegnanti a prender atto della emergenza educativa e della necessità di una rinnovata responsabilità.

  Ma quest’altro bullismo provocherà almeno un segno di indignazione oltre al mio di poeta e padre, e qualcuno sentirà una responsabilità in più?

Davide Rondoni

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