Giovanni Paolo II ha scritto una Lettera Apostolica per chiamare tutta la Chiesa ad una “revisione pastorale e culturale” nella sua presenza e nel suo atteggiamento nei confronti dei mezzi di comunicazione sociale. “La conversione” voluta dal Papa considera “inopportuno” che la presenza della Chiesa nei media venga lasciata “all'iniziativa di singoli o di piccoli gruppi” e suggerisce che venga integrata “con evidenza nella programmazione pastorale”.
del 01 gennaio 2002
Giovanni Paolo II ha scritto una Lettera Apostolica per chiamare tutta la Chiesa ad una “revisione pastorale e culturale” nella sua presenza e nel suo atteggiamento nei confronti dei mezzi di comunicazione sociale.
Da questa dipende, nel “villaggio globale”, riconosce il Pontefice nel documento reso pubblico questo lunedì dalla Santa Sede, il dinamismo ecclesiale “per proclamare il Vangelo o per ridurlo al silenzio nei cuori degli uomini”.
La Lettera, che ha per titolo “Il rapido sviluppo” è diretta in maniera particolare ai responsabili delle comunicazioni sociali e viene pubblicata nel contesto delle celebrazioni del quarantesimo anniversario del decreto del Concilio Vaticano II Inter Mirifica (firmato da Paolo VI il 4 dicembre del 1963) .
“Il fenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale così da essere in grado di affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo”, sottolinea il Santo Padre nel testo composto da poco meno di venti pagine.
“La Chiesa, infatti, non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella 'nuova cultura' che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano”, spiega il Vescovo di Roma.
Innanzitutto, il Pontefice considera che si debbano fare interpreti di questo appello “i pastori” “perché l'annuncio del Vangelo avvenga in modo incisivo” stimolando “l'ascolto” e favorendo “l'accoglimento”. La esortazione è diretta, però, anche alle “persone consacrate”, in base all’orientamento del “proprio carisma istituzionale” e a tutte “le comunità ecclesiali” in generale.
”Valorizzare i media non tocca però solamente agli ‘addetti’ del settore, bensì a tutta la Comunità ecclesiale. Se, come è stato già rilevato, le comunicazioni sociali interessano diversi ambiti dell'espressione della fede, i cristiani devono tenere conto della cultura mediatica in cui vivono”, ha affermato.
Comunque, sottolinea il Santo Padre, è opportuno che “con prudenza e saggezza pastorale” vadano “incoraggiati nella comunità ecclesiale coloro che hanno particolari doti per operare nel mondo dei media, perché diventino professionisti capaci di dialogare con il vasto mondo mass-mediale”. Il Papa si dice favorevole a “garantire formazione ed attenzione pastorale ai professionisti della comunicazione”.
“Spesso questi uomini e queste donne si trovano di fronte a pressioni particolari e a dilemmi etici che emergono dal lavoro quotidiano; molti di loro ‘sono sinceramente desiderosi di sapere e di praticare ciò che è giusto in campo etico e morale’, e attendono dalla Chiesa orientamento e sostegno”, ha affermato.
“La conversione” voluta dal Papa considera “inopportuno” che la presenza della Chiesa nei media venga lasciata “all'iniziativa di singoli o di piccoli gruppi” e suggerisce che venga integrata “con evidenza nella programmazione pastorale”.
Versione app: 3.26.4 (097816f)