Noi fedeli possiamo solo chiederci se abbiamo pregato abbastanza, e per il resto fidarci ciecamente della Provvidenza, che appunto provvede, fidarci dello Spirito Santo che su tali questioni non si distrae di certo. Fiducia serena, abbandonata come quella di un bimbo svezzato che non si deve preoccupare di niente...
Conosco una giovane donna molto speciale, un cervello che collabora con una prestigiosa università straniera mentre fa da mamma e anche da babbo ai suoi figli, da quando il marito è morto. Ieri l’ho incontrata. Aveva le lacrime agli occhi. “Mi chiedo se lo abbiamo lasciato solo. Non abbiamo pregato abbastanza per lui” – mi ha detto. Solo questo. Mi ha dato una bella lezione, perché io da quando ho sentito la Notizia con la n maiuscola ho attraversato tutti gli stati d’animo (quelli dal lato negativo della gamma, chiaramente), ma a prendermi qualche responsabilità proprio non avevo pensato.
D’altra parte noi semplici fedeli possiamo dire solo questo: forse non ho pregato abbastanza (non sono sicura di voler sentire la risposta, per quanto riguarda me). Per il resto noi non sappiamo niente, non immaginiamo, neanche intuiamo, e non è compito nostro dare una lettura della renuntiatio del nostro amatissimo Papa (a meno che non abbiamo tutti acquistato, come alcuni giornalisti spuntati lunedì come funghi, il kit del piccolo vaticanista: diventa insider in dieci pratici lezioni da un minuto).
Noi fedeli possiamo solo chiederci se abbiamo pregato abbastanza, e per il resto fidarci ciecamente della Provvidenza, che appunto provvede – come mi ha ricordato il mio amico Pippo con un sms mai tanto gradito, a pochi momenti dalla bomba – , fidarci dello Spirito Santo che su tali questioni non si distrae di certo. Fiducia serena, abbandonata come quella di un bimbo svezzato che non si deve preoccupare di niente, se non di fare la sua parte (cioè stare abbandonato, in braccio). Certezza granitica che tutto concorre al bene per quelli che amano Dio, figuriamoci per la Chiesa, sicurezza inaffondabile che nessuna tribolazione potrà separarci dall’amore di Cristo. Speranza certa che un giorno scopriremo un disegno meraviglioso in questo gesto di suprema umiltà.
Certo, nessuno può negare che quanto è successo non ci lascia indifferenti. Lasciando perdere previsioni di fini del mondo, catastrofi, piogge di rane, profezie di monaci, vaticini, complotti e disegni occulti, cose che non ci riguardano (scire nefas) il dato di fatto è che l’evento di lunedì è di portata millenaria, e che viviamo in un momento specialissimo per la storia della Chiesa, un punto cruciale per la vita della nostra madre.
Mi piace pensare allora che noi, proprio noi che siamo vivi in questi giorni, siamo stati scelti per formare un piccolo agguerrito esercito, soldatini scelti pronti a tutto per difendere il nostro Signore, pronti a morire piano piano o anche tutto insieme perché venga il suo regno. Servi inutili, è vero, ma anche pronti per quello che possiamo a combattere la buona battaglia, essendo responsabili per i fratelli.
Il bello infatti è che il nostro club non è esclusivo, anzi è inclusivo, perché il nostro gioco non è a somma zero. Non è che se vinciamo noi gli altri perdono. Se vinciamo noi vincono tutti perché il progetto di Dio sull’uomo è la felicità. Il nostro nemico infatti non è nessun uomo, ma il nemico di Dio, il maligno. Quindi non saremo contro nessun uomo che sbaglia, ma contro l’errore sì. Contro quello è ora di alzare la voce, non per difendere noi stessi, che siamo dei poveracci come tutti, ma il progetto di Dio sull’uomo, che è l’unico a funzionare.
Vorrei rassicurare chi teme di vederci partire per una crociata. Il nostro esercito è armato solo di preghiera, digiuno, parola di Dio, sacramenti. Non serve altro, neanche la corona del rosario, perché come mi ha ricordato ieri un sacerdote, guarda caso abbiamo esattamente dieci dita.
Costanza Miriano
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