"In quel momento vidi accanto di lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte parti... Scorgendomi ognor più confuso, mi accennò di avvicinarmi a lei che, presomi con bontà per mano, «Guarda», mi disse."
Il primo sogno
A quell’età ho fatto un sogno, che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giuocavano, non pochi bestemmiavano. All’udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro adoperando pugni e parole per farli tacere.
In quel momento apparve un uomo venerando, in virile età, nobilmente vestito. Un manto gli copriva tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non poteva rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di pormi alla testa di que’ fanciulli aggiungendo queste parole: «Non con le percosse ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti adunque immediatamente a fare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù». Confuso e spaventato soggiunsi che io era un povero ed ignorante fanciullo incapace di parlare di religione a que’ giovanetti. In quel momento que’ ragazzi, cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti intorno a Colui, che parlava. Quasi senza sapere che mi dicessi, «Chi siete voi, soggiunsi, che mi comandate cosa impossibile?»...
– Io sono il figlio di Colei, che tua madre ti ammaestrò di salutar tre volte al giorno.
– Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.
– Il mio nome dimandalo a mia madre.
In quel momento vidi accanto di lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte parti... Scorgendomi ognor più confuso, mi accennò di avvicinarmi a lei che, presomi con bontà per mano, «Guarda», mi disse. Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti, ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, orsi e di parecchi altri animali. «Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte, robusto; e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli miei». Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci apparvero altrettanti mansueti agnelli... A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere... Allora ella mi pose la mano sul capo dicendomi: «A suo tempo tutto comprenderai!»
Ciò detto un rumore mi svegliò, e ogni cosa disparve. Io rimasi sbalordito.
Sembravami di avere le mani che facessero male pei pugni che aveva dato... di poi quel personaggio, quella donna, le cose dette e le cose udite mi occuparono talmente la mente, che per quella notte non mi fu possibile prendere sonno. Al mattino ho tosto con premura raccontato quel sogno prima a’ miei fratelli, che si misero a ridere, poi a mia madre ed alla nonna. Il fratello Giuseppe diceva: «Tu diventerai guardiano di capre, di pecore o di altri animali».
Mia madre: «Chi sa che non abbi a diventar prete». Antonio con secco accento: «Forse sarai capo di briganti». Ma la nonna diede sentenza definitiva dicendo: «Non bisogna badare ai sogni».
Io ero del parere della nonna, tuttavia non mi fu mai possibile togliermi quel sogno dalla mente… Io ho sempre taciuto ogni cosa; i miei parenti non ne fecero caso. Ma quando, nel 1858, andai a Roma per trattar col Papa della Congregazione Salesiana, egli si fece minutamente raccontare tutte le cose che avessero anche solo apparenza di soprannaturale. Raccontai allora per la prima volta il sogno fatto in età di nove in dieci anni. Il Papa mi comandò di scriverlo nel suo senso letterale, minuto e lasciarlo per incoraggiamento ai figli della Congregazione...
Il primo “oratorio”
Voi mi avete più volte dimandato a quale età abbia cominciato ad occuparmi dei fanciulli. Ascoltate. Era ancora piccolino assai e studiava già il carattere dei compagni miei... Essi mi amavano assai, affinché in caso di rissa prendessi di loro difesa… a segno che nascendo quistioni o risse io diveniva arbitro dei... Ma ciò che li raccoglieva intorno a me, e li allettava fino alla follia, erano i racconti che loro faceva. Gli esempi uditi nelle prediche o nei catechismi; la lettura dei Reali di Francia, del Guerino Meschino, di Bertoldo, Bertoldino, mi somministravano molta materia. Appena i miei compagni mi vedevano, correvano affollati... A costoro si aggiunsero parecchi adulti… Nelle stagioni invernali poi tutti mi volevano nella stalla per farsi raccontare qualche storiella.
Colà raccoglievasi gente di ogni età e condizione, e tutti godevano di poter passare la serata ascoltando immobili il lettore dei Reali di Francia, che il povero oratore esponeva ritto sopra una panca... Siccome però dicevasi che venivano ad ascoltare la predica, così prima e dopo i miei racconti facevamo tutti il segno della santa croce colla recita dell’Ave Maria.
Nella bella stagione, specialmente ne’ giorni festivi, si radunavano quelli del vicinato e non pochi forestieri. Qui la cosa prendeva aspetto assai più serio. Io dava a tutti un trattenimento con alcuni giuocarelli che io stesso aveva da altri imparato. Spesso sui mercati e sulle fiere vi erano ciarlatani e saltimbanchi, che io andava a vedere, osservando attentamente ogni più piccola loro prodezza; me ne andava di poi a casa e mi esercitava fino a tanto che avessi imparato a fare altrettanto. Immaginatevi le scosse, gli urti, gli stramazzoni, i capitomboli cui ad ogni momento andava soggetto...
Ai Becchi avvi un prato, dove allora esistevano diverse piante, di cui tuttora sussiste un pero martinello. A questo albero attaccava una fune, che andava a rannodarsi ad un altro a qualche distanza, di poi un tavolino colla bisaccia; indi un tappeto a terra per farvi sopra i salti. Quando ogni cosa era preparata ed ognuno stava ansioso di ammirare novità, allora li invitava tutti a recitare la terza parte del Rosario, dopo cui si cantava una lode sacra... faceva la predica, o meglio ripeteva quanto mi ricordava della spiegazione del vangelo udita al mattino in chiesa... Poi si dava principio ai trattenimenti. In quel momento voi avreste veduto l’oratore divenire un ciarlatano di professione. Fare la rondinella, il salto mortale, camminare sulle mani col corpo in alto; poi cingermi la bisaccia, mangiare gli scudi (ndr. le monete) per andarli a ripigliare sulla punta del naso dell’uno o dell’altro; poi moltiplicare le uova, cangiare l’acqua in vino... Sulla corda poi camminava come per un sentiero; saltava, danzava, mi appendeva ora per un piede, ora per due... Quando io era ben stanco, cessava ogni trastullo, facevasi breve preghiera ed ognuno se ne andava pe’ fatti suoi. Da queste radunanze erano esclusi tutti quelli che avessero bestemmiato, fatto cattivi discorsi, o avessero rifiutato di prendere parte alle pratiche religiose.
Qui voi mi farete una dimanda: per andare alle fiere, provvedere quanto occorreva erano necessari i danari, e questi dove si prendevano? A questo io poteva provvedere in più modi… le piccole mance, i regali... Di più io era peritissimo ad uccellare... praticissimo delle nidiate... Io sapeva venderli assai bene. I funghi, l’erba tintoria, erano per me sorgente di danaro. Voi qui mi dimanderete: e la madre mia era contenta che spendessi il tempo a fare il ciarlatano?
Vi dirò che mia madre mi voleva molto bene; e io le aveva confidenza illimitata, e senza il suo consenso non avrei mosso un piede. Ella sapeva tutto, osservava tutto e mi lasciava fare…
Don Emilio Zeni
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