Il racconto di un viaggio

Sono partita atea e sono tornata in una spiritualità mai provata prima, sono partita da sola e sono tornata con persone, risposte e soprattutto con Dio.

J. Weisner J. Weisner

In questo mese di dicembre abbiamo chiesto a Ilaria di raccontarci la sua esperienza di permanenza a Taizé, luogo di ecumenismo e incontro per tutte le generazioni e per tutte le culture. Ci è sembrata l’esperienza più bella da poter raccontare nel bel mezzo dell’Avvento, nella settimana che ci porta alla preziosa festa dell’Immacolata: l’esperienza di un’anima toccata dal cielo attraverso i colori e le lingue di giovani da tutto il mondo. Un inno alla pace possibile e alla solidarietà desiderata, tanto attesa da ogni uomo e tanto chiesta e sperata da Papa Francesco.

Quando mi è stato detto “Questa esperienza ti cambierà la vita”, ho riso.
“Cocciuta come sono, figurati cosa cambierà”, ho pensato. Ed eccomi qui a distanza di mesi, nei panni di un'anima che non sapevo mi appartenesse.
Taizé è una comunità ecumenica, nata inizialmente per ospitare monaci e poi diventata un luogo di incontro per milioni di persone, soprattutto di giovani. Sono partita con un gruppo del Trentino di cui non conoscevo nessuno, avevo paura che l'esperienza non mi piacesse, ma dove c'è umanità non si può stare male. In quel luogo ho conosciuto persone di ogni dove, uniche e straordinarie, legate dalla fede e dalla voglia di cambiare il mondo nello stare con l'altro e nell'altro. Sono partita atea e sono tornata in una spiritualità mai provata prima, sono partita da sola e sono tornata con persone, risposte e soprattutto con Dio. Ogni giorno dopo la sveglia si andava in chiesa a pregare tutti insieme, una chiesa senza panche, solo moquette e cuscini che permettevano a tutti di sdraiarsi, sedersi e vivere la preghiera nell’umiltà più assoluta, tutti uguali davanti a Dio. La messa veniva recitata in varie lingue e tutti cantavano le canzoni di popoli mai incontrati prima, non per pena ma per voglia di unirsi a loro.
Non importava se eri in pigiama, in lacrime, spettinato, gli occhi degli altri nell’incrociare il tuo sguardo erano solo pieni d'amore e di voglia di dire “vieni con me?”, a nessuno importava la tua ricchezza, la tua etnia, la tua religione, le tue ideologie politiche, i tuoi peccati, a tutti bastava solo essere. Dopo si faceva colazione, a turno ad ogni pasto noi minorenni servivamo, con gioia, canti, inni e risate, il cibo non era buono, ma cosa importava? Niente. Ogni giorno eri in una panca diversa, ogni giorno incontravi persone che per un pasto in più nel loro paese avrebbero sacrificato l'anima, e pure mangiare diventava bello perché condiviso. Ci si divideva poi, i maggiorenni andavano a fare le attività scelte di volontariato, mentre noi andavamo ad ascoltare il vangelo e poi facevamo attività con il nostro gruppo internazionale: si giocava, si parlava, ci si conosceva, ci si spogliava di qualche veste e si accarezzava qualche piaga tenuta nascosta.
Ognuno diverso, ognuno uomo.
Il pomeriggio si strutturava quasi allo stesso modo, con in più però giochi in comune per tutti e la possibilità di muoversi andando in colline o nella sorgente del silenzio a vivere la tranquillità, tutti rispettavano le regole. La sera poi c'era il mio luogo preferito: l'oiak, un bar con un tendone gigante dove ci riunivamo tra popoli a cantare, ballare e parlare tutti insieme, c'era chi mangiava, chi giocava, chi faceva trucchi di magia, chi suonava, chi mostrava il proprio talento, la persona c'era davvero ed è questo che rendeva questo momento straordinario.
Ogni settimana si concludeva con il Santo sabato, dedicato alla Pasqua e all'adorazione del crocifisso con il lume, il momento più inteso e impattante di tutti.

Ho sempre pensato che il mondo perfetto non potesse esistere, che le persone buone non potessero essere molte, ma qui ho imparato che razzismo, pregiudizi e negatività sono ciò che rendono la tua vita e la tua persona cupa.
Il mondo solidale esiste e se si crea l'ambiente giusto e ci si affida alla fede, viene fuori il lato migliore di ognuno di noi.
Questa esperienza mi ha insegnato che abbiamo tutti l'umanità, ma dobbiamo imparare a sviluppare l'etica dell'ascolto, e l'arte dell’empatia, per creare un mondo degno di permettere a tutti di donarsi nell’uguaglianza.

Sr Jessica e Ilaria
Circolo Ladato Si’ Padova

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