La Confessione è sacramento della Conversione poiché realizza sacramentalmente l'appello di Gesù alla conversione. Il peccato indebolisce l'uomo, lo depaupera, gli sottrae la sua bellezza originaria di essere creato a immagine e somiglianza di Dio. Ecco perchè la Chiesa invita i cristiani ad accostarsi con fiducia e maggiore frequenza al sacramento della Riconciliazione.
del 19 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
          Nell'ultimo periodo si è parlato molto dei Sacramenti. Il Papa ha incentrato il suo discorso al Convegno della Diocesi di Roma sul Battesimo. Qualche settimana fa l’Incontro mondiale delle Famiglie ha celebrato la bellezza del Matrimonio e proprio ieri si è concluso il Convegno Eucaristico Internazionale di Dublino. Manca ancora uno: la Confessione. Un Sacramento che per i cattolici è un esercizio della carità di Dio, mentre per molte persone è un'occasione dove la persona viene giudicata e punita. Ma cos’è realmente la Confessione? Qual è il suo vero significato?
          Ne ha parlato don Alessandro Saraco, Officiale della Penitenzieria Apostolica*, autore di due saggi pubblicati dalla LEV: “La Penitenzieria Apostolica. Storia di un Tribunale di misericordia e di pietà” e“La Grazia nella debolezza. L’esperienza spirituale di Andrè Louf”. 
Don Alessandro, potrebbe spiegarci il vero significato della Confessione?
          Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, la Confessione è sacramento della Conversione poiché realizza sacramentalmente l’appello di Gesù alla conversione, il cammino di ritorno al Padreda cui si è allontanati con il peccato.
          È chiamata anche sacramento del Perdono, poiché attraverso l’assoluzione del sacerdote, Dio accorda al penitente il “perdono e la pace”. Ancora, è sacramento della Riconciliazione perché dona al peccatore l’amore di Dio che riconcilia.
          Bastano queste poche battute per smentire la mentalità di coloro che, erroneamente, concepiscono il confessionale come “il moderno Tribunale d’Inquisizione della coscienza”, e si evidenzia invece come in questo sacramento si raccoglie l’intero annuncio del Vangelo. Accostarsi al confessionale, infatti, è come entrare nel cuore stesso di Dio, il Padre ricco di misericordia, lento all’ira e grande nell’amore, che fa festa per ogni figlio che ritorna a Lui. Ecco la buona novella annunciata da Gesù: siamo peccatori, ma il nostro peccato può essere perdonato e assolto.
Alcuni sostengono che la confessione sia un’invenzione della Chiesa. Quando e per iniziativa di chi è iniziata questa pratica tra i cristiani?
          E’ difficile individuare un filo unificante nello sviluppo storico del sacramento della Penitenza. La celebrazione di tale sacramento, come lo intendiamo noi oggi, era del tutto sconosciuta alla Chiesa delle origini, la quale concedeva al penitente il perdono dei peccati in un unico e irripetibile atto: il Battesimo. Tale stato di grazia ricevuto col Battesimo veniva interrotto da peccati considerati particolarmente gravi come l’idolatria, l’omicidio e l’adulterio. Commettere questi peccati comportava l’esclusione dalla comunione ecclesiale, senza poter partecipare all’Eucaristia.
          In questi casi il processo di riconciliazione da parte del penitente comportava una disciplina molto severa, secondo la quale i peccatori dovevano fare una lunga e pubblica penitenza per i peccati commessi, prima di venire nuovamente accolti nella comunità ecclesiale dopo un’esortazione da parte del Vescovo.
          La prassi di una “penitenza privata” ha inizio nell’Irlanda monastica nel VII secolo e si è poi diffusa in Europa grazie alla predicazione dei missionari. Bisogna attendere il IV Concilio Lateranense del 1215, con la Costituzione 21, Omnis utriusque sexus, per avere la prima e “ufficiale” proclamazione da parte della Chiesa dell’obbligo per “ogni fedele di entrambi i sessi, dopo che avrà raggiunto l’età della discrezione confessare fedelmente in privato i suoi peccati, almeno una volta all’anno, al proprio sacerdote”.
Cosa si intende per peccati? Perché la Chiesa invita a confessarli?
          Il Catechismo definisce il peccato “una mancanza contro la ragione, la verità e la retta coscienza. E’ una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. In altri termini, il peccato è alienazione dell’uomo da Dio e, al medesimo tempo, alienazione dell’uomo da se stesso in quanto, una volta perduto il contatto con l’Assoluto, finisce per perdere se stesso. Il peccato indebolisce l’uomo, lo depaupera, gli sottrae la sua bellezza originaria di essere creato a immagine e somiglianza di Dio. Ecco perchè la Chiesa invita i cristiani ad accostarsi con fiducia e maggiore frequenza al sacramento della Riconciliazione: soltanto mediante la sua celebrazione possiamo ritrovare la verità di essere figli prediletti del Padre che si compiace di limitare e arginare l’azione distruttiva del peccato con la potenza della Sua infinita misericordia.
Chi ha il potere e la forza di perdonare i peccati e rinnovare a vita nuova? 
          Ricordando le parole di Benedetto XVI nella Spe Salvi posso dire che l’uomo può scegliere di commettere il male ma da solo non può liberarsene. Solo Dio ci può redimere. Perciò, occorre avere l’umiltà di riconoscersi peccatori e di rivolgersi con fiducia a Colui che non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva.
          Spesso rimaniamo sgomenti quando prendiamo coscienza delle nostre fragilità e cadute. Alcuni disperano, altri si smarriscono; alcuni arrivano perfino a sfuggire da se stessi e da Dio. Ciò avviene perché non crediamo abbastanza che Dio è disposto sempre ad accoglierci e perdonarci. La vita spirituale è una continua opera di conversione. Non possiamo mai appartenere a quella categoria di persone di cui Gesù ha detto “che non hanno bisogno di conversione”, è sempre illusorio credersi convertiti una volte per tutte.
          Non siamo mai dei semplici peccatori, ma dei “peccatori-perdonati”, dei “peccatori-in-perdono”, dei “peccatori-in-conversione”. Solo Cristo può vincere il male che ci abita e il confessionale diventa lo spazio privilegiato nel quale l’amore di Cristo fino alla donazione di sé trionfa sulla potenza del male e della colpa.
Benedetto XVI ha lamentato la perdita della pratica della Confessione in molte parti della Chiesa universale. Come mai avviene questo? E soprattutto come si pensa di far rinascere l’entusiasmo nella pratica del confessarsi?
          Il Santo Padre, in tanti suoi interventi, più volte ci ha messo in guardia dal pericolo del relativismo etico e da una “imperante cultura edonista che sta oscurando nelle coscienze degli individui il senso del peccato”. Anzi, assistiamo al verificarsi di un fenomeno ancora più inquietante per cui il peccato perde la sua impronta di male e si trasforma in moda. Siamo come avvolti da un’atmosfera amorale. Non esiste più la frontiera tra vizio e virtù, tra bene e male, tra ciò che è buono e ciò che non lo è.
          Conoscere il proprio peccato, rendersi conto del male delle nostre azioni, diventa allora un atteggiamento fondamentale se vogliamo emanciparci da una cultura di morte. Riconoscersi peccatori ci spinge a rivolgere il nostro cuore al Signore implorando il suo perdono e ottenendo così salvezza e pace. In tal senso, dovremmo tenere più presente un tema di vita spirituale caro alla tradizione monastica antica: la lotta spirituale, ovvero il combattimento invisibile in cui il cristiano, sostenuto dalla Grazia, resiste e lotta per non soccombere sotto il peso delle tentazioni. Occorre prendere sul serio tale “combattimento” per dire “no” al potere del Maligno e dire “sì” all’amore di Dio e alla Verità. 
* La Penitenzieria Apostolica è il primo dei Tribunali della Curia Romana la cui competenza si riferisce alle materie che concernono il Foro interno e le Indulgenze. Per il Foro interno, sia sacramentale che non sacramentale, essa concede le assoluzioni, le dispense, le commutazioni, le sanazioni, i condoni e altre grazie. La stessa provvede che nelle Basiliche Patriarcali dell'Urbe ci sia un numero sufficiente di penitenzieri, dotati delle opportune facoltà. Le origini di questo dicastero sono antichissime. La sua fondazione risale intorno alla metà del XII secolo quando il forte incremento dei pellegrinaggi penitenziali presso la Sede Apostolica e il rafforzamento della plenitudo potestatis del Pontefice comportarono un consistente aumento delle richieste di assoluzioni da pene e censure dirette da ogni parte d'Europa verso Roma. Per potervi far fronte, i papi delegarono la propria facoltà di trattare determinate materie ad un cardinale, designato nel linguaggio delle fonti dapprima come “poenitentiarius papae”, poi come “poenitentiarius generalis” e dai decenni conclusivi del XIII secolo come “maior poenitentiarius”. Recentemente, è stato aperto alla consultazione degli studiosi una parte considerevole del patrimonio archivistico del Dicastero e, precisamente, la Serie dei Fondi riguardanti la documentazione di casi, materie e situazioni che la Penitenzieria Apostolica, nella sua plurisecolare attività, ha trattato in “Foro esterno”, unitamente ad altre Serie riguardanti più strettamente la storia del Dicastero, la sua evoluzione nel tempo, la struttura e organizzazione interna.
Don Alessandro Saraco
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